OTTO GIORNI DI FESTA E NON SOLO PASQUETTA
La Pasqua, la più importante delle feste cristiane, dura poco più di una settimana (dal 12 al 19 aprile in questo caso) e finora solo per ragioni, diciamo così, pratiche è stata limitata al lunedì di Pasquetta. A spiegarlo il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana monsignor Antonio Raspanti che è anche vescovo di Acireale nel catanese, la stessa provincia in cui si trova la Dolfin, azienda produttrice di uova di Pasqua che ha lanciato un grido d’allarme sulla produzione di quest’anno: l’emergenza ha causato un calo drastico delle vendite.
Raspanti parla nell’ambito di un ragionamento più generale sull’emergenza Coronavirus e l’approssimarsi della Pasqua, festa di resurrezione che quest’anno è anche festa di speranza. «Occorre recuperare il senso delle feste Pasquali che un certo approccio laico ha fatto perdere - dice monsignor Raspanti -: quello della celebrazione liturgica a casa, a tavola, in famiglia».
Per quanto riguarda la durata delle festività pasquali, Raspanti spiega: «Ci sono i riferimenti nel Vangelo e non è un caso che la domenica successiva a quella di Pasqua è quella in cui il Cristo risorto di manifesta (l’Ottava di Pasqua) come si legge nel Vangelo di Giovanni e che addirittura la Pentecoste venga chiamata Pasqua
di maggio. La Pasqua cristiana ha radici ebraiche ed ebraica è l’usanza di ampliare la festa di Pasqua nei sette giorni seguenti».
La fede come bussola in questi tempi difficili. Con un occhio alla situazione sociale: «Dalle mie parti - dice il vescovo - la situazione sanitaria è piuttosto pesante: la provincia di Catania ha la maggioranza dei casi della regione. Gli ospedali cominciano a essere in difficoltà e pensiamo che i casi aumenteranno. E sul fronte sciale va anche peggio. Prenderò spunto da una intervista rilasciata dal sindaco di Milano Giuseppe Sala il quale ha annunciato che creerà un fondo in collaborazione con la Curia di Milano. Mi ha già chiamato il sindaco di Acireale: faremo la stessa cosa. Sul piano sociale il rischio è che qui tra un po’ scoppi l’inferno: qui alle difficoltà strutturali che già vi erano si stanno sommando quelle di chi non può più lavorare come i commercianti, gli artigiani. Anche le parrocchie sono in grande difficoltà: c’è da pagare le spese ma in questo momento le parrocchie sono vuote. Nella mia diocesi vi sono 110 parrocchie e solo poche, al massimo quattro, hanno qualche appartamento frutto di donazioni».
Una Quaresima difficile, forse anche troppo.