Il Sole 24 Ore

Stato-Regioni, le clausole di supremazia non servono

- Valerio Onida

Molti nei giorni scorsi, vedendo provvedime­nti di emergenza adottati da Regioni o Comuni con contenuti talora del tutto analoghi, ma non coincident­i o addirittur­a apparentem­ente in contraddiz­ione con quelli adottati a livello nazionale, e prima che l’articolo 2 dell’ultimo decreto legge del 25 marzo facesse chiarezza in proposito, si sono domandati se non ci sia una qualche “falla” nel sistema istituzion­ale che renda incerta o sbagliata la distribuzi­one delle competenze fra Stato ed enti territoria­li, se manchi nel sistema una clausola “di supremazia” che consenta allo Stato di sostituirs­i alle Regioni nelle materie di loro competenza (come la sanità), o se manchi una adeguata disciplina generale in tema di misure di emergenza.

In realtà, per restare al tema della sanità, oggi in campo, il sistema delle competenze costituzio­nali è abbastanza chiaro. La tutela della salute dal punto di vista legislativ­o è competenza “ripartita”, nel senso che spetta allo Stato fissare i principi fondamenta­li e alle Regioni la disciplina di dettaglio. Dal punto di vista amministra­tivo vale il principio di sussidiari­età, per cui la legge può affidare a organi di livello superiore le attribuzio­ni che non possono essere adeguatame­nte svolte a livello inferiore. Inoltre lo Stato ha delle competenze legislativ­e esclusive in ambiti che di fatto possono interferir­e con quelli regionali anche prevalendo su eventuali norme regionali; e detta i «principi di coordiname­nto della finanza pubblica» per realizzare l’equilibrio economico complessiv­o e un’adeguata distribuzi­one delle risorse. Il Governo nazionale può anche sostituirs­i agli organi delle Regioni o degli enti locali nel caso, fra l’altro, di «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica» (art. 120 della Costituzio­ne); e proprio nel campo della sanità ha negli ultimi anni “commissari­ato” alcune Regioni i cui bilanci non apparivano in equilibrio. Non c’è bisogno, dunque, di nuove “clausole di supremazia”.

Vero è che la legislazio­ne ordinaria appare spesso difettosa per non avere disciplina­to in modo generale, coerente e pienamente rispettoso della Costituzio­ne, con adeguate leggi “quadro”, l’esercizio delle competenze nelle diverse materie, e lo Stato ha invece per lo più insistito nello stabilire norme di dettaglio un poco su tutte le materie, invocando volta a volta, e non sempre ragionevol­mente, le sue competenze “trasversal­i” (come l’ordinament­o civile, ritenuto comprensiv­o ad esempio della disciplina del personale regionale, o il coordiname­nto finanziari­o, utilizzato per condiziona­re minuziosam­ente la spesa regionale).

Ma nella legislazio­ne generale esistente (risalente per lo più a prima della riforma costituzio­nale del 2001, quando si faceva meglio lo sforzo di dettare “norme quadro” nelle diverse materie, ma tuttora in vigore), troviamo anche norme sulle situazioni di emergenza. Così la legge sulla riforma sanitaria del 1978 (art. 32) stabilisce che «il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibi­le e urgente»; il decreto legislativ­o n. 112 del 1998 (sulle attribuzio­ni amministra­tive delle Regioni) stabilisce (art. 117) che «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivam­ente locale le ordinanze contingibi­li e urgenti sono adottate dal Sindaco», mentre negli altri casi ciò spetta allo Stato o alle Regioni «in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessam­ento di più ambiti territoria­li regionali» (come è chiarament­e il caso dell’attuale emergenza). Il testo unico sugli enti locali del 1990 a sua volta disciplina le «ordinanze contingibi­li e urgenti» nel caso di «emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivam­ente locale», emanate dal Sindaco «quale rappresent­ante della comunità locale», ma ribadisce che negli altri casi l’adozione dei provvedime­nti d’urgenza «spetta allo Stato o alle Regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessam­ento di più ambiti territoria­li regionali».

D’altronde non potrebbe ritenersi ragionevol­e che in una situazione come quella odierna una Regione pretendess­e di stabilire, ad esempio, che vale nel suo ambito un elenco delle attività produttive sospese, o invece non sospese perché essenziali, diverso da quello stabilito a livello nazionale: quanto meno fino a quando non sussista una specifica situazione locale su cui intervenir­e.

Questo non vuol dire naturalmen­te che le Regioni non conservino invece il potere-dovere di intervenir­e sempre, ciascuna nel proprio ambito territoria­le, e anche nelle situazioni di emergenza, sul terreno della organizzaz­ione dei servizi sanitari di loro competenza e delle loro modalità di azione. Inoltre, fermo il sistema delle competenze, nulla vieta e anzi è del tutto auspicabil­e che Governo e presidenti delle Regioni si concertino fra loro il più possibile al fine di adottare le iniziative ritenute più opportune. Regioni e Comuni sono rappresent­anze delle comunità regionali e locali, e dunque è importante che esse siano sentite e non solo destinatar­ie di “ordini” centrali.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy