Il lockdown a due velocità dell’industria dell’acciaio
In Germania non vigono restrizioni: attive anche controllate italiane
In Europa già si fa, in Italia no. Proseguono i contatti tra Confindustria e il Governo, nel tentativo di favorire, nel rispetto rigoroso dei protocolli sanitari, le condizioni per una graduale riapertura di alcuni impianti e filiere strategiche dal punto di vista industriale, per la loro collocazione in filiere di fornitura globali. Fonti sindacali assicurano che, ammesso sia compatibile con il quadro sanitario, un eventuale passo indietro sul lockdown non potrà comunque avvenire prima di Pasqua, «Possiamo essere assenti per un po’, ma la situazione non si può prolungare in maniera eccessiva - aveva detto nei giorni scorsi il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato -. Soprattutto se negli altri paesi europei i comportamenti sono diversi». Una presa di posizione identica a quella dell’amministratore delegato di Acciai speciali Terni, Massimiliano Burelli, preoccupato del fatto che i maggiori produttori di acciaio inox concorrenti d Ast, come la finlandese Outokumpu e la francese Aperam non hanno interrotto le loro produzioni.
In Europa sono gli anelli a valle della fornitura a definire i confini del lockdown. È il caso, per esempio, della filiera automotive. Con il mercato già in crisi da tempo e con la diffusione della pandemia, tutti i principali stabilimenti produttivi europei hanno interrotto la produzione. Ne hanno fatto le spese i produttori di coils come Tata steel, ThyssenKrupp. ArcelorMittal, che ha rallentato al minimo l’attività a Taranto, ha annunciato che farà slittare la prevista ripartenza di un altoforno in Polonia. Ieri in una nota il gruppo, che è il principale produttore europeo di coils per automotive, ha annunciato che sta portando al minimo la produzione in molti impianti, allineandosi con la domanda di mercato a livello regionale e le richieste dei singoli Governi, aggiungendo di essere al lavoro per realizzare un prototipo di ventilatore grazie al know how maturato nella stampa 3d. Coils a parte, però, dove le filiere funzionano ancora l’acciaio europeo non è in lockdown. Succede in Germania e in Austria dove le acciaierie continuano a funzionare per i prodotti «lunghi», come per esempio il tondo, la vergella, le barre, alimentando il mercato delle costruzioni, della meccanica, dei mezzi agricoli. Si tratta del core business dell’acciaio italiano. Che ci sia un’Europa a due velocità nel gestire il rapporto tra emergenza sanitaria ed esigenze d’impresa lo conferma la situazione dell’italiana Feralpi, che ha chiuso le acciaierie a Brescia ma non quella in Sassonia, dove si produce più della metà del fatturato del gruppo. Anche il gruppo Riva, fortemente internazionalizzato, non avrebbe interrotto la produzione in Germania, dove non sono previste restrizioni governative. In Austria invece un gruppo come Voestalpine, concorrente di Piombino per le rotaie da treno, sta lavorando anche se con ricorso in alcuni reparti alla cassa integrazione. In Italia oggi restano attivi solo alcuni baluardi: oltre al ciclo continuo di Taranto, l’ex Ilva dovrebbe ripartire con la banda stagnata (per uso alimentare) a Genova, mentre Marcegaglia mantiene un presidio per alimentare le forniture della filiera sanitaria. Operativo a ritmi ridotti anche Arvedi, in costante contatto con le autorità sanitarie e in rispetto di rigidi protocolli.