Un nuovo fiscal compact per affrontare l'epidemia
Non è un liberi tutti. L’articolo pubblicato sull’Ft dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi, non è e non può essere interpretato come un invito a ignorare i vincoli della politica economica. Molti politici e alcuni economisti che si atteggiano a “consiglieri del principe” considerano questa crisi, in cui sarà inevitabile un aumento del debito pubblico, come una grande rivincita della loro cultura economica, che propone spesa pubblica crescente per “sostenere la crescita” o, fuor di retorica, per raccogliere consensi. Non è questa la cultura economica di Draghi, che non parla di stimolare l’economia: questa non è una crisi ciclica, ricorda. L’ex presidente torna piuttosto – ma in un contesto e in circostanze nuovi – a uno dei grandi temi dei suoi ultimi mesi alla Bce: le spese pubbliche devono essere ben scelte, ben calibrate. «La questione centrale – scrive – non è se ma come lo Stato dovrebbe far buon uso del suo bilancio». Oggi è però cambiato l’obiettivo: non è più la crescita, ma il mantenimento in uno stato di ibernazione del tessuto economico, che deve sopravvivere con danni minimi fino al risveglio (e ha bisogno di liquidità). La proposta di Draghi va nel senso di una rigida determinazione degli interventi politici. Bisogna accettare debiti pubblici molto più alti, ma - come in guerra - le spese pubbliche aggiuntive devono essere in gran parte finalizzate ad alimentare l’economia durante il lockdown. È significativo il fatto che Draghi non abbia parlato dei nuovi strumenti per finanziare le spese – eurobond, coronabond, fondo salvastati – e che non abbia mai nominato le banche centrali, invitate da più parti a monetizzare il debito. Un solo accenno avrebbe distorto il suo messaggio. Anche più importante, sotto questo punto di vista, è la sua idea di affidare al settore finanziario, e soprattutto alle banche, il compito tutto politico di dare liquidità a costo zero alle imprese che non licenzino. È una necessità tecnica –le aziende di credito, e non i funzionari statali, possono davvero creare moneta e riempire «tutte le crepe dell’economia» – che però di fatto toglie al mondo politico la tentazione di usare le “nuove” risorse per scopi diversi da quelli prioritari: finanziare il sistema sanitario, preservare occupazione e reddito dei cittadini, assicurare la sopravvivenza e la capacità di investimento delle imprese. Nella visione di Draghi, il ruolo dello Stato è fondamentale ma quasi privo di discrezionalità: garantire e azzerare i debiti. La proposta disegna una nuova e necessaria camicia di forza all’intervento pubblico. Solo così si può davvero accettare il forte aumento dei debiti statali, che non rifletterebbe il moral hazard o la dissipatezza del mondo politico, ma la necessità di affrontare l’emergenza.
Per essere efficace, l’azione della Banca centrale europea deve continuare a essere credibile