Rete Telecom, spunta Kkr. Vivendi esclude di vendere
Il fondo, pronto a mettere un cip, valuta la rete secondaria 7-7,5 miliardi
Kkr valuta 7-7,5 miliardi la rete secondaria di Telecom ed è disposto a metterci un cip. La cosa al momento non è collegata al dossier Open Fiber: nè Enel, nè Cdp vogliono vendere. Vivendi ha escluso un disimpegno da Tim, sostenendo l’operato dell’ad Luigi Gubitosi.
Parte in salita il confronto di maggioranza sul salario minimo legale: la proposta targata M5S che stabilisce una soglia minima di 9 euro lordi orari è bocciata dal Pd e da Italia Viva.
Sulla proposta che sarà portata questa mattina dal ministro del lavoro, Nunzia Catalfo, alla riunione di maggioranza per cercare di trovare una sintesi, le posizioni tra gli alleati di governo restano assai distanti. Il punto di partenza per il ministro è rappresentato dal cosiddetto Ddl Catalfo presentato a luglio del 2018 e più volte modificato nel corso dell’iter parlamentare, rimasto da diversi mesi chiuso nei cassetti della commissione lavoro del Senato, dopo essere stato respinto da tutti i sindacati e da tutte le associazioni datoriali, e rimasto privo di sponde parlamentari per poter essere messo in votazione. Nell’ultima versione la novità è che ferma restando la cifra di 9 euro, si delegheranno ai contratti collettivi le modalità di definizione e calcolo del trattamento economico minimo. Il Ccnl di riferimento è quello stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo, all’attività svolta dai lavoratori anche in maniera prevalente. Dunque nei piani del ministro l’intervento sul salario minimo sarà accompagnato dalla legge sulla rappresentanza.
Il problema è che un salario minimo fissato a 9 euro lordi corrisponde ad una cifra che secondo le stime dell’Ocse sarebbe la più elevata tra i Paesi industrializzati, dove oscilla tra il 40% e il 60% del salario mediano (per avere un ordine di grandezza in Italia si tradurrebbe in un importo compreso tra 5 e 7 euro l’ora, secondo i calcoli di Andrea Garnero, economista Ocse).
Contrario il Pd che ribadisce la posizione contenuta nel Ddl Nannicini
che non indica alcuna cifra di riferimento: il trattamento minimo tabellare stabilito dal contratto nazionale si applica a tutti i lavoratori del settore ovunque impegnati nel territorio. Negli ambiti non coperti dai contratti, il Ddl Nannicini prevede il salario minimo di garanzia come trattamento economico minimo per il lavoratore a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, secondo importi e modalità stabiliti da una Commissione paritetica per la rappresentanza da istituire presso il Cnel (con 10 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, 10 delle imprese e il presidente del Cnel).
«Non vogliamo che siano indicate delle cifre nella legge – ribadisce la sottosegretaria al Lavoro Dem, Francesca Puglisi –. Bisogna dare efficacia di legge ai Ccnl maggiormente rappresentativi. Dunque la legge sulla rappresentanza e il salario minimo non possono essere scissi». Contro la proposta M5S c’è anche Italia viva; per Luigi Marattin il salario minimo si può introdurre solo nei settori scoperti dalla contrattazione collettiva.
Da notare che tutte le stime indicano che l’incremento delle retribuzioni a seguito della fissazione del salario minimo a 9 euro determinerebbe un maggiore costo del lavoro compreso tra 4,3 miliardi (Istat) e 6,7 miliardi (Inapp). Non vanno calcolati solo i livelli contrattuali al di sotto della soglia, ma anche le retribuzioni dei livelli più alti dovrebbero essere adeguate per mantenere la proporzione tra i salari dei diversi livelli, così come indicata dalle scale parametrali presenti nei contratti collettivi, causando un effetto a catena. Al ministero un’ipotesi tecnica era anche l’individuazione di una soglia minima di 8,5 euro l’ora, con l’applicazione solo ai nuovi contratti, ma il ministro ha poi deciso di presentarsi al tavolo con la vecchia proposta.