Abete: «Evitare nazionalizzazioni striscianti, la sfida resta il mercato»
Intervista a Luigi Abete. Per il presidente di Bnl la sfida è presidiare il mercato evitando tentazioni che farebbero tornare indietro il Paese di decenni
‘‘ Sono utili i provvedimenti sulle garanzie erogate attraverso la Sace
Competitività. Prioritario rafforzare il sistema produttivo: servono interventi diretti dello Stato come rimborsi Iva e pagamenti dei debiti Pa
«La pandemia ci mette davanti una responsabilità che è anche una sfida strate strate- gica: presidiare il mercato, evitando il rischio di nazionalizzazioni striscianti, che indebolirebbe sempre più il sistema delle imprese». Nei giorni del riavvio di molte attività produttive dopo due mesi di lockdown, e di fronte a numeri drammatici dell’economia reale, Luigi Abete traccia un primo bilancio dei provvedimenti assunti e lancia un “allarme” contro le crescenti tentazioni di statalizzazione, che farebbero tornare indietro il Paese di decenni. Imprenditore, past president di Confindustria, impegnato ancora sul fronte associativo – presidente Aicc (imprese culturali) e Febaf (banche e assicurazioni) – e presidente di Bnl, Abete indica delle soluzioni rapide che potrebbero essere incluse nel prossimo “decreto di maggio”.
Presidente, come è stata affrontata l’emergenza?
I provvedimenti assunti verso le imprese sono senz’altro utili, non bisogna negare quanto è stato fatto di buono. Ma si è trattato anche di atti parziali e spesso anche con tempistiche sbagliate e comunicazioni contradditorie. Penso per esempio ai provvedimenti addottati in tema di cassa integrazione - tra ordinaria, fis e in cig in deroga - che di fatto per la loro pluralità di norme hanno mandato in blocco l’Inps, per cui molti lavoratori ancora aspettano le retribuzioni di marzo. Questo, ed altro, ha aumentato la frustrazione delle imprese, ha depotenziato la percezione sull’utilità dei provvedimenti adottati. Altrettanto utili i provvedimenti sulle garanzie, erogate attraverso la Sace. Vanno bene, certo, ma ora servono interventi diretti dello Stato, soprattutto per le piccole e medie imprese, che più di tutte soffrono».
Quale forma potrebbero avere questi interventi?
Penso soprattutto ai rimborsi Iva - riducendo i tempi da alcuni mesi di media a poche settimane - e a dare esecuzione ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione. Entrambe forme potenzialmente molto rapide e necessarie per tutti i comparti. Ma il mio pensiero va soprattutto ai settori che inevitabilmente soffriranno più di altri, che a differenza di altri non ripartir ranno a n no a br breve. eve. In c cima ima a tutti m metto etto il turismo, nella sua vasta accezione. Sul quale si doveva intervenire immediatamente, e non aspettare tutto questo tempo: era prevedibile da subito che ci sarebbe stato un crollo repentino dell’attività, situazione che durerà almeno per i prossimi due tre anni…
Fondamentale per il nostro Pil...
Una filiera che coinvolge trasporti, ospitalità, ristorazione e gestioni museali, un settore in cui sono da anni investitore stabile. Un mondo su cui ha un peso fondamentale il flusso internazionale, che non tornerà per molto tempo, perlomeno nei numeri che abbiano conosciuto. Per questo penso sia necessario riflettere su politiche speciali.
Si parla di riaprire i musei a giorni Da un lato si pubblicizza di aprire dal 18 maggio, dall’altro si mantengono le aziende che gestiscono il servizio in blocco operativo Ateco fino al giorno prima e si rinviano gli incontri con le associazioni necessari per definire consensualmente i protocolli di sicurezza con i sindacati.
Questo sulla riapertura. Poi c’è il tema dell’equilibro economico, se i visitatori non arrivano…
Certo, è un tema importante , ma conseguente a quello della sicurezza sanitaria per i lavoratori ed i visitatori.
C’è poi il capitolo della capitalizzazione delle imprese
Va affrontato con grande concretezza, evitando la politica degli annunci. Si può progettare concretamente, tra l’altro, un sistema di fondi che raccolgano capitale con parziale garanzia pubblica, attivando in questo modo un eccellente meccanismo di leva finanziaria. Questo permetterebbe il coinvolgimento degli investitori privati dando loro la responsabilità e ottimizzando lo stanziamento pubblico.
Equi veniamo al tema delle nazionalizzazioni
Condivido l’allarme lanciato dal presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi. Accanto al tema centrale del recupero di competitività delle imprese c’è quello del rischio di nazionalizzazione, di cui non si parla a sufficienza nel dibattito pubblico.
Come si configura oggi questa possibilità di ritorno dello Stato dentro le imprese?
Il rischio si presenta in due modi. AAnzituttonzi tutto iinn modo modo formale, formale, cc omeo me accade con Alitalia, che vede sommarsi alle “bad company” di dieci anni fa ed a quelle di oggi anche le newco a capitale pubblico. Poi in forma strisciante, che è quella che potrebbe venire fuori dagli effetti a cascata degli interventi statali a seguito dell’emergenza da Codiv-19, se non c’è un’ adeguata governance delle politiche di attuazione degli interventi, ad esempio ampliando l’ambito di gestione diretta nei servizi per presunti stati di necessità. E questo rischio potrebbe essere favorito da quello di un indebolimento complessivo delle imprese. E che alla fine la nazionalizzazione strisciante ed indebolimento delle i mp prese re sessi anoian od dueuef facce a cc ed della ellasstess atessa strategia e vadano a sommarsi.
Settori della politica che mandano messaggi di “occupazione”
Dopo 30 anni c’è il rischio che lo Stato da regolatore torni ad essere gestore, e si vada a sostituire al mercato. E nella politica di oggi non c’è una chiarezza delle posizioni. Si riscontra un sentire trasversale a favore delle nazionalizzazioni, che porta inevitabilmente al rafforzamento della burocrazia, che deriva sempre dalla distrazione della politica.
Con il coronavirus torna il partito dello “Stato-padrone”?
Queste pulsioni si percepiscono più o meno in tutte le amministrazioni centrali, nonché in molti partiti. Sembra di cogliere un mood, possiamo dire: quello che avere le imprese deboli non dispiace poi tanto, nessuno alla fine si rammarica del loro indebolimento. E la burocrazia cerchi di sfruttare lo spazio per allargare l’area di influenza: da ruolo regolatorio a potere diretto.
Si obietta: però gli interventi statali costano alle casse pubbliche...
Il denaro pubblico non va mai sperperato, ma impiegato bene. Ma ricordiamo sempre che i soldi pubblici derivano dalle tasse pagate dai lavoratori e imprese, sono di tutti.
Sono in arrivo nuove misure
Sarà il momento di approvare le misure lasciate fuori dal precedente decreto. È prioritario rafforzare il sistema delle imprese, una cura ricostituente, ma in un contesto di miglioramento del mercato, non del suo restringimento a favore di una cultura assistenziale. È il momento di ripetere: indietro non si torna.