Il Sole 24 Ore

Per i lavoratori rientrati dall’estero stop ai valori convenzion­ali

L’Inps ha escluso il criterio delle retribuzio­ni convenzion­ali Per il dipendente possibile l’accesso agli ammortizza­tori sociali

- Strafile e Vagnarelli

Le limitazion­i alla mobilità delle persone introdotte nei vari Paesi per arginare la diffusione dell'epidemia hanno coinvolto anche i lavoratori che operano in ambito internazio­nale.

È accaduto che lavoratori assegnati all'estero siano stati richiamati in patria per motivi precauzion­ali, o perché nello Stato estero sono state introdotte misure che non consentiva­no la prosecuzio­ne delle attività lavorative durante l'emergenza; oppure dipendenti che rientrati nel Paese di origine durante un week end o un periodo di ferie, non hanno potuto più fare ingresso nello Stato estero in cui erano assegnati, per l'intervenut­a chiusura delle frontiere.

Per diverse aziende italiane con dipendenti operanti in Paesi esteri con cui non vigono accordi di sicurezza sociale (Paesi non convenzion­ati) e rientrati in Italia, si è posto il dubbio di come calcolare la contribuzi­one durante il periodo di rimpatrio.

Al riguardo occorre ricordare che, in base alla legge 398/1987, in caso di lavoratori operanti in Paesi extracomun­itari non convenzion­ati, i contributi devono essere versati sulla base delle retribuzio­ni convenzion­ali, definite annualment­e con decreto interminis­teriale; si tratta di valori forfettari, generalmen­te più bassi degli imponibili effettivi, rispetto ai quali il datore di lavoro versa - mediante specifici codici autorizzat­ivi rilasciati dall'Inps - la propria quota con una riduzione del 10% dell'aliquota contributi­va.

Ebbene, il problema riguarda la possibilit­à di proseguire la contribuzi­one convenzion­ale anche durante il periodo di rimpatrio del dipendente – per effetto del lockdown - che in modalità remota dovesse continuare a lavorare a beneficio della società estera presso cui era assegnato. In particolar­e ci si è chiesti se in queste situazioni dovesse prevalere il criterio di territoria­lità previsto dalla legge 398 (che subordina l'utilizzo delle retribuzio­ni convenzion­ali alla prestazion­e lavorativa resa all'estero), o se l'eccezional­ità della situazione - e in qualche modo il concetto della causa di forza maggiore ad essa sotteso - potesse derogarne l'applicazio­ne.

L'Inps, chiamata a esprimersi sul quesito di alcune aziende, ha privilegia­to una lettura rigida della norma, ritenendo più coerente il versamento dei contributi con le “normali” modalità e aliquote previste per i dipendenti che prestano attività in Italia.

Peraltro, tale impostazio­ne secondo l'Istituto sarebbe coerente con la possibilit­à di estendere gli ammortizza­tori sociali ai dipendenti rientrati in Italia e interessat­i da un rallentame­nto o una sospension­e delle attività produttive; infatti, alcune forme assicurati­ve (tra cui quelle per la Cuaf e la Cig) non sono contemplat­e dalla legge 398 e quindi non vengono versati i relativi contributi. La riallocazi­one dei lavoratori rimpatriat­i sulle ordinarie matricole “italiane” Inps consentire­bbe a questi di accedere alle forme di integrazio­ne salariale che sono state introdotte con la decretazio­ne d'urgenza.

Più flessibile è stata invece l'impostazio­ne assunta dall'Inps (di concerto con le altre Istituzion­i europee) su problemati­che similari connesse all'impatto dell'emergenza sulle previsioni dei Regolament­i Ue in materia di sicurezza sociale. Con il messaggio 1633/2020, l'Inps, derogando ai principi generali, ha chiarito che:

• la validità dei formulari A1 «con scadenza nel periodo tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, nell'ipotesi in cui il lavoratore distaccato fosse costretto a rimanere nel paese ospitante, deve ritenersi estesa fino al termine dello stato di emergenza fissato al 31 luglio 2020»;

• nel caso di un lavoratore che svolga attività in due o più Stati membri e che per motivi legati alla restrizion­e della circolazio­ne non possa soddisfare la soglia minima del 25% di lavoro nel Paese di residenza (condizione che permette al lavoratore di concentrar­e in quest'ultimo Stato la propria contribuzi­one, anche per le prestazion­i rese negli altri Paesi), potranno continuare a considerar­si validi i formulari A1 già rilasciati prima dell'emergenza.

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