Il biologico arranca: liquidità solo per tre mesi
La chiusura dei mercati ha dimezzato gli incassi delle aziende agricole
«Sa quanto ho guadagnato nell’ultimo mese e mezzo? Meno della metà di quello che incasso sempre. Tra i 20 e i 25mila euro a settimana, ci sono venuti a mancare. Questo mese gli stipendi sono ancora in grado di pagarli, il prossimo chissà». È arrabbiato Antonio Tesini, tra i fondatori della cooperativa Ca’ Magre, 60 ettari coltivati a biologico nel basso Veronese, verso Mantova. Da 32 anni produce ortaggi senza pesticidi e da sempre, in prevalenza, li vende direttamente ai mercati. La cooperativa impiega dalle 25 alle 30 persone: «Sembra che il problema dell’agricoltura oggi sia solo la mancanza di manodopera - dice - noi non abbiamo problemi a trovare chi lavora, abbiamo problemi a vendere. Perché la chiusura dei mercati ci ha strangolati. Per un mese e mezzo ho dovuto vendere quello che produciamo soltanto all’ingrosso, e il risultato è stato un tracollo degli incassi».
In Italia, nel comparto dell’agricoltura biologica, di aziende come quella di Tesini ce ne sono parecchie. Il nostro Paese conta su quasi 80mila imprese e la maggior parte sono medie e piccole. Per loro il canale della grande distribuzione è un miraggio, per dimensioni non sono in grado di garantire loro le quantità adeguate. Così, la maggior parte punta tutto sulla vendita diretta: nei mercati, nelle fiere di settore, ai ristoranti. Tutti sbocchi che il coronavirus ha chiuso da un giorno con l’altro. Così, un settore che andava bene e che in dieci anni è cresciuto del 170%, ora si ritrova a far fatica.
Non tutto l’alimentare sorride, nell’emergenza Covid. L’agricoltura biologica, che in Italia incassa più di 4 miliardi di euro e che esporta per altri 2,2 miliardi, in questi giorni è costretta a fare i conti con una crisi di introiti e di liquidità senza precedenti. Secondo un’indagine della Firab, la Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, due aziende su tre del settore biologico sono in grado di reggere solo altri tre mesi. Significa avere margini fino ad agosto. E poi?
Dalla ricerca, commissionata dalle tre principali associazioni del comparto - Aiab, FederBio e Assobiodinamica - emerge che il 73% delle aziende bio sono state in qualche modo investite dalla crisi: un terzo delle imprese intervistate collabora con il settore alberghiero e della ristorazione, il 24% invece deve il grosso dei propri incassi ai mercatini e alle fiere, vietati pressoché in tutti i comuni italiani. La vendita diretta è uno sbocco strategico per il 66% delle imprese bio intervistate.
Una fetta consistente: così si spiega il crollo degli affari in un periodo in cui il settore alimentare tradizionale ha visto una crescita del 3,5% (fonte Istat). Qualche azienda del biologico si è salvata cone le vendite online e le consegne a domicilio, ma stiamo parlando di meno del 10% del totale.
Da questa settimana, lentamente, almeno i mercati stanno riaprendo. «Ieri per la prima volta abbiamo ricominciato a fare il mercato di Verona - racconta Antonio Tesini - alcuni nostri clienti abituali ci hanno portato le brioches di benvenuto, talmente erano contenti di rivederci». Ma l’entusiasmo è durato poco: «Abbiamo dovuto tappezzare gli spazi di cartelli divisori, abbiamo dovuto fornire gel e guanti monouso e mettere lo schermo in plexiglass sulle casse. Da ordinanza, le persone ora possono accedere al banco due alla volta: noi eravamo abituati a vederne venti tutte insieme, perché consentiamo il self service. Morale della favola: con tutti questi accorgimenti ieri abbiamo fatto la metà dell’incasso che facciamo sempre». Senza contare che non tutti i Comuni hanno riaperto allo stesso modo: «A Mantova - racconta Tesini - hanno riaperto la piazza comune ma non le piazzole singole: ho chiesto un incontro al sindaco, proprio non capisco il perché di questa differenza. È un’ingiustizia, i supermercati hanno potuto vendere sempre, io invece no». E gli aiuti del governo? «Troppa burocrazia - dice Tesini - mi hanno detto che posso rimandare dal 26 di marzo al 26 di maggio i versamenti dei contributi per i miei lavoratori. Ma se andiamo avanti così, non ce la farò a versarli nemmeno a maggio».