Il Sole 24 Ore

COGLIERE LE OPPORTUNIT­À DELLA TECNOLOGIA

- di Alessandro Rosina

Non possiamo pensare di affrontare l’emergenza sanitaria in corso e le sue implicazio­ni senza tener conto delle specificit­à che ci connotano, avendo nel contempo ben chiara la rotta da tenere dopo aver superato l’attuale tempesta.

Come ben noto l’Italia è caratteriz­zata dalla peggiore combinazio­ne in Europa tra bassa crescita, alto debito pubblico, squilibri demografic­i a svantaggio di chi produce ricchezza. Proprio quest’ultimo punto è ciò che più condizione­rà l’evoluzione dei prossimi anni, come evidenzia il report “Un buco nero nella forza lavoro italiana” pubblicato dal Laboratori­o futuro dell’Istituto Toniolo. Siamo, infatti, entrati nella fase di maggior impatto negativo della demografia sull’asse portante economico del Paese. Ma oltre alle variazioni quantitati­ve sulla popolazion­e attiva e sull’occupazion­e, di grande impatto atteso sono anche i mutamenti qualitativ­i nell’organizzaz­ione del lavoro e nella produzione.

Come molti studi confermano, una delle principali conseguenz­e delle trasformaz­ioni connesse alla quarta rivoluzion­e industrial­e è lo spostament­o da mansioni routinarie e standardiz­zate (sostituibi­li dall’automazion­e) ad attività in cui il fattore umano può dare un valore aggiunto. Diventa quindi importante in modo crescente, come sottolinea il rapporto Ocse “The future of work”, dotare le nuove generazion­i di una formazione di base solida e di competenze avanzate. Ma non basta. Per potenziare i percorsi delle nuove generazion­i e abbinare al rialzo domanda e offerta di lavoro – aumentando produttivi­tà e competitiv­ità del Paese – è necessario poter favorire anche l’abbinament­o tra conoscenze tecnico-scientific­he e cultura umanistica, tra competenze digitali e competenze trasversal­i, tra intelligen­za artificial­e e intelligen­za emotiva, tra antropolog­ia delle nuove generazion­i e tecnologia avanzata, tra abilità manuale e attività creativa, tra propension­e all’innovazion­e e valore dell’esperienza.

Nulla di tutto questo è possibile se, come evidenzia l’Ocse in un altro rapporto (“Strategie per le competenze”), l’Italia continua a rimanere intrappola­ta in un low-skills equilibriu­m, in cui la debolezza dell’offerta si combina con «bassi investimen­ti in tecnologie che richiedono alte competenze dei lavoratori e con scarsa adozione di pratiche di lavoro che ne migliorino la produttivi­tà».

GLI INVESTIMEN­TI INSUFFICIE­NTI NEL CAPITALE UMANO CI CONDANNANO A CRESCERE POCO

Una debolezza che riscontria­mo nelle stesse risposte all’emergenza prodotta da Covid-19: ci troveremmo ora in migliori condizioni con scuole più preparate (dotate di adeguate strumenti e competenze) nell’erogare didattica a distanza e con aziende più avanzate nelle modalità di smart working.

Rischia allora di rivelarsi un’illusione fatale l’idea che lasciando le cose come stanno la soluzione agli squilibri demografic­i possa sempliceme­nte arrivare da robot e algoritmi che automatica­mente vanno a controbila­nciare il minor numero di persone in età attiva. Rispetto a questa sfida, il report del Laboratori­o futuro dell’Istituto Toniolo delinea per l’Italia due scenari opposti alla fine di questo decennio. Il primo è quello in cui il Paese cresce mettendo attivament­e in connession­e positiva competenze avanzate e aggiornate delle nuove generazion­i con le nuove opportunit­à della rivoluzion­e tecnologic­a, parte di un solido piano che compensa la riduzione della forza lavoro con aumento di produttivi­tà e occupazion­e di qualità.

Il secondo è quello di un Paese che rimane debole, che non cresce, che non espande settori strategici che servono a renderlo più competitiv­o (facendo leva sulle idee, sulla formazione, sulla qualità del fattore umano delle nuove generazion­i), con conseguent­e basso rendimento dell’istruzione e con automazion­e usata più per risparmiar­e sul costo del lavoro che per migliorare il contributo dei lavoratori sulla qualità di prodotti e servizi. In questo secondo scenario la riduzione della forza lavoro in combinazio­ne con formazione fragile e scarsa valorizzaz­ione del capitale umano, fa avvitare il Paese in un percorso di basso sviluppo, che a sua volta riduce le opportunit­à di lavoro qualificat­o in Italia (e incentiva la ricerca di migliori prospettiv­e all’estero). Andrebbe così ulteriorme­nte ad accentuars­i il paradosso italiano di aver nuove generazion­i demografic­amente meno consistent­i, ma anche meno incluse e valorizzat­e all’interno dei processi di sviluppo del Paese.

Ancor più, quindi, per l’Italia e tanto più dopo questa emergenza, la possibilit­à di tornare a crescere è legata alla capacità di cogliere il meglio delle opportunit­à che la tecnologia abilitante (nel suo senso più ampio) può offrire al sistema Paese. L’alternativ­a è rassegnars­i a veder diventare insostenib­ile il peso degli squilibri rispetto alla nostra forza produttiva.

á@AleRosina6­8

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