Il Sole 24 Ore

Anche sul mercato del gas arrivano i tagli di produzione

La norvegese Equinor: «Oggi più che mai focus sul valore e non sui volumi» Forniture russe in calo da mesi e con i prezzi ai minimi ora arretra anche il Gnl Usa

- Sissi Bellomo

Anche sul mercato del gas cominciano i tagli di produzione. È la Norvegia – o meglio: la sua compagnia, Equinor – a scoprire per prima le carte, annunciand­o una riduzione volontaria dell’offerta in risposta al crollo dei prezzi. Senza fare proclami, cominciano intanto a fare un passo indietro anche gli esportator­i di Gnl degli Stati Uniti. Mentre le forniture di Gazprom dalla Russia sono già in calo da qualche mese e a maggio il declino è diventato più rapido. Oslo per la prima volta dal 2002 ha deciso di collaborar­e con l’Opec, impegnando­si la settimana scorsa a ridurre le estrazioni di petrolio, una misura che comporta la perdita di gas associato. La ministra dell’Energia Tina Bru aveva però esclusolim­iti specifici per questo combustibi­le: «I giacimenti di gas sono esentati, quindi il taglio non avrà un impatto sulla produzione né sull’export di gas norvegese». Equinor (che pure è controllat­a dallo Stato) ha deciso diversamen­te.

La compagnia – che spesso regola i livelli di fornitura in funzione dei prezzi del gas – intende «oggi più che mai focalizzar­si sul valore piuttosto che sui volumi», ha dichiarato ieri il direttore finanziari­o Lars Christian Bacher. «Rinvieremo parte della produzione di gas dal 2020 al 2021 e in qualche caso anche oltre», ha precisato il cfo, chiarendo che la strategia «ha a che fare con le condizioni del mercato e con la prevista evoluzione dei prezzi nel futuro».

Equinor, secondo fornitore europeo di gas, con il 20-25% del mercato, riesce a rientrare nei costi anche quando il prezzo alla consegna è «ben sotto i 2 dollari per milione di Btu», ha ribadito il dirigente: un livello di competitiv­ità simile a quello di Gazprom, che a sua volta soddisfa più di un terzo del nostro fabbisogno. Il problema è che sui principali hub europei oggi il gas vale circa 1,75 $/MBtu (day ahead) secondo S&P Global Platts. All’Nbp britannico ha toccato un minimo di 1,14 $ il 22 aprile. E la discesa – legata a un eccesso di offerta, cui si è aggiunto l’effetto coronaviru­s – arischia di continuare, forse addirittur­a fino a registrare prezzi negativi, com’è già successo al petrolio: con gli stoccaggi che rischiano di riempirsi in estate c’è «una reale possibilit­à» che questo accada nel secondo o terzo trimestre, avverte l’Oxford Institute for Energy Studies (Oies). A meno che i produttori non chiudano i rubinetti.

I tagli finora sono timidi, ma stanno arrivando. Anche da parte dei produttori di Gnl «made in Usa», che hanno un breakeven intorno a 4 $/ MBtu sulle esportazio­ni, più del doppio dei prezzi europei e anche di quelli asiatici. Le forniture di gas agli impianti di liquefazio­ne si sono già ridotte del 7,2% da aprile, secondo S&P Global Platts, Cheniere Energy, numero uno del Gnl Usa, questa settimana ha ammesso che i clienti stanno respingend­o carichi e si è detta pronta a rallentare la produzione.

Finora il gas liquefatto ha comunque resistito sul mercato europeo. Nel 1° trimestre le forniture, di qualunque origine, sono cresciute del 34% su base annua, a scapito delle importazio­ni via gasdotto: le prime sono aumentate in media di 84 milioni di mc equivalent­i al giorno, stima l’Oies, mentre le seconde sono calate di 134 milioni, un sacrificio che è caduto quasi interament­e sulle spalle di Gazprom, che ha perso 103 milioni di mc al giorno, contro i 28 milioni del Nord Africa e i 3 della Norvegia.

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REUTERS
Il taglio norvegese. norve gese. Una piattaform­a Equinor al largo del Mare del Nord REUTERS

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