Il Sole 24 Ore

«Scudo non irragionev­ole per chi rispetta i protocolli»

Il direttore Inail Lucibello: «Non irragionev­ole l’idea di uno scudo penale» «La copertura infortunis­tica da contagio non costituisc­e una novità normativa»

- Mauro Pizzin

«Non è irragionev­ole uno scudo per chi abbia seguito i protocolli di prevenzion­e del contagio da Covid-19», così il direttore dell’Inail, Lucibello.

La possibilit­à di prevedere uno scudo penale a favore dei datori di lavoro che abbiano seguito le di-sposizioni dei protocolli di sicu-rezza del 14 marzo e del 26 aprile per la prevenzion­e del contagio da Covid-19 sui luoghi di lavoro non mi sembrerebb­e un'idea irragio-nevole, ma non può essere certo l'Inail a decidere. Nell'eventualit­à, l'Istituto sarà a disposizio­ne del decisore politico per suffragare una scelta del genere».

Il concetto è stato chiarito ieri dal direttore generale dell'Inail, Giu-seppe Lucibello, nel corso di una di-retta streaming organizzat­a dai consulenti del lavoro e tocca un te-ma che sta particolar­mente preoc-cupando it mondo imprendito­riale ora che uffici e fabbriche sono stati in parte riaperti.

L'equiparazi­one fatta dall'arti-cob 42 del decreto Cura Italia (Dl n. 18/202o) tra infortunio sul lavoro con copertura Inail e contagio da Covid-19 - questa la tesi - potrebbe condurre a sanzionare l'imprendito­re sul piano penale per i reati di lesioni in base all'articolo 590 del Codice penale e di omicidio per col-pa grave in base all'articolo 589 del Codice penale.

Un punto, quello dell'equipara-zione del contagio in occasione di lavoro a un evento infortunis­tico, su cui Lucibello si è detto stupito the qualcuno si sia sorpreso, dal momento che non rappresent­a una novità presuppost­o tecnico-giuri-dico della disposizio­ne, che è quello della equivalenz­a tra causa violen-ta, richiamata per tutti gli infortuni, e causa virulenta, costituita dal-l'azione del nuovo coronaviru­s.

«Sono cento anni - ha sottolinea-to - che in Italia i contagi sul luogo di lavoro, a partire da quelli legati alla malaria, sono assimilati agli in-fortuni. Anche ce questa fattispeci­e non fosse stata disciplina­ta con l'ar-ticolo 42, sarebbe comunque inter-venuto l'Istituto per dare un segno della nostra presenza alle categorie pat a rischio». Categorie che l'evi-denza dei numeri dimostrano esse-re più numero rispetto agli opera-tori sanitari, solo per i quali, secon-do alcuni, andrebbe applicata la presunzion­e semplice di rischio specifico - con inversione degli oneri probatori - prevista dalla cir-colare 13/2020 dell'Inail, la quale sul pinto si limita invece a indicare un elenco esemplific­ativo di lavora-tori con elevato rischio di contagio.

In data 4 maggio - ha eviden-ziato Lucibello - abbiamo contato provvisori­amente 37.352 infortu-nati da Covid-19, con 129 decessi: ebbene, rispetto ai 28.381 casi regi-strati al 30 aprile la diminuzion­e in percentual­e del peso della sanità e assistenza sociale nei contagi in occasione di lavoro indica che le categorie a rischio specifico non operano solo in quei settori. Del resto nel momento in cui l'Istituto ha lavorato a monte con il comitato tecnico-scientific­o per mettere a posto le linee guida per la riparten-za, indicando gli indici di rischio, già sapevamo che fin dall'inizio ci sarebbero state categorie partico-larmente esposte per garantire la prestazion­e dei servizi

In questo contesto complicato, secondo I direttore generale del-l'Inail appare molto problemati­co parlare di sanzioni civil e penali a carico dei datori di lavoro. «Sitratta di fare i conti con i limiti delle indi-cazioni del momento. Basti pensare che ci sono state fasi di sovrapposi-zione di prescrizio­ni nazionali, re-gionali, comunali e che talvolta le stesse non potevano essere seguite in toto perché, ad esempio, manca-vano i Dpi. Negli stessi protocolli firmati da aziende e sindacato si contano, poi, miriade di prescrizio-ni. Tutto ciò senza dimenticar­e che it contesto probatorio è ancora poco chiaro, cosi come è tutto da indaga-re l'impatto sul contagio dei cosid-detti asintomati­ci. Come Istituto, quindi, terremo conto del fenome-no pandemico ed esercitere­mo eventuali azioni di regresso solo in caso di condanna penale».

Se questo è lo scenario, si spiega perchè sia stringente la necessità di fornire garanzie certe a tutti gli im-prenditori, colpiti in termini econo-mici dall'emergenza sanitaria e che con la riapertura devono anche fare i conti con i costi per la messa in sicu-rezza di lavoratori e luoghi di lavoro.

Lo scudo penale, già evocato in un'interrogaz­ione del vicecapogr­up-po Pd alla Camera, Chiara Gribaudo (si veda it Sole 24 Ore di ieri), come anticipato, potrebbe essere la solu-zione almeno per tutti coloro i quali abbiano rispettato le (complesse) di-sposizioni contenute nel protocollo siglati tra sindacati e imprese ii 14 marzo scorso, aggiornato poi al 24 aprile. Prevedendo magari, a latere, l'istituzion­e di un fondo di risarci-mento a tutela ulteriore delle vittime.

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