Luce, Antitrust contro i rinvii sul regime di maggiore tutela
Pronto emendamento al decreto milleproroghe per parziale anticipo al 2021
È un parere netto, senza margini di interpretazioni, quello con il quale l’Antitrust boccia il rinvio al 2022 della fine del regime di maggior tutela nel mercato elettrico. Per il garante della concorrenza, che ha trasmesso il parere al Parlamento e per conoscenza al ministero dello Sviluppo economico e all’Autorità di settore (Arera), il nuovo spostamento dei termini - disposto con il decreto milleproroghe che è attualmente all’esame della Camera comporta «gravi rischi per la concorrenza». Si tratta dell’«ennesimo rinvio», si sottolinea, ricordando che nel 2017 la Legge concorrenza, dopo 10 anni di prezzi amministrati, aveva stabilito «l’abrogazione delle norme relative al regime tutelato per la fornitura di gas ed elettricità per i clienti domestici e per le piccole utenze industriali entro il 1° luglio 2019». La scadenza però era stata prorogata una prima volta al 1° luglio 2020 per poi essere posticipata ancora, con il Dl milleproroghe appunto, al 1° gennaio 2022.
L’Autorità guidata da Roberto Rustichelli cita la Direttiva Ue 2019/944 del 2019 che evidenzia tutti gli elementi distorsivi di un prolungata obbligo di servizio pubblico sotto forma di fissazione dei prezzi per la fornitura di energia elettrica.
Senza una piena liberalizzazione del mercato al dettaglio (retail), secondo il garante, non si possono trasferire ai consumatori finali i benefici della deregulation che negli anni è stata portata avanti a livello di produzione e di fasi di trasporto e distribuzione dell’energia.
Il rischio è quello di avere «fenomeni di sfruttamento abusivo delle posizioni dominanti con fini escludenti, mortificando ulteriormente la competizione tra le imprese e danneggiando in ultima analisi i clienti finali». La tesi dell’Antitrust è che quest’ultimi possano essere messi sotto contratto dai propri fornitori del servizio di tutela «con condizioni peggiorative rispetto a quelle reperibili sul mercato, anche in quanto ingiustificatamente influenzati da vantaggi reputazionali» legati al compito svolto come gestori del regime amministrato.
Il decreto milleproroghe è all’esame delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera. E alcune modifiche potrebbero trovare posto in extremis come emendamenti, ad esempio anticipando la piena liberalizzazione al 1° gennaio 2021 per le sole piccole imprese (per microimprese e famiglie resterebbe il 2022). In linea generale il garante considera necessario che il termine di gennaio 2022 «venga espressamente considerato come inderogabile e, quindi, non suscettibile di ulteriori rinvii». Nel parere si sollecita anche un intervento per garantire che siano svolti «nel più breve tempo possibile» tutti i passaggi attuativi che si attendono addirittura dalla legge concorrenza del 2017, a partire dalla definizione dell’elenco dei venditori abilitati (le cui caratteristiche dovrebbero essere meglio definite sempre con emendamento). Ci sarà da emanare anche un decreto attuativo del ministero dello Sviluppo sulle «modalità e i criteri dell’ingresso consapevole nel mercato dei clienti finali» e l’Antitrust chiede che sia espressamente previsto il suo parere preventivo. Poi, ed è un punto centrale, c’è la richiesta, anche questa molto netta, di prevedere delle aste competitive per l’assegnazione dei clienti che alla scadenza del regime di tutela non avranno autonomamente scelto il fornitore. Allo scopo di evitare che questi utenti «vengano automaticamente assegnati sul mercato libero al loro attuale esercente della tutela, ad esempio con eventuali meccanismi di “silenzio assenso”».