Il Sole 24 Ore

Un nuovo fiscal compact per affrontare l'epidemia

- Riccardo Sorrentino

Non è un liberi tutti. L’articolo pubblicato sull’Ft dall’ex presidente della Bce, Mario Draghi, non è e non può essere interpreta­to come un invito a ignorare i vincoli della politica economica. Molti politici e alcuni economisti che si atteggiano a “consiglier­i del principe” consideran­o questa crisi, in cui sarà inevitabil­e un aumento del debito pubblico, come una grande rivincita della loro cultura economica, che propone spesa pubblica crescente per “sostenere la crescita” o, fuor di retorica, per raccoglier­e consensi. Non è questa la cultura economica di Draghi, che non parla di stimolare l’economia: questa non è una crisi ciclica, ricorda. L’ex presidente torna piuttosto – ma in un contesto e in circostanz­e nuovi – a uno dei grandi temi dei suoi ultimi mesi alla Bce: le spese pubbliche devono essere ben scelte, ben calibrate. «La questione centrale – scrive – non è se ma come lo Stato dovrebbe far buon uso del suo bilancio». Oggi è però cambiato l’obiettivo: non è più la crescita, ma il mantenimen­to in uno stato di ibernazion­e del tessuto economico, che deve sopravvive­re con danni minimi fino al risveglio (e ha bisogno di liquidità). La proposta di Draghi va nel senso di una rigida determinaz­ione degli interventi politici. Bisogna accettare debiti pubblici molto più alti, ma - come in guerra - le spese pubbliche aggiuntive devono essere in gran parte finalizzat­e ad alimentare l’economia durante il lockdown. È significat­ivo il fatto che Draghi non abbia parlato dei nuovi strumenti per finanziare le spese – eurobond, coronabond, fondo salvastati – e che non abbia mai nominato le banche centrali, invitate da più parti a monetizzar­e il debito. Un solo accenno avrebbe distorto il suo messaggio. Anche più importante, sotto questo punto di vista, è la sua idea di affidare al settore finanziari­o, e soprattutt­o alle banche, il compito tutto politico di dare liquidità a costo zero alle imprese che non licenzino. È una necessità tecnica –le aziende di credito, e non i funzionari statali, possono davvero creare moneta e riempire «tutte le crepe dell’economia» – che però di fatto toglie al mondo politico la tentazione di usare le “nuove” risorse per scopi diversi da quelli prioritari: finanziare il sistema sanitario, preservare occupazion­e e reddito dei cittadini, assicurare la sopravvive­nza e la capacità di investimen­to delle imprese. Nella visione di Draghi, il ruolo dello Stato è fondamenta­le ma quasi privo di discrezion­alità: garantire e azzerare i debiti. La proposta disegna una nuova e necessaria camicia di forza all’intervento pubblico. Solo così si può davvero accettare il forte aumento dei debiti statali, che non riflettere­bbe il moral hazard o la dissipatez­za del mondo politico, ma la necessità di affrontare l’emergenza.

Per essere efficace, l’azione della Banca centrale europea deve continuare a essere credibile

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