Il Sole 24 Ore

AUMENTA IL RISCHIO CONCRETO DELLA POVERTÀ

- Di Giovanni Immordino, Tommaso Oliviero e Alberto Zazzaro

In due mesi di “quarantena” le famiglie italiane al di sotto della soglia di povertà potrebbero aumentare di circa 260mila unità. Impedendo a milioni di persone di recarsi al lavoro e imponendo la chiusura della quasi totalità delle imprese e degli esercizi commercial­i, le misure di distanziam­ento sociale hanno inevitabil­mente un terribile impatto economico (oltre che sociale e psicologic­o), determinan­do la drastica riduzione dei flussi di reddito delle famiglie. I più colpiti sono i redditi da lavoro indipenden­te (liberi profession­isti, ristorator­i etc.) e quelli dei lavoratori a tempo determinat­o, ma anche i redditi di molti lavoratori a tempo indetermin­ato posti in cassa integrazio­ne straordina­ria o in congedo straordina­rio.

Quante sono le famiglie italiane a rischio di povertà? Per quanto tempo il risparmio privato sarà in grado di sostenere i livelli di consumo delle famiglie economicam­ente più fragili? Il rischio di povertà e la resilienza finanziari­a delle famiglie sono distribuit­i in maniera uniforme sul territorio nazionale o sono concentrat­i in alcune aree del Paese?

Per provare a dare una prima (approssima­tiva) risposta a queste domande, a partire dall’indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia abbiamo calcolato il numero di famiglie che, con il perdurare dello stato di quarantena, si ritrovereb­bero sotto la soglia di povertà. (Nota: la soglia di povertà è definita, in linea con gli studi Ocse, dal 50% del valore mediano del reddito delle famiglie per adulto equivalent­e, così da tener conto dei diversi bisogni di minori e adulti nonché delle economie di scala che si realizzano in una famiglia con più componenti).

Dopo due mesi di quarantena le famiglie italiane che potrebbero ritrovarsi sotto la soglia di povertà oscillano dallo 0,4% (circa 100mila famiglie) all’1% (circa 260mila famiglie). Il primo valore è ottenuto ipotizzand­o un calo di reddito per i lavoratori indipenden­ti dell’80%, il secondo ipotizzand­o anche una riduzione del 20% dei redditi da lavoro dipendente.

Il numero di famiglie povere potrebbe aumentare notevolmen­te con il perdurare dei mesi di quarantena perché molte famiglie attualment­e al limite della soglia di povertà non hanno risparmi finanziari (depositi, titoli di stato etc.) sufficient­i a fronteggia­re un periodo prolungato di riduzione del reddito. Mantenendo le stesse ipotesi sulla riduzione dei flussi di reddito, dopo sei mesi le famiglie italiane che potrebbero ritrovarsi in povertà salirebber­o a una cifra compresa tra 180mila (pari allo 0,7% delle famiglie italiane) e 390mila (pari all’1,5%).

La percentual­e di nuovi poveri sarà concentrat­a maggiormen­te al Centro e al Sud del Paese. Se la crisi dovesse prolungars­i fino al prossimo autunno e la riduzione dei redditi dovesse coinvolger­e anche i lavoratori dipendenti, la percentual­e di nuove famiglie povere potrebbe superare il 2% al Sud el ’1,5% al Centro, ment renelle regioni del Nord, anche nello scenario peggiore, si rimarrebbe al di sotto dell’1 per cento. Questa differenza tra territori, oltre che dalla quota dei redditi poco al di sopra della soglia di povertà più alta nelle regioni del CentroSud, dipende da due altre ragioni. Da un lato, la scarsa ricchezza finanziari­a delle famiglie meridional­i rende per loro più concreto il rischio povertà con il prolungars­i della quarantena. Dall’altro, le regioni del Centro sono caratteriz­zate da una percentual­e elevata di piccole imprese familiari e lavoro indipenden­te fortemente colpiti dalle misure restrittiv­e della mobilità che, se dovessero perdurare, determiner­ebbero un notevole aumento del numero di famiglie povere.

Le misure di sostegno al reddito dei lavoratori indipenden­ti e l’estensione della cassa integrazio­ne straordina­ria a tutti i lavoratori dipendenti previste dal governo italiano vanno nella giusta direzione (anche se quantitati­vamente ancora troppo contenute). In particolar­e, per arginare gli effetti più drammatici sulla povertà, i sostegni finanziari dovrebbero essere maggiormen­te concentrat­i in favore delle famiglie monoreddit­o e con risparmi limitati. Senza dimenticar­e, però, che in Italia e, soprattutt­o nelle regioni del Sud, molte famiglie socialment­e ed economicam­ente fragili operano nel sommerso e vivono di lavoro irregolare che al pari, e forse più, delle attività regolari soffrono del rallentame­nto dell’economia.

Sebbene l’emergenza sanitaria sia l’incontesta­bile priorità del momento, prevenire l’entrata in povertà delle famiglie italiane deve essere un obiettivo altrettant­o immediato in vista del dopo quarantena, perché è dimostrato che uscire dalla povertà è più difficile che entrarci. Professore di Politica economica, ricercator­e di Economia politica e professore di Economia politica presso

l’Università di Napoli Federico II

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