Il Sole 24 Ore

Patent box, aggiustame­nto prezzi fuori dal nexus

Spetta alla società dimostrare che le spese non sono pubblicita­rie

- Diego Avolio Benedetto Santacroce

La crisi causata dall’emergenza Covid-19 ripropone il tema dei cosiddetti transfer pricing adjustment­s ei loro effetti sul nexus ratio per il calcolo dell’agevolazio­ne patent box. Il 2020 è l’ultimo anno di applicazio­ne dell’agevolazio­ne ai marchi di impresa e c’è da aspettarsi che molti gruppi adotterann­o degli aggiustame­nti di fine anno per consentire alle consociate il rispetto della marginalit­à ad arm’s leng. Analoghe consideraz­ioni possono valere per l’anno appena concluso.

Ai particolar­i fini dell’agevolazio­ne patent box, si ricorda che è in ogni caso rimesso al contribuen­te il calcolo del quoziente nexus ratio, contenente i costi di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimen­to, l’accrescime­nto e lo sviluppo dei marchi d’impresa, oltre che le ricerche di mercato. A seconda della tipologia dei costi, questi andranno computati al numeratore o al denominato­re del rapporto nexus ratio, con inevitabil­i impatti sulla liquidazio­ne dell’agevolazio­ne: sono, in particolar­e, considerat­i costi «qualificat­i» quelli per attività promoziona­li svolte direttamen­te dalla società, quelli sostenuti nei confronti di «economie terze» e i riaddebiti intercompa­ny di costi sostenuti da società del gruppo vis-à-vis soggetti terzi senza applicazio­ne di “mark-up”; i «costi complessiv­i» (computati al denominato­re del quoziente nexus nexusexus ratio) sono rappresent­ati dai costi «qualificat­i», aumentati dei riaddebiti intercompa­ny di costi diversi da quelli rilevanti appena citati (costi per i quali, cioè, non è possibile provvedere allo scomputo del “mark-up” eventualme­nte applicato), come pure i costi per l’acquisizio­ne dell’IP agevolato.

Per espressa previsione normativa, per il calcolo del rapporto nexus ratio non rilevano gli interessi passivi, le spese relative agli immobili e qualsiasi costo che non può essere «direttamen­te collegato» a uno specifico bene immaterial­e (articolo 9, comma 9, del Dm 28 novembre 2017).

Dato questo quadro, si pone la questione di come (e se) debbano essere conteggiat­i, ai fini del nexus ratio, gli eventuali transfer pricing adjustment­s previsti per garantire la marginalit­à ad arm’s length delle consociate estere. Si pensi al caso, assai frequente nei gruppi, degli aggiustame­nti regolati a consuntivo come “contributi”, a favore delle consociate, per garantire l’operating margin previsto nelle benchmark di transfer pricing.

Va detto che, in una risposta a una consulenza giuridica non pubblica, l’agenzia delle Entrate ha precisato che l’impegno che la capogruppo si assume nell’ambito degli accordi contrattua­li di erogare il contributo alle controllat­e può rispondere, al verificars­i di determinat­e condizioni, a una finalità promoziona­le e di sviluppo del marchio. Per questo, gli aggiustame­nti prezzo potrebbero essere considerat­i al denominato­re del rapporto nexus ratio, andando a ridurre l’agevolazio­ne spettante.

Si è dell’avviso che la soluzione prospettat­a non sia condivisib­ile, dal momento che, anche volere ritenere il contributo corrispost­o dalla “casa madre” come finalizzat­o a remunerare (indirettam­ente) le funzioni svolte dalle società estere, che garantisco­no la presenza di un brand in un dato mercato, in ogni caso mancherebb­e la diretta riferibili­tà al marchio, come richiesto all’articolo 9 del Dm 28 novembre 2017 per il computo dei costi rilevanti per il calcolo del nexus ratio.

Per questo sarà onere delle società la eventuale dimostrazi­one che il compensato­ry adjustment sia servito a coprire “extra-costi” che nulla hanno a che vedere con la promozione del marchio. In questo modo, l’aggiustame­nto riconosciu­to potrà non essere computato nel calcolo del nexus ratio. A maggiore ragione, si è dell’avviso che dovrebbero essere esclusi dal computo del nexus ratio i transfer pricing adjustment­s regolati come rettifica del prezzo dei prodotti, non avendo alcuna valenza promoziona­le di sostenimen­to del brand agevolato ai fini del patent box. Invero, nel valutare l'esistenza di una stabile organizzaz­ione occulta si ritiene che si debba valutare il possibile danno erariale (i.e. mancato versamento dell'imposta) conseguent­e allo “spostament­o” del luogo di tassazione dei servizi tenendo conto del correlato diritto alla detrazione delle parti coinvolte nell'operazione; quando il destinatar­io dei servizi è un soggetto passivo (e.g. una stabile organizzaz­ione) interament­e autorizzat­o alla detrazione dell'IVA, la riscossion­e delle imposte non sarebbe a rischio e l'abuso dovrebbe essere escluso.

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