Mercati instabili: il dollaro aggiunge tensioni
Prove tecniche di stabilizzazione sui mercati finanziari, ma la strada per la ripresa sarà ancora lunga. La scorsa settimana il mood è un po’ cambiato e le Borse hanno messo a segno un rimbalzo. A favorire questo movimento è stata la fine della corsa del dollaro Usa. Il mercato valutario, con oltre 6.500 miliardi di dollari scambiati ogni giorno, rappresenta l’anello più importante e sensibile dell’intera architettura finanziaria. Quello che accade sul valutario propaga poi gli effetti a tutto il resto soprattutto in una fase problematica come questa. Osservato speciale in questa è fase proprio il dollaro, la valuta chiave a livello internazionale.
Dal 9 al 20 marzo il dollar index, l’indice che sintetizza il valore del biglietto verde rispetto a tutte le altre valute, ha registrato un violentissimo rialzo. Superiore all’8%: un’enormità per il mercato valutario in un periodo così breve e per certi versi incomprensibile alla luce del taglio dei tassi a zero da parte della Fed. Il mondo è andato a caccia di dollari per problemi legati alla liquidità del sistema. Tutto questo ha alimentato incertezza e nervosismo.
Perché non basta un rimbalzo
È stata poi la successiva manovra della banca centrale Usa, che ha annunciato un quantitative easing (allentamento monetario) illimitato sui titoli obbligazionari, oltre a quotidiane operazioni di rifinanziamento, a riportare più serenità. Le Borse sono tornate a rimbalzare guidate da Wall Street che ha avuto giovamento anche dal piano di aiuti da 2mila miliardi di dollari lanciato da Trump. Esemplare quanto accaduto poi venerdì: le vendite sulle Borse sono tornate andando di pari passo con un tentativo di recupero del dollaro come valuta rifugio.
Tra gli analisti è sempre più forte la convinzione che non basterà un rimbalzo a decretare l’uscita da questa situazione. L’indice S&P 500 è arrivato a recuperare quasi il 20% in poche sedute (non accadeva dagli anni ’30), ma il bilancio dal 21 febbraio rimane ancora negativo di oltre il 20%. Per l’indice Ftse Mib il calo sfiora il 30 per cento. Restano ancora molte incognite. Intanto non ci sono tempi certi sulla fine della pandemia, che si sta allargando ora anche negli Stati Uniti (di ieri le stime drammatiche su possibili 100-200mila morti), prima economica mondiale. E come gli Usa affronteranno questa fase è cruciale per tutti.
In un mese le Borse hanno registrato la discesa più violenta della storia a partire da Wall Street (se escludiamo il crollo del 1933). La situazione appare decisamente più complessa della crisi finanziaria del 2008-2009 che profondi segni aveva lasciato nel tessuto economico e nel mondo finanziario.
I contraccolpi sugli utili
Il mercato finanziario cerca di anticipare come sempre i possibili sviluppi. Anche le Borse europee hanno provato a recuperare nonostante le tensioni all’interno della Ue e dell’area euro su come gestire l’attuale fase (si veda l’articolo a fianco). La Bce è scesa in campo con un potente piano di acquisti di titoli e sta tenendo a bada i rendimenti dei Paesi più periferici, a partire dall’Italia. Ma servono azioni di tipo economico più incisive per affrontare l’emergenza e preparare la futura ripresa.
Il punto centrale per il mercato borsistico è capire quanto impatterà concretamente sugli utili societari questa crisi. Le previsioni sono ancora confuse: si stima una forte ricaduta nella prima parte dell’anno e una ripresa dopo giugno. Ma le case di investimento non sono concordi e questo si riverbera in una fortissima volatilità sul mercato. Un saliscendi che dimostra l’incertezza tra gli operatori. Servirà ancora tempo per avere un quadro più chiaro. Un termometro importante per capire la situazione è la lettura dell’indice Vix, quello che misura la volatilità implicita a Wall Street. Il Vix ha allentato la tensione scendendo dai massimi, ma resta ancora lontano da quel calo sotto 40 punti che nel 2009 sancì la fine della crisi.