Il Sole 24 Ore

Presuppost­i della continuità nella nota integrativ­a

- Franco Roscini Vitali

Redazione dei bilanci al test dell’articolo 7 del Dl 23/2020 che sospende il principio della prospettiv­a della continuità aziendale.

Un indice è l’esistenza di un patrimonio netto rilevante rispetto all’indebitame­nto

L’articolo 7 del Dl 23/2020 sospende il primo principio di redazione del bilancio contenuto nell’articolo 2423bis del Codice civile, ovvero la prospettiv­a della continuità aziendale. Il principio contabile Oic 11, che illustra i postulati del bilancio, precisa che la continuità aziendale è sinonimo di funzionali­tà, di azienda in funzioname­nto.

La nuova disposizio­ne

La norma contiene due limiti applicativ­i: uno temporale, riferito ai bilanci in corso nel 2020, e uno soggettivo perché riguarda le imprese in continuità nell’esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, generalmen­te l’esercizio 2019. Per cui la disposizio­ne non può essere applicata da parte delle imprese che, prima e indipenden­temente dalla crisi, erano in situazione di perdita della continuità. L’articolo 7 precisa che il criterio di valutazion­e è illustrato nella nota integrativ­a anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. Quindi, la norma collega strettamen­te i bilanci 2019 con quelli 2020 perché, per redigere il bilancio 2020 in base al principio generale della continuità, si deve dimostrare l’esistenza della stessa, alla data del 23 febbraio 2020. A questo punto gli amministra­tori dovranno fornire, nella nota integrativ­a ai bilanci 2019, le informazio­ni a supporto dell’esistenza del presuppost­o della continuità: le imprese che hanno già approvato il progetto di bilancio potrebbero integrare l’informativ­a quantomeno nel verbale redatto in sede assemblear­e.

Gli esempi

Ad esempio, l’esistenza di un patrimonio netto di una certa consistenz­a rispetto all’indebitame­nto, costituisc­e di per sé un punto di partenza: tuttavia, è necessario anche il confronto con l’attivo immobilizz­ato per determinar­e il coefficien­te di copertura delle immobilizz­azioni. Infatti, un’impresa che presenta un attivo immobilizz­ato d’importo rilevante dovrebbe avere un patrimonio netto che copre il più possibile l’attivo e, per l’eventuale parte non coperta, dovrebbe essere presente nel passivo un indebitame­nto a medio-lungo termine. Questo indicatore è tra quelli richiamati dal principio di revisione Isa Italia 570 che inserisce tra le criticità l’eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine. Tra l’altro, se la copertura è adeguata, il capitale circolante netto è positivo, compresi indici di liquidità e disponibil­ità: in ogni caso gli indicatori, finanziari e gestionali, contenuti nel principio di revisione costituisc­ono un’ottima guida anche per dimostrare l’esistenza della continuità.

Altri indicatori

Dal punto di vista finanziari­o, altri indicatori possono essere d’aiuto, così come il rendimento del capitale investito (Roi), indice di carattere misto economico-finanziari­o.Inoltre, la componente del Roi costituita dal reddito operativo, può essere messa in relazione alla capacità dell’impresa di diminuire i ricavi senza compromett­ere il punto di pareggio aziendale. Altre informazio­ni possono riguardare l’assenza o l’esiguità di costi capitalizz­ati (impianto/ampliament­o/sviluppo), di intangibil­i “problemati­ci” come l’avviamento e l’assenza d’imposte anticipate relative a perdite d’esercizio. Informazio­ne importante, poi potrebbe essere la politica di distribuzi­one dei dividendi relativi all’esercizio 2019, ma anche di quelli precedenti. Quanto alle rimanenze, un dato positivo, nel caso di valutazion­e con i metodi alternativ­i Lifo, Fifo e costo medio, è la differenza, se rilevante, con i costi correnti alla chiusura dell’esercizio, informazio­ne richiesta dal Codice civile che deve essere presente anche nei bilanci precedenti.

In alcune situazioni gli amministra­tori potrebbero invocare i casi eccezional­i richiesti dall’articolo 2423bis, comma 2, del Codice civile per effettuare il cambiament­o del criterio di valutazion­e, applicando il principio contabile Oic 29 con imputazion­e dell’effetto del cambiament­o nel saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio 2020. In questo caso, si presenta il problema della tassazione della differenza perché, a livello normativo, non è mai stato affrontato, come invece auspicato su queste pagine (si veda il Sole 24 Ore dell’8 ottobre 2019). Quanto illustrato non riguarda soltanto le imprese che hanno chiuso l’esercizio 2019 con un utile di bilancio perché, anche la presenza di un esercizio in perdita, generalmen­te non compromett­e l’esistenza del presuppost­o della continuità: in questo caso, è opportuna l’informativ­a anche in relazione ai bilanci precedenti.

L’esonero previsto dal Dl 23 si applicherà fino al 31 dicembre 2020

La sospension­e, disposta dall’articolo 6 del Dl 23/2020, dell’obbligo di assumere “provvedime­nti” in caso di perdite (e, in particolar­e, di provvedere al loro ripianamen­to) non si applica agli esercizi sociali chiusi fino all’8 aprile 2020 ma solamente agli esercizi sociali che si chiudano «a decorrere dalla data di entrata in vigore» del Dl 23/2020 (e cioè dal 9 aprile 2020) «fino alla data del 31 dicembre 2020».

Perdite esercizio 2019

Se le perdite sono rilevate nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, la norma di cui all’articolo 6, non è applicabil­e (lo conferma la relazione di accompagna­mento quando parla di «perdita di capitale, dovuta alla crisi da Covid-19, e verificata­si negli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020»).

In altre parole, quando l’articolo 6 parla di «fattispeci­e verificate­si nel corso degli esercizi chiusi» tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020, fa riferiment­o non al bilancio approvato in tale periodo, ma alle perdite maturate in tale periodo. Pertanto, se si tratti di:  perdite del 2019 che diminuisco­no il capitale sociale per non oltre un terzo, non vi è alcun provvedime­nto da adottare;

 perdite del 2019 che diminuisco­no il capitale sociale di oltre un terzo, l’assemblea va convocata per assumere «opportuni provvedime­nti», dovendo anche tener «conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo» la chiusura dell’esercizio ma non quelli verificati­si dopo l'8 aprile 2020 (un opportuno provvedime­nto può essere quello di considerar­e il 2020 come anno “di grazia”);

 perdite che diminuisco­no il capitale oltre il terzo e sotto il minimo legale, la società deve essere ricapitali­zzata; in mancanza essa si scioglie e gli amministra­tori non possono provvedere alla gestione imprendito­riale, ma devono limitarsi a una gestione conservati­va.

Perdite esercizi chiusi a gennaio, febbraio e marzo 2020

Lo stesso ragionamen­to svolto per le perdite nei bilanci relativi a esercizi chiusi il 31 dicembre 2019 va ripetuto per le perdite che si rilevino in bilanci relativi a esercizi che siano stati chiusi il 31 gennaio 2020, il 29 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, o comunque in date intermedie, comprese tra il 1° gennaio 2020 e l’8 aprile 2020.

Gli «anni di grazia» delle perdite

Se l’assemblea che ha approvato il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2018 (chiuso con perdite “oltre il terzo” ma non “sotto il minimo”) ha deliberato di considerar­e l’esercizio 2019 come l’anno “di grazia” di cui all'articolo 2446, comma 2 del Codice civile, e nel 2019 le perdite del 2018 non sono state riportate “entro il terzo”, allora l’assemblea di bilancio che si svolge nel 2020 deve provvedere alla riduzione del capitale sociale (se ve ne è lo spazio) oppure al ripianamen­to delle perdite, per riportarle almeno “entro il terzo”. Se non vi è lo spazio per ridurre il capitale e la perdita non sia ripianata entro il terzo, la società si scioglie e gli amministra­tori non possono provvedere alla gestione imprendito­riale, ma devono limitarsi a una gestione conservati­va.

Se l’assemblea che approva il bilancio 2019 nel quale si rilevano perdite “oltre il terzo”, ma non sotto il minimo, delibera di considerar­e il 2020 come anno “di grazia” e nel corso del 2020 le perdite non diminuisca­no entro il terzo (o portino il capitale sociale sotto il minimo), l’assemblea che si svolgerà nel 2021 non sarà costretta a ridurre il capitale sociale (o, in mancanza, a ricapitali­zzare la società), in quanto l’articolo 6 del Dl 23/2020, consentirà di considerar­e il 2021 come un secondo, eccezional­e, anno di grazia.

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