Indaco e la voglia di una Ipo: «Servono exit di alto profilo»
La Sgr al quinto fondo: realizzati 11 investimenti, altrettanti in cantiere
Quattro fondi già investiti, in fase di exit, e un quinto in piena operatività per una raccolta complessiva di 250 milioni di euro. La fotografia di Indaco, a quattro anni dalla sua fondazione, si completa con i numeri relativi alle operazioni fatte: oltre 60 investimenti, 16 exit realizzate, 10 write off e un rendimento atteso superiore al 15%. «Con il primo fondo, Atlante Ventures, abbiamo Investito 20 milioni in 10 investimenti e già realizzato 3 exit per le quali abbiamo ricavato oltre 18 milioni. Ci sono ancora sette società in portafoglio e l’obiettivo è quello di portare a casa, nei prossimi 2 anni, due volte quello che abbiamo investito».
Parte da qui la conversazione con Davide Turco, co-fondatore di Indaco Sgr e managing director. Il primo fondo è partito nel 2008 e ha investito in aziende del settore dell’elettronica e del medicale. Dodici anni sono tanti, ma Turco sottolinea: «Nel venture capital servono capitali pazienti e lungimiranti, come dovrebbero essere ad esempio i fondi pensione, che tuttavia non sono ancora entrati in maniera convinta in questo comparto d’investimento». E i grandi assenti non sono solo loro. Il venture capital in Italia ha bisogno di diversi volani se vuole recuperare il gap con gli altri Paesi europei. «Fino ad ora il Fondo Italiano di investimento ha fatto da fil rouge sui regolamenti dei fondi di venture capital e questo ha aiutato lo sviluppo del mercato. Ora ci sono tutte le premesse perchè CDP Venture Capital potenzi tale azione e operi principalmente come fondo di fondi in modo da agevolare la raccolta e la nascita di nuovi venture capital italiani. Nel caso investa direttamente, sarebbe auspicabile che lo facciano coinvestendo con i privati» osserva Elisabeth Robinson, vice presidente di Indaco Sgr.
L’attesa sul mercato del miliardo di investimenti in venture capital e startup annunciato per il nuovo fondo, guidato dall’ad Enrico Resmini, è molta, anche se chi opera nel settore vede anche le criticità del sistema, ancora poco maturo, italiano. «Occorre lavorare per delle exit di valore attraverso le Ipo, anche al fine di valorizzare l’iniezione di un miliardo in un mercato ancora non maturo» sottolinea Robinson. E si torna a parlare anche di fondi pensione, che magari non investono in fondi alternativi italiani, ma preferiscono scegliere venture capital stranieri. «La stessa Italia non si fida abbastanza di se stessa, quando invece ci sono aziende che meritano investimenti importanti per vincere la competizione a livello internazionale» chiosa Turco.
Certo quello che stiamo vivendo a causa dell’emergenza coronavirus cambia tutti i contorni del futuro che aspetta anche il venture capital. «Stiamo vivendo una crisi di tipologia nuova, complessa e di difficile lettura. In primo luogo c’è l’impatto drammatico sulle famiglie colpite, ma oltre a questo sono l’intera economia e la società nel suo complesso a essere pesantemente impattate, talora forse anche in maniera strutturale» sottolinea Turco, aggiungendo poi: «Nel nostro portafoglio, vediamo una forte accelerazione dei business che digitalizzano attività off-line, su tutti l’esempio di Cortilia e Farmaè. D’altra parte, ovviamente, le aziende legate alla mobilità ed al turismo stanno soffrendo, come è per esempio il caso di Sweet Guest che sta reagendo proponendo in questa fase locazioni brevi di appartamenti a favore di chi ha necessità di vivere in quarantena o in maniera segregata dal resto della famiglia. Il comparto life science vive giustamente una forte prioritizzazione di tutto quanto è necessario per la cura e prevenzione del Covid-19, ma vediamo il rischio di un rallentamento nello sviluppo dei progetti mirati ad altre patologie».
La Sgr intanto guarda avanti con Indaco Venture, il fondo che nel maggio 2018 ha chiuso la raccolta a 250 milioni di euro. «Abbiamo realizzato 11 investimenti e pensiamo di farne altrettanti. Abbiamo già individuato oltre metà dei target complessivi del fondo» spiega Turco, che sottolinea come il fondo dia priorità alle società della «tangible tech» e del medtech. È geograficamente il fondo guarda anche al Sud Italia dove ha già operato e ha trovato «competenze e talenti». E presto potrebbe arrivare anche il momento di lanciare un nuovo fondo. «C’è tanta voglia di fare un nuovo fondo, ma questa volta sarebbe utile coinvolgere anche i player industriali, in modo da dare una svolta anche allo sviluppo del corporate venture capital» conclude Robinson.