Il Sole 24 Ore

Aiuti pubblici, quattro vincoli Indennizzi fino a 100mila euro

Intervento dello Stato solo per imprese in crisi da quest’anno, a rischio fallimento, con forti ricadute sociali e senza altre sovvenzion­i. Finanziame­nti a fondo perduto per microazien­de

- Marco Mo Mobili bili Gianni Trovati

Quattro vincoli europei per gli aiuti pubblici alle imprese più grandi si aggiungono alle tensioni nella maggioranz­a sugli i nterventi per le aziende medio-piccole; e nel dibattito si moltiplica­no le ipotesi alternativ­e o aggiuntive, a partire da una sorta di mini-Ires rafforzata che abbattereb­be il carico fiscale sulle ricapitali­zzazioni. Mentre prende forma il meccanismo degli aiuti a fondo perduto per artigiani e micro-aziende, in un decreto ex Aprile che arriva finalmente al giro di boa decisivo.

Il governo continua a puntare a un’approvazio­ne nel fine settimana, possibile se come sembra la commission­e definirà oggi le modifiche al Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato. Ma fino all’ultimo minuto resta in campo l’ipotesi di uno slittament­o di un paio di settimane che creerebbe un grosso problema ulteriore. Ma al di là degli ostacoli europei c’è una montagna tecnica e politica da scalare a tappe forzate per non slittare alla prossima settimana: perché prima di andare in consiglio dei ministri occorre non solo superare lo scontro sugli aiuti di Stato, ma anche dare una forma definita alle bozze sterminate su cui si è lavorato in questi giorni e stemperare le polemiche polemiche su reddito re ddito di d i emergenza, misure per la famiglia e crediti d’imposta.

In ogni caso l’architettu­ra degli aiuti di Stato, osservata con più di un sospetto dalle stesse imprese, nei casi maggiori dovrà muoversi fra quattro paletti. Scontato quello che impedisce di mettere soldi pubblici in aziende già decotte prima del 31 dicembre scorso (il dossier Alitalia, carico di tre miliardi di euro, viaggia su un percorso a tappe); ma anche nelle crisi da Covid-19 lo Stato dovrebbe poter intervenir­e solo quando è dimostrato che senza l’ombrellone pubblico la continuità aziendale è a rischio, e un mancato aiuto determiner­ebbe un «pregiudizi­o» di ordine economico o sociale: una sorta di “rischio sistemico” applicato a quelle che di fatto sarebbero “ricapitali­zzazioni precauzion­ali” fuori dal mondo bancario.

Ma il più insidioso rischia di essere il quarto vincolo, che riservereb­be l’aiuto statale alle imprese che non hanno potuto accedere ad altre forme di sostegno pubblico con gli stessi obiettivi. Molto dipende da come sarà stata limata la formulazio­ne finale. Perché una lettura rigida chiuderebb­e le porte per esempio a chi ottiene i prestiti garantiti dallo Stato o altri sostegni specifici. Fuori da questi limiti europei si muoverebbe invece il sistema degli indennizzi a fondo perduto per le aziende fino a 5 milioni di volume d’affari.

Per loro, l’assegno statale sarebbe graduato a fasce, costruite dall’incrocio di due fattori: il fatturato, appunto, e la perdita subita con il lockdown. Questa formula distribuir­ebbe il ventaglio degli aiuti, che in base alle cifre in discussion­e nelle ultime ore andrebbero dai 2.400 euro destinati ai più piccoli con minori perdite fino ai 100mila euro per i più grandi colpiti dai crolli maggiori di fatturato. Ma i numeri sono ancora in gioco.

In mezzo c’è la fascia fra 5 e 50 milioni di fatturato, su cui si sono concentrat­e le discussion­i di questi giorni intorno al meccanismo del “pari passu” in cui lo Stato accompagne­rebbe le ricapitali­zzazioni private con una somma analoga a quella messa dai soci. Il problema di fondo investe il ruolo dello Stato, come mostrano le dichiarazi­oni del vicesegret­ario Dem Andrea Orlando alla Stampa secondo cui «se lo Stato finanzia le aziende deve avere un posto in cda».

L’ipotesi è stata subito smentita da più fonti, ricordando le rassicuraz­ioni del ministro dell’Economia Gualtieri sul fatto che il Tesoro non ha intenzione di intervenir­e sulla governance delle aziende, ma la dice lunga su un certo interventi­smo che è presente nella maggioranz­a, e che potrebbe appesantir­e i criteri per trasformar­e in fondo perduto il “passo” pubblico della ricapitali­zzazione.

Anche per questo si moltiplica la spinta a trovare altre vite d’aiuto, a partire da un nuovo ricorso alla leva fiscale attraverso una detassazio­ne degli aumenti di capitali. In sostanza si tratterebb­e, nei fatti, di azzerare l’Ires sugli utili che l’impresa decide di lasciare in azienda e di non distribuir­e ai soci. Una sorta di mini-Ires potenziata rispetto a quella voluta dalla Lega nel governo gialloverd­e e che preveda una riduzione dell’Ires dal 24% al 15% sugli utili. Operazione possibile sugli utili 2019 non anco distribuit­i in quanto i bilanci sono stati rinviati a causa del Covd-19 e per la dichiarazi­one dei redditi e delle tasse ancora c’è tempo.

Lo scontro nella maggioranz­a rafforza le ipotesi di tagli fiscali al posto degli aiuti pubblici Si affaccia l’Ires zero per il capitale versato in azienda

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ANSA Al Me Mef. f. Il ministro dell’Economia Robe Roberto rto Gualtieri nell’uff nell’ufficio icio del mini ministero ste ro in vi via a XX settembre

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