Presupposti della continuità nella nota integrativa
Redazione dei bilanci al test dell’articolo 7 del Dl 23/2020 che sospende il principio della prospettiva della continuità aziendale.
Un indice è l’esistenza di un patrimonio netto rilevante rispetto all’indebitamento
L’articolo 7 del Dl 23/2020 sospende il primo principio di redazione del bilancio contenuto nell’articolo 2423bis del Codice civile, ovvero la prospettiva della continuità aziendale. Il principio contabile Oic 11, che illustra i postulati del bilancio, precisa che la continuità aziendale è sinonimo di funzionalità, di azienda in funzionamento.
La nuova disposizione
La norma contiene due limiti applicativi: uno temporale, riferito ai bilanci in corso nel 2020, e uno soggettivo perché riguarda le imprese in continuità nell’esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, generalmente l’esercizio 2019. Per cui la disposizione non può essere applicata da parte delle imprese che, prima e indipendentemente dalla crisi, erano in situazione di perdita della continuità. L’articolo 7 precisa che il criterio di valutazione è illustrato nella nota integrativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. Quindi, la norma collega strettamente i bilanci 2019 con quelli 2020 perché, per redigere il bilancio 2020 in base al principio generale della continuità, si deve dimostrare l’esistenza della stessa, alla data del 23 febbraio 2020. A questo punto gli amministratori dovranno fornire, nella nota integrativa ai bilanci 2019, le informazioni a supporto dell’esistenza del presupposto della continuità: le imprese che hanno già approvato il progetto di bilancio potrebbero integrare l’informativa quantomeno nel verbale redatto in sede assembleare.
Gli esempi
Ad esempio, l’esistenza di un patrimonio netto di una certa consistenza rispetto all’indebitamento, costituisce di per sé un punto di partenza: tuttavia, è necessario anche il confronto con l’attivo immobilizzato per determinare il coefficiente di copertura delle immobilizzazioni. Infatti, un’impresa che presenta un attivo immobilizzato d’importo rilevante dovrebbe avere un patrimonio netto che copre il più possibile l’attivo e, per l’eventuale parte non coperta, dovrebbe essere presente nel passivo un indebitamento a medio-lungo termine. Questo indicatore è tra quelli richiamati dal principio di revisione Isa Italia 570 che inserisce tra le criticità l’eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine. Tra l’altro, se la copertura è adeguata, il capitale circolante netto è positivo, compresi indici di liquidità e disponibilità: in ogni caso gli indicatori, finanziari e gestionali, contenuti nel principio di revisione costituiscono un’ottima guida anche per dimostrare l’esistenza della continuità.
Altri indicatori
Dal punto di vista finanziario, altri indicatori possono essere d’aiuto, così come il rendimento del capitale investito (Roi), indice di carattere misto economico-finanziario.Inoltre, la componente del Roi costituita dal reddito operativo, può essere messa in relazione alla capacità dell’impresa di diminuire i ricavi senza compromettere il punto di pareggio aziendale. Altre informazioni possono riguardare l’assenza o l’esiguità di costi capitalizzati (impianto/ampliamento/sviluppo), di intangibili “problematici” come l’avviamento e l’assenza d’imposte anticipate relative a perdite d’esercizio. Informazione importante, poi potrebbe essere la politica di distribuzione dei dividendi relativi all’esercizio 2019, ma anche di quelli precedenti. Quanto alle rimanenze, un dato positivo, nel caso di valutazione con i metodi alternativi Lifo, Fifo e costo medio, è la differenza, se rilevante, con i costi correnti alla chiusura dell’esercizio, informazione richiesta dal Codice civile che deve essere presente anche nei bilanci precedenti.
In alcune situazioni gli amministratori potrebbero invocare i casi eccezionali richiesti dall’articolo 2423bis, comma 2, del Codice civile per effettuare il cambiamento del criterio di valutazione, applicando il principio contabile Oic 29 con imputazione dell’effetto del cambiamento nel saldo di apertura del patrimonio netto dell’esercizio 2020. In questo caso, si presenta il problema della tassazione della differenza perché, a livello normativo, non è mai stato affrontato, come invece auspicato su queste pagine (si veda il Sole 24 Ore dell’8 ottobre 2019). Quanto illustrato non riguarda soltanto le imprese che hanno chiuso l’esercizio 2019 con un utile di bilancio perché, anche la presenza di un esercizio in perdita, generalmente non compromette l’esistenza del presupposto della continuità: in questo caso, è opportuna l’informativa anche in relazione ai bilanci precedenti.
L’esonero previsto dal Dl 23 si applicherà fino al 31 dicembre 2020
La sospensione, disposta dall’articolo 6 del Dl 23/2020, dell’obbligo di assumere “provvedimenti” in caso di perdite (e, in particolare, di provvedere al loro ripianamento) non si applica agli esercizi sociali chiusi fino all’8 aprile 2020 ma solamente agli esercizi sociali che si chiudano «a decorrere dalla data di entrata in vigore» del Dl 23/2020 (e cioè dal 9 aprile 2020) «fino alla data del 31 dicembre 2020».
Perdite esercizio 2019
Se le perdite sono rilevate nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2019, la norma di cui all’articolo 6, non è applicabile (lo conferma la relazione di accompagnamento quando parla di «perdita di capitale, dovuta alla crisi da Covid-19, e verificatasi negli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020»).
In altre parole, quando l’articolo 6 parla di «fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi» tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020, fa riferimento non al bilancio approvato in tale periodo, ma alle perdite maturate in tale periodo. Pertanto, se si tratti di: perdite del 2019 che diminuiscono il capitale sociale per non oltre un terzo, non vi è alcun provvedimento da adottare;
perdite del 2019 che diminuiscono il capitale sociale di oltre un terzo, l’assemblea va convocata per assumere «opportuni provvedimenti», dovendo anche tener «conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo» la chiusura dell’esercizio ma non quelli verificatisi dopo l'8 aprile 2020 (un opportuno provvedimento può essere quello di considerare il 2020 come anno “di grazia”);
perdite che diminuiscono il capitale oltre il terzo e sotto il minimo legale, la società deve essere ricapitalizzata; in mancanza essa si scioglie e gli amministratori non possono provvedere alla gestione imprenditoriale, ma devono limitarsi a una gestione conservativa.
Perdite esercizi chiusi a gennaio, febbraio e marzo 2020
Lo stesso ragionamento svolto per le perdite nei bilanci relativi a esercizi chiusi il 31 dicembre 2019 va ripetuto per le perdite che si rilevino in bilanci relativi a esercizi che siano stati chiusi il 31 gennaio 2020, il 29 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, o comunque in date intermedie, comprese tra il 1° gennaio 2020 e l’8 aprile 2020.
Gli «anni di grazia» delle perdite
Se l’assemblea che ha approvato il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2018 (chiuso con perdite “oltre il terzo” ma non “sotto il minimo”) ha deliberato di considerare l’esercizio 2019 come l’anno “di grazia” di cui all'articolo 2446, comma 2 del Codice civile, e nel 2019 le perdite del 2018 non sono state riportate “entro il terzo”, allora l’assemblea di bilancio che si svolge nel 2020 deve provvedere alla riduzione del capitale sociale (se ve ne è lo spazio) oppure al ripianamento delle perdite, per riportarle almeno “entro il terzo”. Se non vi è lo spazio per ridurre il capitale e la perdita non sia ripianata entro il terzo, la società si scioglie e gli amministratori non possono provvedere alla gestione imprenditoriale, ma devono limitarsi a una gestione conservativa.
Se l’assemblea che approva il bilancio 2019 nel quale si rilevano perdite “oltre il terzo”, ma non sotto il minimo, delibera di considerare il 2020 come anno “di grazia” e nel corso del 2020 le perdite non diminuiscano entro il terzo (o portino il capitale sociale sotto il minimo), l’assemblea che si svolgerà nel 2021 non sarà costretta a ridurre il capitale sociale (o, in mancanza, a ricapitalizzare la società), in quanto l’articolo 6 del Dl 23/2020, consentirà di considerare il 2021 come un secondo, eccezionale, anno di grazia.