Alta tensione nel Governo La Confindustria: va usato, basta liti
Prodi a Radio 24: consente di ottenere 36 miliardi risparmiandone 1,5 d’interessi Zingaretti schierato a favore, no della viceministro Castelli: «Non daremo mai via libera»
Il Mes riveduto e corretto spacca la maggioranza. Al Pd che con Zingaretti apre alla possibilità di utilizzare i prestiti Ue replicano Di Maio e la Castelli. Confindustria fa appello al governo e alle forze politiche affinché si faccia ricorso alle disponibilità del Mes «senza condizionalità che non siano quelle della lotta al virus e delle sue conseguenze».
Il Mes riveduto e corretto continua a occupare il centro nell’agenda che spacca la maggioranza. E comincia ad aprire crepe nell’ufficialità del Pd, che finora aveva oscurato un vivace dibattito interno dietro all’ufficialità del «no al Salva-Stati». «Se esisterà la possibilità, senza condizionalità e rispettando la sovranità italiana, di avere dei miliardi a sostegno della sanità, credo che dovremo prendere queste risorse», mette a verbale Nicola Zingaretti aggiungendo alla prudenza delle parole la cautela di pronunciarle «da presidente di Regione». Ma tanto basta alla reazione M5S. «Uso le parole di Conte, il Mes è uno strumento antiquato», dice Luigi Di Maio, e la viceministra all’Economia Laura Castelli è ancora più diretta: «Non intendiamo utilizzarlo per nessuna ragione».
Lo scivolamento del Pd verso il Salva-Stati sembra mettere in fuorigioco anche il ministro dell’Economia Gualtieri, che fin qui per ragioni di tenuta del governo aveva escluso a più riprese l’Italia dal novero dei Paesi interessati al Mes. Mentre per Italia Viva è proprio l’«ottimo successo» di Gualtieri all’Eurogruppo ad aver portato a un Mes «senza condizionalità» che «sarebbe impensabile non utilizzare», come spiega il coordinatore di Iv Ettore Rosato. Ma il Salva-Stati è zizzania per tutte le coalizioni, centrodestra compreso: perché l’opposizione al Mes, bandiera di Fratelli d’Italia e della Lega che annuncia una risoluzione parlamentare sul tema, è un «clamoroso errore» per Silvio Berlusconi.
Il nodo si fa insomma sempre più intricato perché la scelta è binaria, «sì» o «no» al suo utilizzo, ed è quindi complicata da camuffare politicamente. Tanto più dopo le battaglie incendiarie di questi mesi.
La pressione sui delicati equilibri nel Pd cresce da giorni. E il termometro sono prima di tutto le parole dei suoi esponenti di punta in Europa. Domenica il presidente del Parlamento europeo David Sassoli aveva addirittura parlato di una «sospensione» di fatto del vecchio Mes, per l’archiviazione delle «condizioni» di finanza pubblica che hanno fin qui accompagnato i suoi programmi. E sul tema ieri è tornato anche il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni: nelle sue parole il Mes offre «una linea di credito vantaggiosa», e «ogni singolo Paese, inclusa l’Italia, può decidere se utilizzarla o no».
Ieri poi tre fattori concomitanti hanno contribuito alla spinta che fa smottare il Pd. Il primo è finanziario, perché la riapertura dei mercati dopo l’Eurogruppo di giovedì scorso ha fatto salire i rendimenti dei titoli italiani (ieri il decennale ha chiuso a 1,82%) e quindi l’importanza di strumenti di finanziamento a basso costo. Il secondo, collegato al primo, è pratico. Ed è stato sollevato dalle imprese. Perché di fronte al bisogno di risorse e di liquidità per le aziende, da Confindustria è arrivato un appello al governo e alle forze politiche affinché vengano utilizzate le disponibilità del Mes «senza condizionalità che non siano quelle della lotta al virus e delle sue conseguenze».
Su questo argomento, ieri Confindustria ha ufficializzato la sua posizione: «In un momento così delicato per la vita nazionale è di vitale importanza riuscire a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per assicurare al paese le risorse necessarie a superare l’emergenza sanitaria e avviare l’indispensabile fase della ripresa economica», è scritto nella nota.
Di qui l’appello ad usare i fondi del Mes senza condizionalità: «Evitiamo polemiche sui termini che possono creare solo danni», sollecita Confindustria. Convinta che occorre concentrarsi «sulla sostanza delle cose mobilitando le risorse nazionali per la difesa delle imprese e del lavoro».
Su questi stessi presupposti si fonda il terzo fattore, quello politico. A smuovere le acque nel Pd è stato Romano Prodi. «Ora che sono state tolte le vecchie condizioni - ha scandito l’ex presidente della commissione Ue - non possiamo dire di no al Mes».E non per ragioni ideologiche: «È un prestito a bassissimo tasso d’interesse e a lunghissimo periodo - ha spiegato -, come si fa a dire di no?».
Il punto è centrale. Ed è articolato in un effetto diretto e in uno indiretto. Il primo dipende dalla differenza fra il costo dei titoli emessi dall’Italia e quello dei prestiti Mes. E «ci farebbe risparmiare 1,5 miliardi all’anno», calcola Prodi nel pomeriggio, intervistato a Focus Economia su Radio24, concludendo che «i soldi del Mes dovrebbero essere benedetti». Ma ancora più importante può diventare l’effetto indiretto, perché l’adesione al Mes potrebbe aprire all’Italia le porte dell’Omt, il meccanismo che consente interventi “illimitati” alla Bce anche sulle scadenze più brevi.
Quella di Prodi rimane una voce ascoltata a sinistra. E le sue parole hanno prodotto il rapido aggiornamento nella posizione dei Dem. Alla nota di Zingaretti è seguito l’intervento più diretto del capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio, secondo cui «tutti gli strumenti a disposizione, se sono senza condizionalità, andrebbero usati». A patto di convincere il principale partito della maggioranza, o una sua parte, a una delle svolte più indigeste per la tenuta dei suoi gruppi parlamentari. Perché proprio dal Parlamento deve passare qualsiasi ipotesi di adesione al Salva-Stati.