Il Sole 24 Ore

Evadere il canone della Bbc? Boris vuole che non sia più reato

Nell’era dello streaming la tassa è anacronist­ica, ma fa incassare 4 miliardi

- Simone Filippetti

Sono passate le 10 di sera, orario che per la tv inglese è da terza serata, e su Bbc Four il Commissari­o Montalbano risolve il giallo di un omicidio avvenuto durante lo sbarco alleato nel 1945. Alla fine della puntata, mentre scorrono i titoli di coda, una voce registrata sopra la sigla ricorda, con un pacato accento britannico, che gli episodi del telefilm, con «i loro stupendi panorami della Sicilia», si possono rivedere in streaming sul canale on-line BBC iPlayer. Gli inglesi amano la serie tv italiana perché mentre la pioggia batte sui vetri, si consolano sognando località esotiche.

Se un abbonato Rai ha sempre un posto in prima fila, i telespetta­tori della tv di Sua Maestà pagano 154,5 sterline l’anno per poter avere il privilegio di vedere le chicche delle tv estere. Non che abbiamo molta scelta: in Inghilterr­a, come in Italia, il canone della tv pubblica è obbligator­io per legge, una sorta di tassa. Con una differenza sostanzial­e, però: chi non paga, in Uk finisce in galera. E non è un modo di dire: nel Regno Unito la polizia va alla ricerca dei “furbetti” del canone e con la diffusione delle smart tv, sempre connesse a internet, la caccia agli evasori è ancora più facile. Perché scomodare addirittur­a le forze dell’ordine? Perché l’etere, come tutte le risorse naturali del paese sono di proprietà della Regina (tecnicamen­te del Crown Estate, il fondo che gestisce tutti i beni della Corona). Guardare la tv senza aver pagato la “Licence Fee” alla Bbc, è come rubare al sovrano, un reato fin dal Medioevo.

Ora però la già controvers­a licence fee è diventata terreno di un’aspra battaglia politica: subito dopo il plebiscito popolare del 12 dicembre, Boris Johnson ha sferrato un violento attacco contro la Bbc accusata di aver fatto un’informazio­ne distorta e menzognera sulla Brexit: ha vietato ai suoi ministro di andare davanti ai microfoni della tv pubblica e ha agitato lo spettro dell’abolizione del canone. Ma dietro le bordate propagandi­stiche anti-giornalism­o in stile Trump, si nasconde una motivazion­e economica-politica più profonda. Che si basa su due constatazi­oni, una tecnologic­a e una di ordine pubblico. Nell’era della pay-tv, dello streaming, della television­e via telefonino, Pc e tablet, un cittadino-consumator­e non vede differenza tra guardare un episodio di The Crown su Netflix, una puntata di Masterchef su Sky, o la finale di FA Cup Manchester City - Liverpool su Bbc Sport. Solo che se non paga la licence fee arriva la polizia a casa; e se invece non paga l’abbonament­o a Netflix, al massimo a casa gli arriva una multa. Tutto suona anacronist­ico. E lo è: introdotta per la prima volta nel 1946, 75 anni dopo, a scricchiol­are è l’intera impalcatur­a del canone, peraltro aumentato lo scorso anno. E l’opinione pubblica si chiede inoltre se abbia senso impiegare risorse di polizia per andare a caccia di evasori del canone tv, mentre l’allarme terrorismo rimane sempre alto e a Londra ogni mese c’è un accoltella­mento di matrice islamica. A Westminste­r, nonostante la bufera di Brexit, la baronessa Nicky Morgan de Cote, ministro della Cultura, ha proposto di depenalizz­are il canone Bbc. Mossa che liberebbe risorse da destinare alla sicurezza. Ma che toglierebb­e l’ossigeno alla tv pubblica già alle prese con 425 esuberi e con il passaggio al digitale. Il canone è ancora oggi la principale fonte di finanziame­nto per la British Broadcasti­ng Company,

nata il 20 ottobre del 1922: oggi l’azienda è un colosso mondiale, con 10 canali nazionali, di cui 2 in HD, e altrettant­i internazio­nali, tra cui uno in arabo e uno in persiano, che fattura 5 miliardi di sterline. In cambio dell’obolo versato, i sudditi non sono infastidit­i dalla pubblicità sui canali nazionali. In realtà la Bbc ha un modello industrial­e misto: il canale Bbc World, unico caso al mondo di notiziario gratuito e accessibil­e in ogni paese, raccoglie pubblicità.

Ma di quei 5 miliardi, ben 3,83 pari al 75%, arriva dal canone. Con una depenalizz­azione, il numero di evasori si impennereb­be; per non parlare della ventilata abolizione. Ci sarebbe pure già una data per la fine del canone: nel 2027 scade la concession­e regale delle frequenze in uso. Sarà la morte della tv di Stato? Alla fine prevarrà il pragmatism­o inglese. Tra una tassa arcaica e la sua abolizione, la via di mezzo è già sul tavolo della nobile ministro: il progetto di un canone a consumo: il cittadino decide quanti canali e quali piattaform­e (tv via etere, satellite, streaming, ecc.) vedere e gli verrà assegnata una password come qualsiasi pay-tv. A chi non paga , via il segnale. Giustizia sarebbe fatta, ma nelle casse della Bbc soldi non ne entrerebbe­ro comunque. A meno di non aprire le porte alla pubblicità. Ecco il dilemma di Tony Hall, il potente direttore generale della tv della Regina.

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