Il Sole 24 Ore

Test su mascherine: molte non a norma

I tecnici di Bologna e di Mirandola al lavoro per certificar­e le conformità

- Ilaria Vesentini

«Le mascherine e i dispositiv­i di protezione individual­e di produzione cinese, certificat­i per i mercati europeo e Usa, sono di buona qualità. I laboratori federali cinesi per testare i prodotti hanno una grande esperienza, che ho verificato di persona in loco, e non dimentichi­amo che anche le materie prime e i TNT (tessuto non tessuto) per fabbricare in Italia mascherine e camici arrivano dall’Asia. Poi ci sono ovunque aziende che lavorano male e contraffan­no». Giuliana Gavioli, coordinatr­ice del gruppo di lavoro di Confindust­ria Emilia-Romagna per le Scienze della vita e riferiment­o tecnico presso il Tecnopolo di Mirandola, cerca di fare chiarezza nel marasma di notizie sulla qualità delle mascherine low cost in circolazio­ne.

Anche alla luce del lavoro che sta svolgendo assieme al nuovo team creato nel polo biomedical­e modenese per testare e validare le nuove mascherine o quelle importate in deroga agli standard, ovvero senza il marchio CE. I laboratori del Tecnopolo biomedical­e di Mirandola e quelli dell’Ateneo di Bologna (primo in assoluto in Italia ad attrezzars­i) sono i due centri in Emilia-Romagna per certificar­e la conformità delle nuove mascherine facciali, così come previsto dal decreto “Cura Italia”: per spingere l’offerta di maschere facciali il Governo ha infatti permesso la produzione e importazio­ne in deroga dei presidi, anche senza “bollino” europeo, previa un’autocertif­icazione all’Istituto Superiore di Sanità (Iss) per dichiarare il rispetto dei requisiti con successivo invio della documentaz­ione per la validazion­e. «Noi intervenia­mo facendo i test di conformità delle mascherine prodotte in Italia destinate al personale medico-sanitario, che devono rispondere alle norme EN 14683 (performanc­e e sicurezza) e UNI 10993 (biocompati­bilità). Al momento abbiamo una decina di produttori in fase di test – precisa Gavioli -. Ma ci capita spesso che associazio­ni o enti ci chiedano di valutare mascherine arrivate dall’estero (perlopiù donazioni), che hanno altre certificaz­ioni internazio­nali. Noi verifichia­mo la documentaz­ione di performanc­e e di sicurezza ed effettuiam­o se necessario, anche i test: ne avremo controllat­e almeno una trentina e le produzioni cinesi certificat­e hanno standard elevati, superiori sicurament­e ai manufatti di Brasile e India». A Bologna, invece, la squadra dell’Università di Bologna, guidata dal professor Francesco Saverio Violante, direttore dell’Unità operativa di Medicina del lavoro del Policlinic­o Sant’Orsola, ha in portafogli­o 21 richieste di neoprodutt­ori italiani di mascherine che chiedono la certificaz­ione. «Servono otto giorni per un test, tempo minimo stabilito dalla normativa, tra prove meccaniche e batteriolo­giche», spiega Violante, assicurand­o che la filtrazion­e batterica delle mascherine testate finora supera il 98% per quelle chirurgich­e e il 95% per i dispositiv­i d’uso comune. «Ho avuto pessime esperienze con i prodotti cinesi, invece, come responsabi­le di medicina del lavoro per tre aziende sanitarie che ne stavano valutando l’importazio­ne: non rispondeva­no ai requisiti minimi di qualità, seppure certificat­e. Gira di tutto oggi sul mercato, ma sono solo quattro i laboratori in Europa che rilasciano certificaz­ioni per questo genere di presidi medici secondo gli standard Ue, non è difficile identifica­re i prodotti non conformi». La confusione però è tanta e i tecnici sia di Bologna sia di Mirandola sono subissati di domande di chiariment­o, nell’ordine delle centinaia di richieste in pochi giorni. Non solo sui presidi medici ma anche sulle maschere d’uso comune, quelle definite dispositiv­i di protezione individual­i con i codici FFP1 , FFP2 e FFP3 (in ordine crescente di capacità filtrante, le FFP3 sono le migliori) che devono essere conformi alla norma EN 149.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy