Ilva: nessuna certezza d’intesa con Mittal
Danovi: «Individuate le basi delle trattative ma siamo lontani da un accordo»
«Abbiamo individuato le basi per un’intesa ma siamo lontani da un accordo e ne siamo consapevoli». Alessandro Danovi, commissario di Ilva in amministrazione straordinaria, ieri in audizione alla Camera (commissioni Attività produttive e Ambiente) insieme agli altri due commissari Francesco Ardito e Antonio Lupo, riassume così lo stato del negoziato con ArcelorMittal a quasi una settimana dal nuovo rinvio al 6 marzo dell'udienza al Tribunale di Milano. “Non abbiamo la sicurezza di giungere all'accordo rimarca Danovi -, ci sono le energie del Governo e dei commissari, ma se arriveremo al risultato, lo scopriremo.
L'esito è incerto, mentre è certo che non ci sarà un altro rinvio al Tribunale di Milano: o si raggiunge una intesa entro la fine del mese, oppure si andrà ad una decisione del Tribunale ed ognuno dovrà assumerne le conseguenze”. I commissari, per i quali la questione dello scudo penale non è nella trattativa, affermano di essere “in una posizione di forza negoziale” rispetto a qualche mese fa, specie dopo che per l'altoforno 2 è stato scongiurato lo spegnimento.
Anticipazione dell'acquisto di Ilva da parte di ArcelorMittal che non avverrà nel 2023 ma prima; mantenimento del prezzo finale; stessa cosa per il canone di fitto “salvo una diversificazione dei momenti di pagamento”; “disponibilità dello Stato ad entrare nella compagine di AmInvestco”, la società veicolo di ArcelorMittal, “a fronte della disponibilità di AmInvestco ad accettare nuove tecnologie green nel sito di Taranto insieme al mantenimento dell'occupazione”. Questi, per i commissari di Ilva, i punti chiave fissati nel negoziato. “Abbiamo provato a sviluppare un piano industriale alternativo - spiega Danovi partendo dal piano originario e prevedendo che un domani ci fosse anche un soggetto terzo, o addirittura l'amministrazione straordinaria” e in grado di ricollocare l'ex Ilva sul mercato e non addossarla alla comunità. “Il nuovo piano - spiega Danovi - è condiviso con ArcelorMittal “ma se ArcelorMittal non ci sarà, si cercherà di fare in altro modo”. Confermato che la crescita produttiva di una fabbrica che ha chiuso il 2019 con 4,5 milioni di tonnellate, avverrà in due step: prima 6 milioni, poi 8 milioni “una volta realizzati i forni elettrici”. Per l'amministrazione straordinaria, gli 8 milioni consentirebbero “la sostenibilità economica e la piena occupazione”. “La transizione - si evidenzia - dovrà mantenere la sua validità industriale, contemperando le esigenze di tutela della salute delle persone e dei lavoratori nel rispetto di regole e leggi, ed essere anche considerata un modello a livello europeo”. Chiarito che per il siderurgico “non si parla di decarbonizzazione piena, che non sarebbe possibile, ma, a tendere, l'uso del gas naturale evita l'impiego del carbone e con questa riduzione avviene anche quella delle emissioni”. Intanto ArcelorMittal ha sinora speso 211 milioni su manutenzioni e sicurezza e 333 milioni sul piano ambientale. E proprio sulle bonifiche, Lupo chiede una revisione della normativa “perché se ci troviamo davanti ad un ostacolo, ad un muro, non è possibile fare”, lamentando che Arpa Puglia, da maggio 2019, non ha ancora risposto su dove fare i campionamenti ambientali per la gravina Leucaspide, pari a 50 ettari. Ardito, invece, annuncia che per la cava Lamastuola (35 ettari) è stato acquisito gratuitamente un progetto dell'archistar Massimiliano Fuksas. “Adesso - dice Ardito - dobbiamo individuare le fonti di finanziamento e passare alla fase esecutiva. È un progetto eccezionale e vogliamo farne un simbolo di rinascita”.