Ue-Vietnam, via libera al patto di libero scambio
Stop al 99% dei dazi, Hanoi impegnata a migliorare diritti umani e dei lavoratori Stretta sulla Cambogia: perderà alcune agevolazioni ma non quelle sul riso
Via libera finale all’accordo di libero scambio tra Ue e Vietnam: saranno eliminati il 99% dei dazi. Inoltre Bruxelles ha deciso di escludere il riso importato dalla Cambogia dai prodotti per cui chiede nuovi dazi; critiche dai produttori italiani.
Il Parlamento europeo ha dato il via libera ieri a un nuovo accordo commerciale, questa volta con il Vietnam. L’intesa imporrà ai due partner di eliminare il 99% dei dazi, su un periodo di 10 anni per il Paese asiatico e di 7 anni per l’Unione europea. Nel frattempo, Bruxelles ha annunciato nuove tariffe sulle merci cambogiane, in reazione a una deriva politica nel Paese asiatico. Escluso dalle misure è il riso su cui restano in vigore le scelte del 2019. La decisione ha provocato critiche in Italia.
Pur di ottenere il benestare dei deputati a Strasburgo, l’intesa commerciale prevede che il Vietnam faccia sforzi particolari nel campo dei diritti umani e del diritto del lavoro. L’accordo, firmato ad Hanoi nel giugno 2019, dovrebbe entrare in vigore in estate. L’intesa è il tentativo di aggirare il congelamento delle trattative aperte con l’Asean, l’Associazione dei Paesi del Sud-Est asiatico. In questo senso, il Parlamento europeo spera che possa spianare la strada «a un futuro trattato inter-regionale».
L’accordo con il Vietnam ha due aspetti: quello commerciale approvato ieri dal Parlamento europeo (401 sì, 192 no e 40 astensioni) prevede la sola ratifica europea; quello relativo agli investimenti invece deve ancora essere approvato dai singoli Paesi membri.
Ha commentato intanto il commissario al Commercio Phil Hogan: «L’intesa ha un enorme potenziale economico, comporta vantaggi per i consumatori, i lavoratori, gli agricoltori e le imprese». Prodotti metalmeccanici o chimici saranno esenti da dazi fin dall’entrata in vigore del nuovo trattato.
Nel frattempo, la Commissione europea ha deciso un giro di vite del trattamento preferenziale concesso alla Cambogia. Il Paese perderà il 20% delle preferenze commerciali previste dallo schema a cui è soggetto. La percentuale è pari a un totale di 1 miliardo di euro delle esportazioni cambogiane verso l’Unione europea. Nei fatti, alla merce che oggi non subisce dazi – come i vestiti, le scarpe, lo zucchero - verranno applicate nuove tariffe standard (per i vestiti queste ammontano al 12%).
Le modifiche entreranno in vigore il 12 agosto, a meno che Parlamento o Consiglio si oppongano. Il premier Hun Sen è accusato da Bruxelles di avere usato la mano pesante contro l’opposizione politica. Un portavoce della Commissione europea ha precisato che le importazioni di riso dalla Cambogia non sono coinvolte dalla decisione comunitaria. Ha ricordato che i provvedimenti fissati l’anno scorso come misura di salvaguardia del settore risicolo europeo sono in vigore per tre anni.
In Italia, la decisione è stata criticata. «L’esclusione del riso è una decisione incomprensibile e in aperto contrasto con le esigenze del settore», ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. «L’esclusione è stata motivata con la clausola di salvaguardia già in vigore che, però, si applica solo alle importazioni di riso Indica». Critiche sono giunte anche da Coldiretti e da Cia-Agricoltori Italiani. Il tentativo comunitario è di trovare un punto di equilibrio tra la volontà di penalizzare il governo cambogiano e il desiderio di preservare l’attività economica nel Paese asiatico.
La decisione ai danni della Cambogia giunge sulla scia di nuove statistiche pubblicate nei giorni scorsi, e relative ai Paesi in via di sviluppo che nell’import-export godono di trattamenti preferenziali da parte comunitaria. Le importazioni europee da questi paesi sono salite del 12% circa tra il 2016 e il 2018, da 61,3 a 68,8 miliardi di euro. A registrare i risultati migliori sono Paesi quali il Bangladesh, il Pakistan, l’India, le Filippine. Si calcola che nel solo Myanmar il lavoro di almeno 500mila persone dipenda da trattamenti commerciali preferenziali.