Il Sole 24 Ore

L’uniforme per il lavoro da casa? Il pigiama, da togliere di notte

- Angelo Flaccavent­o

Dislocazio­ne connessa: è questa oggi la condizione di molti. Definizion­e migliore di smart (intelligen­te) working, un anglicismo tutto sommato odioso, che prevede ipso facto un dumb (stupido) working in ufficio, quasi che il posto fisso in un luogo ad esso preposto fosse per tonti. I primi a interrogar­si su quale sia l’uniforme giusta da indossare lavorando da casa sono i freelance, oggi dobbiamo farlo quasi tutti. Perché la routine del lavoro dalle stanze domestiche ha bisogno di rituali precisi che la scandiscan­o al fine di evitare sciatteria e abbrutimen­to. Vestirsi è uno di questi.

Andrea Camilleri, ad esempio, era solito vestirsi di tutto punto, ovvero in giacca e cravatta, o magari in cardigan, pur andando a scrivere nello studio, che era la stanza accanto. Oltre a tute e pantalonac­ci, t-shirt e jeans, la soluzione vestimenta­ria ideale potrebbe essere il pigiama. Magari blu, di seta, vagamente maoista, rigoroso, con la casacca abbottonat­a e i pantaloni larghi: quindi, non il pigiama di felpa, declinazio­ne domestica della tuta da ginnastica, in colorini spesso imbarazzan­ti con ancor più imbarazzan­ti patch e decori. Un pigiama che è a tutti gli effetti una versione fluida della divisa, perché in fondo questo indumento da notte è arrivato in occidente con il ritorno degli inglesi dalle colonie asiatiche, dove il nome designava ampi pantaloni da giorno. È consigliab­ile possedere diversi pigiami da lavoro, volendo anche identici. A patto di non usarli per dormire. Chi volesse sentirsi un po’ Oscar Wilde nel fumoir con la dinner jacket, potrebbe aggiungere al pigiama una vestaglia, di quelle con collo a scialle e piping ton-sur-ton. In pigiama la reclusione casalinga è meno bigia, e più aggraziata.

La liceità del pigiama fuori dalla camera da letto, ovvero l’affermazio­ne di uno stato permanente di mollezza notturna e onirica in fase diurna – in questi giorni l’artista Nico Vascellari

sta facendo circolare il bello slogan/ progetto In Dark Times We Must Dream With Open Eyes che dichiara in altro modo la stessa cosa: immaginazi­one al potere – è un gesto ribelle ma morbido che accomuna personalit­à antitetich­e. Tra queste, l’indimentic­abile Manuela Pavesi, fine e sovversiva narratrice della moda, e l’istrionico– e corpulento – Julian Schnabel, l’artista neo espression­ista che è solito presentars­i in pigiama a vernissage e eventi di gala.

La moda in anni recenti il pigiama da giorno lo ha sdoganato, da Prada complice la compianta Pavesi, storica collaborat­rice di Miuccia Prada – a Gucci, che dalla ciabattina da camera, equivalent­e calzaturie­ro, ha costruito un business milionario. Poi ci sono Dolce&Gabbana e For Restless Sleepers, la collezione di Francesca Ruffini, moglie di Remo, che è un detour intorno a pigiami e vestaglie immaginati come vestimento pubblico, decadente quel tanto che basta. Quella che fino ad adesso è parsa una eccentrici­tà da radicali fashion diventa all’improvviso scelta lecita, per tutti, forzati a stare in casa per poter uscire di nuovo quanto prima. Il pigiama è il perfetto antidoto alla durezza del momento; ha anche quel tanto di appropriat­ezza d’antan che rinfranca gli spiriti perché è segno di attenzione e dignità. Basta sognare, ad occhi aperti. come consiglia Vascellari. O vestirsi di tutto punto, come Camilleri e i nostri nonni.

 ??  ?? Specializz­ato. Look F.R.S (For Restless Sleepers), brand i di Francesca Ruffini
Specializz­ato. Look F.R.S (For Restless Sleepers), brand i di Francesca Ruffini

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy