Così le mafie soffiano sul disagio sociale
I Ros: infiltrazioni nell’economia di Toscana, Friuli, Lazio, Umbria, Veneto
Il rischio che la ’ndrangheta sfrutti a proprio vantaggio la crisi dovuta all’emergenza coronavirus è reso concreto dagli “alert” registrati dall’Antimafia nelle ultime settimane. Da una parte il lockdown dell’industria può favorire la «colonizzazione criminale» di ampie fette di mercato e la manipolazione di appalti soprattutto nel Centro-Nord, dall’altra si fa largo l’ipotesi che le organizzazioni criminali possano fomentare al Sud forme di protesta sociale, facendo leva sulle difficoltà economiche di ampie fette di popolazione.
Le analisi dei carabinieri del Ros ricostruiscono la forza delle mafie e, in particolare, della ’ndrangheta, dotata di un «assetto organizzativo» fluido e in grado di adattarsi a ogni circostanza, sfruttando a proprio vantaggio anche questa emergenza sanitaria.
Ciò che emerge è un «codice della colonizzazione» come spiega il comandante del Raggruppamento, il generale di divisione Pasquale Angelosanto: «È oggetto di attenzione l’eventuale salto qualitativo che la criminalità mafiosa tenterà di fare orientando strumentalmente il disagio delle imprese e dei singoli, provocato dalla crisi di liquidità, al fine di ricavarne consenso sociale».
L’attenzione si sta focalizzando in particolare sul fronte imprenditoriale. Le attuali “spie” sono soprattutto nel Centro-Nord, dove «la ’ndrangheta - illustra Angelosanto - attua un sistema di infiltrazione a seconda che si tratti di regioni dove investire capitali sporchi grazie a una rete di professionisti e imprenditori compiacenti o regioni dove risultano insediamenti di “locali” delle cosche». E così si scopre che a forte rischio di «inquinamento economico» per questa emergenza coronavirus ci sono «Friuli Venezia Giulia, Lazio, Toscana, Umbria e Veneto, ritenute utili al reinvestimento di cospicui proventi illeciti, attuato per il tramite di operatori economici che si rendono disponibili a mettere la propria impresa al servizio dei mafiosi, trasformandosi di fatto in prestanome».
Parallelamente si registra un rinforzo delle cosche in «Emilia Romagna,
Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, dove l’organizzazione annovera insediamenti stabili, anche vasti e sfociati nella costituzione di “locali” e sovrastrutture di coordinamento e supporto».
Sia che si tratti di aree dove investire o dove finanziare le cosche già esistenti, si registra un «progressivo orientamento - continua Angelosanto - verso settori formalmente leciti, che richiedono anche specifiche competenze tecniche, giuridiche e gestionali: esigenza, quest’ultima, che le cosche hanno mostrato di soddisfare sia tramite collaborazioni con professionisti esterni, sia avviando le proprie nuove leve a iter di studi particolarmente qualificati, onde garantirsi la diretta disponibilità di figure professionalizzate ed altamente fidelizzate dalla intima condivisione dei valori mafiosi».
Sotto stretto monitoraggio degli investigatori del Ros ci sono settori imprenditoriali oggi travolti dalla crisi dovuta all’emergenza Covid-19, che nelle prossime settimane potrebbero avere necessità di iniezioni di capitali per riprendere le attività. Si tratta di comparti produttivi su cui la ’ndrangheta ha da tempo un controllo capillare: si va dagli appalti con la Pubblica amministrazione al ciclo del cemento, della terra e dei rifiuti al commercio al dettaglio e all’ingrosso, dei trasporti e dei servizi, fino al turismo, all’industria del divertimento e alla gestione di ristoranti e bar.
Angelosanto spiega che «la disponibilità di ingenti fonti di finanziamento illecito ed una spiccata capacità di intessere relazioni con esponenti della società civile hanno permesso alla ’ndrangheta di diversificare i propri interessi. Ciò le ha consentito di mantenere un capillare e oppressivo controllo, infiltrandosi proficuamente nei meccanismi di funzionamento degli enti pubblici e degli appalti, di alterare l’andamento del mercato imprenditoriale e di monopolizzare le filiere economiche di intere aree».