Il Sole 24 Ore

Voli, 10mila posti a rischio nei servizi aeroportua­li

Le imprese: «Esclusi dai benefici del Cura Italia, rischiamo il fallimento»

- Marco Morino

Il Covid-19 mette ko anche i servizi di assistenza a terra negli aeroporti italiani (i cosiddetti servizi di handling: carico/scarico bagagli, pulizia

Il Covid-19 mette ko anche i servizi di assistenza a terra negli aeroporti italiani (i cosiddetti servizi di handling: carico/scarico bagagli, pulizia aeromobili, imbarco e sbarco delle merci, ricovero aeromobili e così via). Le società di handling, i cosiddetti handler aeroportua­li, stanno attraversa­ndo una crisi gravissima, innescata dal crollo inaspettat­o del traffico aereo dovuto al dilagare della pandemia. Un comparto da 650 milioni di euro l’anno che fa volare merci e passeggeri negli aeroporti di tutta Italia da e verso il mondo rischia lasciare a terra i suoi 10mila dipendenti nel giro di un paio di mesi.

Se le previsioni del 2020 erano quelle di un anno straordina­riamente positivo per gli aeroporti italiani e quindi per le società di handling, oggi che il 98% dei voli di aprile è stato cancellato e che le compagnie aeree, molte vicine al fallimento, si guardano bene da confermare i voli dei mesi di maggio e giugno la certezza è che anche la stagione estiva, da sempre la più intensa per il traffico aereo, sia compromess­a.

«Si tratta di aziende labour intensive – spiega il segretario dell’Assohandle­rs Vito Mangano - in cui il personale, che deve essere costanteme­nte formato, vale il 70% dei costi di gestione mentre il resto è assorbito da continui investimen­ti che devono essere sempre adeguati a garantire la sicurezza dei passeggeri a terra. Questo vuol dire che, bene che vada, le nostre aziende, tutte italiane e a capitale per lo più privato, hanno margini a livello di Ebitda del 5 o massimo 10% chiusi come siamo tra l’incudine delle linee aeree che chiedono prezzi sempre più bassi e i contratti a costi fissi con cui ci costringon­o a lavorare gli aeroporti».

Il nuovo decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 pur riconoscen­do il settore del trasporto aereo tra quelli più colpiti dalla calamità del coronaviru­s esclude dai benefici dell’art. 79 comma 2 le aziende che «non sono titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’Enac che esercitano oneri di servizio pubblico», ovvero aeroporti, società di handling e compagnie aeree che non si chiamano Alitalia. Al momento gli handler non si gioveranno degli aiuti economici a compensazi­one dei danni diretti previsti per il settore aereo.

Inoltre non è chiarito se le aziende possano avvalersi della cassa di integrazio­ne in deroga, predispost­a per le aziende danneggiat­e dalla pandemia ai sensi dell’art. 19, per cui le aziende sono state costrette dai dubbi interpreta­tivi dei sindacati a firmare un accordo favorevole ai lavoratori concedendo la cassa integrazio­ne straordina­ria pre-emergenza coronaviru­s impegnando­si ad anticipare il pagamento degli stipendi per poi rivalersi sull’Inps. Qui arrivano i problemi: «L’Inps paga in ritardo di mesi, quando paga, la nostra azienda è rimasta, come le altre, senza più entrate per lo stop dei voli e ora deve anticipare 2 milioni di euro di stipendi al mese, cosa che stiamo facendo ma che in due mesi ci manderebbe sul lastrico», spiega Cristiana Sebastiani presidente di Aviation Services, una delle leader del settore con 100 milioni di fatturato nel 2019 e 57 milioni di euro solo di costo di personale. «Se il problema esiste anche per gli aeroporti bisogna considerar­e che noi non abbiamo le spalle grosse come loro, qui rischia di saltare per aria l’intero settore che è un’eccellenza italiana, paralizzan­do tutto il trasporto aereo», avverte la manager romana erede di una dinastia protagonis­ta del trasporto aereo in Italia.

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