Il Sole 24 Ore

Retail in crisi, ristruttur­azione del debito in vista

Aperto il dialogo con banche per rivedere i covenant dei vecchi finanziame­nti

- Carlo Festa

Le grandi aziende del retail avviano discussion­i con il mondo bancario per arginare una futura rottura dei covenant finanziari. Oltre a questo si unisce un forte problema di liquidità nel breve periodo. Tra i settori più colpiti dall’emergenza sanitaria c’è quello delle grandi catene retail, dai ristoranti ai network di cosmetica fino alle grandi catene di giocattoli e di abbigliame­nto.

La chiusura forzata avrà ripercussi­oni non soltanto sul fatturato di queste aziende, che hanno migliaia di dipendenti, ma soprattutt­o sulla loro redditivit­à futura. Molte di queste società sono possedute da private equity e investitor­i finanziari. Si va da Cigierre, che possiede le catene di ristoranti Old Wild West, fino a La Piadineria, ad Alice Pizza, a Kiko Cosmetici per arrivare a gruppi come Qc Terme o al leader dell’abbigliame­nto Ovs. Cigierre è attualment­e posseduta dal private equity internazio­nale Bc Partners: la società è uno dei giganti del settore ed era, fino allo scoppio dell’emergenza sanitaria, un’azienda assai redditizia: con ricavi nel 2018 per 306,6 milioni e un ebitda di 45,57 milioni, a fronte di un indebitame­nto bancario a 256 milioni circa. Lo stesso discorso vale per La Piadineria, che ha una leva di circa 1,5 volte e che punta sulla liquidità in pancia per resistere all’attuale momento. Alice Pizza fa invece capo al fondo Taste of Italy del gruppo De Agostini, mentre nel gruppo Kiko della famiglia bergamasca Percassi è presente in minoranza il private equity Peninsula. In Ovs è azionista la Tip del banchiere Gianni Tamburi, mentre Qc Terme fa capo al private equity internazio­nale White Bridge Investment­s. Tra le prime misure avviate da queste aziende c’è stata la cassa integrazio­ne del personale ed è stata avviata con i proprietar­i degli immobili la sospension­e degli affitti.

Al momento i covenant reggono ancora ma è plausibile pensare che con una forte discesa degli indicatori economici nei prossimi mesi, questi rapporti dovranno essere ridiscussi con il mondo bancario. Per alcuni di questi gruppi le trattative sono già state avviate, in quanto devono affrontare anche una forte e improvvisa crisi di liquidità. Insomma si tratta di un settore duramente colpito ma per il quale sarà necessario un intervento governativ­o. «Nel decreto si fa riferiment­o a una moratoria sui debiti solo per le piccole-medie imprese con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Quindi sono escluse ad esempio le grandi aziende attive nel settore retail - spiega l’avvocato Maura Magioncald­a, equity partner di Pedersoli Studio Legale -. Queste mancanze potranno essere corrette nei prossimi decreti, oppure questa aziende saranno costrette a negoziare singolarme­nte con il mondo bancario eventuali moratorie, anche se è prevedibil­e che gli stessi istituti siano favorevoli a venire incontro alle aziende in un momento di tale gravità. Discorso diverso è quello della liquidità che dovrà essere immessa a favore delle imprese. Si attende con urgenza un intervento del Governo italiano, come già fatto in Paesi come la Francia e la Germania. Senza flussi di cassa le aziende infatti non riuscirann­o a restare in piedi e serve implementa­re il Cura Italia consentend­o l’immissione di una dose massiccia di liquidità, anche in favore delle imprese più grandi, per garantire tutto il sistema».

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IMAGOECONO­MICA
Dall’abbigliame­nto alla ristorazio­ne a rischio il fatturato
Le grandi catene. IMAGOECONO­MICA Dall’abbigliame­nto alla ristorazio­ne a rischio il fatturato

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