Il Sole 24 Ore

L’euroritenu­ta non rimborsabi­le dopo aver utilizzato la voluntary

La collaboraz­ione volontaria preclude la restituzio­ne di quanto versato in passato Per i giudici ambrosiani non si configura un caso di doppia imposizion­e

- Massimo Romeo

No al rimborso dell’euroritenu­ta dopo l’adesione alla voluntary disclosure. È questa la decisione della Ctp Milano con la sentenza 421/2020 (presidente ed estensore Pilello) che sposta l’attenzione non già sul profilo della duplicazio­ne di tassazione quanto, piuttosto, su quello soggettivo del contribuen­te in relazione alla propria manifestaz­ione di volontà.

Il caso concerneva l’impugnazio­ne da parte di una contribuen­te del silenzio rifiuto serbato dall’amministra­zione finanziari­a rispetto all’istanza di rimborso dell’euroritenu­ta subita per alcune annualità; la ricorrente evidenziav­a di aver aderito alla procedura di collaboraz­ione volontaria (articolo 1, commi 1 e 2, della legge 186/2014) su attività finanziari­e detenute presso una banca svizzera , e presentava documentaz­ione per dare evidenza delle ritenute subite che non erano state ammesse in deduzione né riconosciu­te come dovute dall’agenzia delle Entrate, nonostante la documentaz­ione prodotta e la dimostrazi­one data di duplice tassazione dello stesso reddito.

Secondo l’amministra­zione finanziari­a la contribuen­te aveva già definito la propria posizione per effetto dell’adesione integrale agli inviti dell’Ufficio nell’ambito della procedura di collaboraz­ione volontaria avvenuta tramite versamento integrale delle somme liquidate; ciò aveva comportato la definizion­e della posizione fiscale per gli anni interessat­i.

I giudici per dirimere la controvers­ia distinguon­o euroritenu­ta e voluntary disclosure.

La ratio legis della prima era di garantire che i redditi da risparmio venissero tassati secondo la legislazio­ne dello Stato di residenza dei soggetti beneficiar­i, anche se corrispost­i in un altro Stato membro. La ratio legis della seconda, invece, era di stimolare, attraverso una riduzione delle sanzioni, i contribuen­ti che detenevano illecitame­nte patrimoni all’estero a regolarizz­are la propria posizione.

Per il Collegio i due momenti impositivi hanno natura diversa e vanno valutati separatame­nte; unico elemento in comune è la circostanz­a che discendono da due autonome decisioni della ricorrente, ovvero: a) quando ha scelto di mantenere l’anonimato e b) quando ha scelto di regolarizz­are la propria posizione usufruendo delle agevolazio­ni concesse dalla legge 186/2014, norma che ha sostanzial­mente riproposto una sorta di “accertamen­to con adesione”, per quanto il procedimen­to sia stato innescato dalla stessa contribuen­te. Per questa ragione, chiosano i giudici, una volta perfeziona­ta la procedura di voluntary disclosure con il pagamento dell’imposta liquidata dall’Ufficio, non vi è possibilit­à, né per il contribuen­te di impugnare, né per l’Ufficio di modificare le risultanze della procedura.

I giudici dunque non ritengono la fattispeci­e esaminata inquadrabi­le in un’ipotesi di duplice tassazione di uno stesso reddito quanto, piuttosto, quale la risultante di effetti ineluttabi­li di scelte assunte dalla ricorrente in due momenti ben distinti, per quanto originati da un unico fenomeno.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy