«È l’ora dei Covid-bond»: Nove Paesi lanciano l’appello
Documento congiunto per chiedere debito emesso da una istituzione Ue
Dal nostro corrispondente
Nove Paesi europei, tra cui la Francia, l’Italia e la Spagna, hanno proposto ieri l’emissione comune di Coronabonds. La presa di posizione conferma l’esistenza di un drammatico braccio di ferro attualmente in corso tra i Ventisette dopo che finora i Paesi della zona euro non sono riusciti a mettersi d’accordo sull’uso del Meccanismo europeo di Stabilità (Mes) per contrastare lo shock economico provocato dalla pandemia influenzale.
Il documento firmato oltre che dai tre Paesi appena citati anche da Belgio, Lussemburgo, Grecia, Irlanda, Portogallo e Slovenia, ha come obiettivo di avvertire del rischio di depressione che sta incombendo sulle economie della zona euro. Oltre all’emergenza sanitaria, bisogna affrontare anche quella congiunturale. Nella loro lettera, i nove capi di Stato e di Governo approvano le decisioni prese negli ultimi giorni dalla Commissione europea e dalla Banca centrale europea.
«In particolare – aggiungono poi nella loro missiva distribuita alla stampa alla vigilia di una riunione oggi dei capi di Stato e di Governo – dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una istituzione dell’Unione europea per raccogliere risorse sul mercato, sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia».
Dietro all’espressione «debito comune emesso da una istituzione dell’Unione europea», si nascondono quelli che ormai comunemente vengono chiamati Coronabonds, ossia titoli di debito europei da utilizzare per finanziare la risposta alla crisi sanitaria ed economica. Quando i nove Paesi parlano di istituzione dell’Unione europea, sembrano riferirsi alla Banca europea degli investimenti, poiché il Mes non è un organismo europeo, ma intergovernativo della zona euro.
Ciò detto, non è chiaro se la proposta si riferisca propriamente ai cosiddetti eurobonds. Nei fatti, questi prevedono l’emissione congiunta da parte di Paesi che garantiscono insieme il nuovo debito. Attualmente i titoli emessi della Bei prevedono l’emissione comune, ma ogni Paese è responsabile
La proposta
I leader indicano che «è necessario lavorare su uno strumento comune di debito emesso da una istituzione europea per raccogliere fondi sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati membri, assicurando così finanziamento stabile di lungo termine per le politiche necessarie per contrastare i danni provocati dalla pandemia» della sua parte (a differenza degli eurobonds che in teoria almeno dovrebbero prevedere responsabilità in solido). La proposta dei nove Governi è stata accolta con prudenza tra i partner.
Un portavoce tedesco ha spiegato che lettere prima di un vertice europeo non sono insolite. La Germania non ama gli eurobonds, ma potrebbe accettare l’emissione di nuovo debito da parte della Bei, a seconda di come viene deciso. Questa settimana si è discusso di creare un fondo di garanzia da 35 miliardi di euro (tutto da finanziare), che permetterebbe alla banca di emettere obbligazioni per 200 miliardi di euro da dedicare alla crisi attuale. Per ora la proposta non ha ottenuto l’unanimità.
La lettera dei nove Paesi giunge dopo che questa settimana i ministri delle Finanze dell’unione monetaria non hanno trovato un accordo sull’uso del Mes. Mentre Italia, Francia e Spagna sostengono che l’organismo dovrebbe concedere prestiti senza condizioni, Paesi quali l’Olanda sono contrari. Ieri da L’Aja, il ministro delle Finanze Wopke Hoekstra ha spiegato che «la crisi è in evoluzione», che è troppo presto per utilizzare il Mes, e ha quindi esortato «a non sprecare le munizioni».
È chiaro che l’iniziativa dei nove Paesi riflette la spaccatura tra i Ventisette. Nel vertice di oggi, i leader cercheranno un compromesso, magari dando un mandato più o meno generico all’Eurogruppo. Finora l’Unione ha risposto alla crisi con misure regolamentari e monetarie, non politiche, se non mere azioni nazionali. Secondo fonti di stampa, la stessa presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, ha chiesto questa settimana ai ministri delle Finanze di riflettere sull’emissione di Coronabonds.