IL MESSAGGIO DI DRAGHI
La nave Banca centrale europea va e deve continuare ad andare, seguendo la stessa rotta degli ultimi anni, ma tenendo conto della tremenda tempesta che è appena iniziata.
Questo è il messaggio che, per quel che riguarda la politica monetaria, Mario Draghi manda con la sua analisi della recessione pandemica.
La politica della liquidità entra in gioco per garantire il regolare funzionamento dei mercati del credito
Draghi indica come, in frangenti eccezionali, il ruolo della banca centrale può diventare nei fatti quello di uno scudo, sempre a condizione però che anche gli attori della politica economica facciano il loro dovere. La Bce – ovviamente e correttamente – non è mai citata, ma il consiglio non è per questo meno chiaro.
Il contenuto del messaggio riguardo alla politica della banca centrale si coglie in pieno se si ripercorrono i tratti salienti della prospettiva che Draghi assume, in cui si mette in fila la politica della salute pubblica, la politica del debito e infine il ruolo della politica della liquidità.
Il punto di partenza è la natura drammaticamente speciale della recessione pandemica che tutti i Paesi dell’Unione Europea – e non solo – saranno chiamati ad affrontare. Una pandemia mette ciascun Governo nazionale di fronte a uno spiacevole dilemma. Infatti, ogni Governo ha di fronte due obiettivi pubblici da perseguire. In primo luogo, esiste la necessità di tutelare al meglio la salute pubblica; il che tecnicamente significa disegnare e implementare una cosiddetta politica di contenimento, o del distanziamento sociale. Obiettivo: minimizzare le perdite di vite umane.
Il problema è che la politica del distanziamento sociale ha costi economici. Il distanziamento sociale, riflettendo la gravità del rischio pandemico, ha effetti negativi su tutti e tre i pilastri fondamentali su cui si regge una moderna economia di mercato: l’offerta aggregata, la domanda aggregata, il settore bancario e finanziario. Quindi emerge un rischio di recessione pandemica che è economicamente e finanziariamente altamente tossico, perché almeno cinque canali di trasmissione, tra loro intrecciati, sono potenzialmente tutti in azione.
Un canale è quello dell’incertezza, che colpisce negativamente le scelte immediate sia delle imprese che delle famiglie. L’effetto depressivo dell’incertezza può essere rafforzato dall’influenza nefasta sulle aspettative, che fanno cadere ulteriormente sia le decisioni di consumo che quelle di investimento. Non basta: il distanziamento sociale tende a frammentare la catena produttiva, con effetti negativi anche sul lavoro, e a intaccare anche direttamente il regolare flusso della domanda di beni e servizi. La tossina del rischio recessivo pandemico si trasmette infine ai mercati finanziari e bancari, con effetti potenzialmente destabilizzanti anche su chi in quei mercati opera professionalmente.
E allora occorre definire una politica economica che abbia un obiettivo ben preciso: minimizzare i costi economici e sociali che la recessione pandemica può provocare nel tessuto di ciascun Paese, e quindi nell’Unione nel suo complesso. Più il disegno di tale politica sarà rapido, credibile e coordinato più la sua efficacia sarà alta.
L’effetto certo sarà allora un aumento del debito pubblico, perché occorrerà farsi carico anche di porzioni di debito privato, nonché garantire l’azione delle banche. Infine, da ultimo ma non meno importante, per garantire al contempo il regolare funzionamento dei mercati del credito e minimizzare i costi dell’aumento del debito pubblico, occorre anche il contributo della politica della liquidità.
Qui entra di fatto in campo il ruolo della Bce, che è al contempo l’unico attore della politica monetaria europea ed anche il principale protagonista della politica di vigilanza. Per essere efficace, l’azione della Bce deve essere credibile.
Si può essere credibili in una situazione congiunturale eccezionale come è quella di una recessione pandemica? Una possibile rotta è quella che lo stesso Draghi tracciò durante la sua presidenza, e riguarda rispettivamente la definizione degli obiettivi e degli strumenti. L’obiettivo deve essere sempre di fare scelte coerenti con la finalità di perseguire la stabilità del valore dell’euro nel medio periodo, che in questa fase significa evitare sia il rischio di disinflazione, o peggio di deflazione, sia quello di far riemergere il rischio di ridenominazione della nostra valuta.
Dato l’obiettivo, la Bce deve utilizzare tutti gli strumenti a disposizione: convenzionali o no, già sperimentati o innovativi. Gli ultimi passi fatti – sia nel perimetro della politica monetaria che in quello della vigilanza – vanno in quella direzione. E potrebbero non essere gli ultimi, se sarà necessario.