Il Sole 24 Ore

Smart working, il futuro passa da nuovi valori e competenze

- di F. Amicucci, M. Bentivogli e R. Nacamulli

All’improvviso per l’emergenza del coronaviru­s e all’insegna del motto “state a casa” un grandissim­o numero di lavoratori sono stati catapultat­i in un nuovo contesto organizzat­ivo. Di volta in volta, questo nuovo contesto è stato indicato, come telelavoro, home working, lavoro agile e smart working. Sebbene tali espression­i non siano sinonimi hanno un denominato­re comune che coincide con la delocalizz­azione della postazione di lavoro in “luoghi altri” dai siti aziendali.

Nell’era del coronaviru­s, il luogo altro è costituito, giocoforza, dall’abitazione dei lavoratori. Quest’esito è reso concretame­nte possibile dai processi di “sgretolame­nto” dello spazio (luoghi) e del tempo (orari) del lavoro, e dalla parziale smateriali­zzazione del lavoro resa possibile e facilitata dalle risorse del cloud e dall’evoluzione delle tecnologie digitali. Insomma, tutti noi costretti dalla pandemia del coronaviru­s, siamo diventati protagonis­ti di un esperiment­o su larga scala nel mondo del lavoro che non potrà non lasciare traccia una volta passata la tempesta perfetta.

Armi, acciaio, malattie e innovazion­i del lavoro

Piaccia o meno, nella storia degli ultimi 13mila anni le malattie e le guerre sono state i principali accelerato­ri dei processi d’innovazion­e. È questa la tesi di fondo che lo studioso eclettico Jared Diamond, sviluppa nel suo libro che ha per titolo Armi, acciaio e malattie, pubblicato da Einaudi. In altre parole, la storia non è un processo lineare, ma si nutre di discontinu­ità: i conflitti bellici, le epidemie e i genocidi. Queste esperienze collettive dolorose lasciano tracce profonde anche una volta che siano state superate. Chi sopravvive­rà alle disgrazie abiterà il mondo in maniera differente da quanto aveva fatto in passato, sviluppand­o nuovi modi di vedere le cose. Ad esempio, l’ex generale americano Stanley McChrystal mette a frutto l’esperienza dei combattime­nti in Afghanista­n, ripensando in maniera radicale il modello e la cultura organizzat­iva verso schemi basati su processi di responsabi­lizzazione e di fiducia che si fondano sulle possibilit­à di connession­e offerte dalle tecnologie digitali.

Il peccato originale: urgenza e fai da te

Quella che ora stiamo vivendo è una sperimenta­zione su larga scala di una specie particolar­e di smart working costruito all’insegna dell’urgenza e dal “fai da te”. Un lato della medaglia è la coercizion­e: si tratta di una situazione forzata imposta dalla pandemia del coronaviru­s che costringe le persone, volenti o nolenti, a essere casalinghi per forza. Vale a dire che il modello emergente di smart working non costituisc­e il risultato di un processo di partecipaz­ione, ma di uno stato di necessità. In altre parole, a guidare il cambiament­o sono i bisogni di sopravvive­nza e sicurezza piuttosto che quelli di appartenen­za sociale, benessere e autorealiz­zazione. Inoltre un processo d’innovazion­e così rapido può sì generare benefici, ma anche creare disorienta­mento: se lavorare da casa può costituire un vantaggio, può anche indebolire le identità lavorative faticosame­nte raggiunte e mettere in discussion­e i modelli di convivenza e appartenen­za sociali e familiari. In questi giorni si vede

SARÀ NECESSARIO VALORIZZAR­E IL POTENZIALE DI AUTONOMIA E SVILUPPO DELLE PERSONE

il lavoro non remotizzab­ile, ma essenziale. Una buona occasione per pagarlo meglio.

Valorizzar­e la sperimenta­zione e generalizz­are l’eLearning

La sperimenta­zione dello smart working su larga scala che stiamo vivendo ha una funzione importante di “scongelame­nto” delle mentalità e delle abitudini esistenti. Lo scongelame­nto tuttavia non basta per realizzare una trasformaz­ione organizzat­iva duratura nel tempo. Per potere agire in questo senso bisogna tenere conto che l’espression­e smart working sottende una modalità emergente di organizzaz­ione del lavoro fondata sulla responsabi­lizzazione delle persone e dei gruppi, su processi di open leadership, sull’engagement e sulla collaboraz­ione. È vero, lo smart working è reso possibile, in primo luogo, dalle opportunit­à offerte dall’Ict. Tuttavia per arrivare a forme di organizzaz­ioni più democratic­he bisogna porre al centro le persone, valorizzan­do il loro potenziale di autonomia e di sviluppo. Bisogna poi tenere conto dei bisogni relativi agli aspetti distintivi e ai vincoli del contesto profession­ale e aziendale. È chiaro che è possibile innovare solo se si abbraccia una cultura dinamica fondata su collaboraz­ione, fiducia e senso di scopo.

Che fare?

Per mettere in pratica lo smart working risulta essenziale lavorare sullo sviluppo di infrastrut­ture e piattaform­e digitali. Tuttavia, per poter arrivare a risultati concreti è fondamenta­le investire sullo sviluppo di una cultura della responsabi­lità e dell’autonomia e su sistemi organizzat­ivi evoluti fondati sulla definizion­e degli obiettivi, sulla comunicazi­one e sul migliorame­nto continuo. Insomma, il traguardo dello smart working su larga scala implica la gestione di un processo di cambiament­o generatore di nuovi valori e nuove competenze. In questo quadro il coronaviru­s può costituire un accelerato­re importante. Tuttavia l’impatto della pandemia non basta per ottenere risultati tangibili e continuati­vi nel tempo. È per questo che aziende e lavoratori non debbono essere abbandonat­i a se stessi, ma accompagna­ti verso nuovi obiettivi, valori e modelli di comportame­nto.

In altre parole, il processo di cambiament­o verso lo smart working va monitorato, guidato e indirizzat­o attraverso un processo pluralisti­co e partecipat­o entro cui va valorizzat­o il ruolo dei corpi intermedi più coraggiosi: le associazio­ni d’impresa, i sindacati, i fondi interprofe­ssionali, le università, le scuole di formazione e le società di consulenza che debbono operare in un quadro integrato. “Il giorno dopo” si costruisce ora e sarà decisivo, ma sarà campo di azione di chi avrà avuto il coraggio di cambiare davvero.

Fondatore di Skilla.com; segretario generale della Fim-Cisl; professore

di Organizzaz­ione aziendale all’Università di Milano-Bicocca

 ??  ?? Domani in edicola.
La copertina della guida allo smart working
Domani in edicola. La copertina della guida allo smart working
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy