Conte apre, sul tavolo le proposte di Iv: ma ora responsabilità
Renzi però incalza: o ci lasciano incidere o togliamo il disturbo
La fumata bianca c’è, ma le diffidenze reciproche restano. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e la delegazione di Italia Viva ha sancito un’intesa di massima: le proposte economiche dei renziani, a partire dal piano choc per i cantieri per sbloccare 100 miliardi, trovano nel presidente del Consiglio «totale disponibilità» a essere discusse, tanto che nelle prossime ore un delegato di Palazzo Chigi lavorerà insieme ai dirigenti di Iv per stilare un documento riassuntivo delle priorità. Ma dal canto loro la capodelegazione Teresa Bellanova, il coord dinatore inatore Ettore Rosato e i ca capip i - gruppo Maria Elena Boschi e Davide Faraone hanno ammorbidito la posizione sul Guardasigilli Alfonso Bonafede, pur senza aver dato a Conte la piena garanzia che al momento del voto della mozione di sfiducia presentata dalla Lega i senatori renziani si accoderanno al resto della maggioranza.
«Non possiamo non votare una mozione che metterà in fila tutti gli errori di Bonafede che anche noi abbiamo rilevato - spiega uno dei partecipanti alla riunione - senza avere prima almeno un segnale concreto di cambiamento di passo anche sulla giustizia: la prescrizione, il nuovo decreto allo studio per le scarcerazioni, i processi rapidi, la gestione delle carceri...».
La tregua è dunque fragile e ancora armata. Da qui una certa irritazione del premier, che non a caso al termine del confronto ha richiamato il Governo e le forze di maggioranza «a operare con grande responsabilità, che deve essere superiore a quella richiesta a tutti i cittadini visti i compiti istituzionali, per arrivare alla sintesi più efficace e lungimirante per far ripartire il Paese e rilanciare l’economia». La sfida del premier è quella di non lasciarsi logorare dalle minacce e dagli attacchi dell’alleato, che però ha gioco facile davanti a un M5S diviso e sempre sul punto di implodere. Dal tema della regolarizzazione dei migranti al Mes, il partito di maggioranza relativa che dovrebbe rappresentare la sponda più solida del premier appare invece l’anello debole. Il passaggio in Parlamento sul ricorso al Fondo Salva-Stati, se davvero sarà disegnato oggi dall’Eurogruppo senza monitoraggio e senza condizionalità macroeconomiche come assicurato dai commissari Dombrovskis e Gentiloni, rischia di rivelarsi decisivo per la conta all’interno della maggioranza. Perché più di un dirigente pentastellato pensa che al momento del voto sarà inevitabile perdere qualche pezzo.
Ecco perché la sentinella più forte di Conte resta il Pd di Nicola Zingaretti e Roberto Gualtieri. «Se questo Governo non ce la fa - ha avvertito ieri il segretario dem - vedo difficile che si possa riproporre una maggioranza diversa: c’è solo il voto». Un’opzione a cui invece Matteo Renzi non crede. Ma l’insofferenza dell’ex premier nei confronti del Governo è arrivata al limite. «Non dobbiamo decidere noi su tutto, ci mancherebbe, ma almeno dobbiamo essere messi nelle condizioni di poter incidere sull’azione di governo», è il ragionamento di Renzi a fine serata. «Non possiamo accettare la sovietizzazione delle imprese ed è fondamentale far ripartire i cantieri. Ci sono più di 100 miliardi da spendere e noi stiamo dietro ai congiunti e ai runners. Se possiamo essere incisivi bene, altrimenti togliamo il disturbo». In realtà Renzi è convinto che l’operazione “responsabili” non è mai veramente decollata e che Conte ha capito che senza Iv non c’è maggioranza.
A Palazzo Chigi si fa presente che è massima la condivisione della necessità di fornire risposte urgenti al Paese. Senza però dover sottostare a una raffica quotidiana di ricatti. Per questo Conte pensa a una sorta di patto per continuare la legislatura. È anche una risposta a Leu che, per bocca del senatore Francesco Laforgia, chiede «una verifica seria sul progetto che ci tiene insieme».