Il Sole 24 Ore

Conte apre, sul tavolo le proposte di Iv: ma ora responsabi­lità

Renzi però incalza: o ci lasciano incidere o togliamo il disturbo

- Emilia Patta Manuela Perrone

La fumata bianca c’è, ma le diffidenze reciproche restano. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e la delegazion­e di Italia Viva ha sancito un’intesa di massima: le proposte economiche dei renziani, a partire dal piano choc per i cantieri per sbloccare 100 miliardi, trovano nel presidente del Consiglio «totale disponibil­ità» a essere discusse, tanto che nelle prossime ore un delegato di Palazzo Chigi lavorerà insieme ai dirigenti di Iv per stilare un documento riassuntiv­o delle priorità. Ma dal canto loro la capodelega­zione Teresa Bellanova, il coord dinatore inatore Ettore Rosato e i ca capip i - gruppo Maria Elena Boschi e Davide Faraone hanno ammorbidit­o la posizione sul Guardasigi­lli Alfonso Bonafede, pur senza aver dato a Conte la piena garanzia che al momento del voto della mozione di sfiducia presentata dalla Lega i senatori renziani si accoderann­o al resto della maggioranz­a.

«Non possiamo non votare una mozione che metterà in fila tutti gli errori di Bonafede che anche noi abbiamo rilevato - spiega uno dei partecipan­ti alla riunione - senza avere prima almeno un segnale concreto di cambiament­o di passo anche sulla giustizia: la prescrizio­ne, il nuovo decreto allo studio per le scarcerazi­oni, i processi rapidi, la gestione delle carceri...».

La tregua è dunque fragile e ancora armata. Da qui una certa irritazion­e del premier, che non a caso al termine del confronto ha richiamato il Governo e le forze di maggioranz­a «a operare con grande responsabi­lità, che deve essere superiore a quella richiesta a tutti i cittadini visti i compiti istituzion­ali, per arrivare alla sintesi più efficace e lungimiran­te per far ripartire il Paese e rilanciare l’economia». La sfida del premier è quella di non lasciarsi logorare dalle minacce e dagli attacchi dell’alleato, che però ha gioco facile davanti a un M5S diviso e sempre sul punto di implodere. Dal tema della regolarizz­azione dei migranti al Mes, il partito di maggioranz­a relativa che dovrebbe rappresent­are la sponda più solida del premier appare invece l’anello debole. Il passaggio in Parlamento sul ricorso al Fondo Salva-Stati, se davvero sarà disegnato oggi dall’Eurogruppo senza monitoragg­io e senza condiziona­lità macroecono­miche come assicurato dai commissari Dombrovski­s e Gentiloni, rischia di rivelarsi decisivo per la conta all’interno della maggioranz­a. Perché più di un dirigente pentastell­ato pensa che al momento del voto sarà inevitabil­e perdere qualche pezzo.

Ecco perché la sentinella più forte di Conte resta il Pd di Nicola Zingaretti e Roberto Gualtieri. «Se questo Governo non ce la fa - ha avvertito ieri il segretario dem - vedo difficile che si possa riproporre una maggioranz­a diversa: c’è solo il voto». Un’opzione a cui invece Matteo Renzi non crede. Ma l’insofferen­za dell’ex premier nei confronti del Governo è arrivata al limite. «Non dobbiamo decidere noi su tutto, ci mancherebb­e, ma almeno dobbiamo essere messi nelle condizioni di poter incidere sull’azione di governo», è il ragionamen­to di Renzi a fine serata. «Non possiamo accettare la sovietizza­zione delle imprese ed è fondamenta­le far ripartire i cantieri. Ci sono più di 100 miliardi da spendere e noi stiamo dietro ai congiunti e ai runners. Se possiamo essere incisivi bene, altrimenti togliamo il disturbo». In realtà Renzi è convinto che l’operazione “responsabi­li” non è mai veramente decollata e che Conte ha capito che senza Iv non c’è maggioranz­a.

A Palazzo Chigi si fa presente che è massima la condivisio­ne della necessità di fornire risposte urgenti al Paese. Senza però dover sottostare a una raffica quotidiana di ricatti. Per questo Conte pensa a una sorta di patto per continuare la legislatur­a. È anche una risposta a Leu che, per bocca del senatore Francesco Laforgia, chiede «una verifica seria sul progetto che ci tiene insieme».

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