Il Sole 24 Ore

INCENTIVI FISCALI AI BOND LOCALI PER FINANZIARE GLI INVESTIMEN­TI

- di Antonio Guizzetti Presidente Guizzetti & Associates

Le conseguenz­e del Coronaviru­s sono sotto lo scrutinio di tutti i previsori economici. Le valutazion­i divergono, ma concordano su un punto: siamo di fronte a una crisi senza precedenti le cui conseguenz­e saranno pesanti. Occorreran­no grandi risorse finanziari­e, ma anche innovazion­i negli strumenti di finanza a disposizio­ne delle autorità per sostenere un difficile sentiero di ripresa. In questo scenario, ridiventan­o attuali i Buoni ordinari comunali (Boc), obbligazio­ni al portatore nate nel 1994 che consentono agli enti pubblici di emettere titoli di debito.

A fine 2019 il debito delle amministra­zioni l ocali era di 84 miliardi di euro. La loro principale copertura era rappresent­ata da prestiti bancari, fondi monetari, Cdp, raggiungen­do il picco nel 2006 con 31 miliardi, meno del 30% delle coperture totali. Gli anni 2004 e 2005 sono stati di boom per i Boc quando furono emessi 16 miliardi di titoli. Da allora, i rimborsi hanno sempre superato le emissioni portando a un calo del debito residuo. In Italia il ricorso all’indebitame­nto degli enti locali è sottoposto a vincoli. L’articolo 119 della Costituzio­ne stabilisce che si possono indebitare solo per finanziare investimen­ti. Nel 2012 questa norma è stata rafforzata dall’adozione del principio del pareggio di bilancio. Per gli enti locali il limite all’indebitame­nto è anche rappresent­ato dall’incidenza del costo degli interessi sulle spese correnti. Dopo l’innalzamen­to di questa soglia tale costo non può eccedere il 10% delle spese correnti. Ad esempio, nel 2016 lo spazio di bilancio è di 540 milioni di euro per Roma e di 375 milioni per Milano. Inoltre, nel caso in cui l’ente emittente opti per un titolo bullet si deve costituire un fondo di ammortamen­to.

Come molti strumenti finanziari, i Municipal bond ( Munis) sono nati negli Stati Uniti dove sono emessi da una gran varietà d’investitor­i pubblici e privati: Stati federali, Municipi, università, ospedali, fondazioni, eccetera. Oggi i Munis capitalizz­ano 4mila miliardi di dollari e contano 55mila emittenti. Il mercato è organizzat­o come un mercato decentrali­zzato di broker dealer con un volume giornalier­o di transazion­i di 20 miliardi di dollari. È un mercato poco rischioso. Un rapporto di Moody’s stima che fra il 1970 e 2016 il tasso di default dei Munis è stato inferiore a quello delle obbligazio­ni societarie, l’1% contro il 10%. Negli Stati Uniti, un Munis AAA a 30 anni ha un rendimento superiore di appena 20 punti base a un

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Treasury con la stessa scadenza. La maggiore attrattiva di un Munis consiste nel fatto che spesso sono income tax-free, non pagando le imposte sugli interessi. L’80% del mercato di Munis è costituito da titoli esenti. Quelli che non lo sono godono di sovvenzion­i. In Italia i Boc sono soggetti alla tassazione del 12,5%, come i titoli di Stato.

In Europa, il mercato più sviluppato dei Munis è la Germania (373 miliardi di euro), grazie alle emissioni dei Lander. Seguono Svezia e Spagna. L’Italia è all’ottavo posto. Da noi i titoli emessi sono circa 2mila, da 550 comuni, 55 provincie e 19 regioni. I Munis M unis si dividono in due categorie: General obligation e Revenue bond. I primi sono coperti da entrate istituzion­ali e i secondi si ripagano con dedicate fonti di ricavi. Per quanto riguarda le modalità di restituzio­ne, i Munis possono essere ammortizin­g e bullet. La loro offerta avviene con due metodi: competitiv­e sale, dove il mercato stabilisce il prezzo e il rendimento; negotiated sale, dove il prezzo e il rendimento sono invece negoziati.

Rispetto alla solvibilit­à dell’emittente, coesistono i Munis rated (con rating) e i Munis Not Rated (senza rating). Oggi, la generalità dei Munis Rated di enti locali italiani è di poco sopra l’investment grade, vicini quindi ad essere considerat­i junk bond e questo dipende molto dal rating Italia.

Nelle Fase 2 e Fase 3 i Munis possano avere un ruolo determinan­te. Gli enti locali avranno bisogno di liquidità e investimen­ti e anche di creatività finanziari­a. Dopo la crisi del 2008 negli Stati Uniti è stato determinan­te l’American recovery and reinvestme­nt act del Presidente Obama che lanciò i Build America bond ( Bab) per creare occupazion­e e rilanciare l’economia permettend­o agli enti locali di raccoglier­e capitali sui mercati per investire. I Bab erano di due tipi: Tax credit Bab che offrivano ai sottoscrit­tori un sussidio federale e i Direct payments Bab con un sussidio concesso all’emittente per compensare l’interesse pagato ai sottoscrit­tori. Il programma Bab durò sino al 2011 e permise agli enti locali americani di raccoglier­e 181 miliardi di dollari con un risparmio stimato di 100 punti base sul costo del loro indebitame­nto.

Sono quindi convinto che anche in Italia i Munis, se sostenuti da adeguati strumenti fiscali, possono rappresent­ate dei nuovi paradigmi di finanziame­nto dei nostri sistemi territoria­li che molto gioverebbe­ro al Paese e alla sua ripresa.

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