Colf e badanti, mille euro in due mesi
Ma bisogna avere uno o più contratti di durata superiore alle 10 ore settimanali
Un indennizzo di 500 euro mensili, per due mensilità, destinato a colf e badanti regolari, a condizione che non siano conviventi con la famiglia datrice di lavoro. Con due “paletti”: i lavoratori domestici devono avere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro di durata complessiva superiore alle 10 ore settimanali. E deve esserci una comprovata riduzione di almeno il 25% dell’orario complessivo di lavoro, rispetto alla situazione preemergenza Covid.
Questa è l’ipotesi prevalente tra i tecnici del governo che hanno in mano il dossier “colf e badanti” nel decreto Ripresa. Le indennità che riguardano i mesi di aprile e maggio, con ogni probabilità saranno erogate, rispettivamente, nei mesi di maggio e giugno.
In precedenza questa ipotesi era affiancata da un’altra opzione con un doppio canale inserita anche nella bozza del Dl che però, ieri, sembrava essere stata abbandonata.
Prevedeva per i mesi di aprile e maggio il riconoscimento di un’indennità mensile di 400 euro per i lavoratori domestici con uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva fino a 20 ore settimanali, e di 600 euro sopra le 20 ore settimanali.
Resta confermato il principio che le indennità non concorrono alla formazione del reddito, non spettano ai pensionati, e non sono cumulabili con i diversi bonus del Dl Cura Italia, né con la Naspi, o con il reddito di emergenza che viene istituito con lo stesso decreto legge. Le domande potranno essere presentate presso i patronati, o sul sito dell’Inps. È stata dunque definitivamente abbandonata l’ipotesi di consentire anche al lavoro domestico l’utilizzo della cassa integrazione in deroga, sia pure in forma semplificata, caldeggiata in un primo momento dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, perché comporterebbe tempi lunghi, con il rischio di lasciare colf e badanti senza sostegno fino all’estate. Da ricordare che il lavoro domestico, pur essendo considerato dai Dpcm un’attività essenziale, dispensata dunque dal lockdown, oltre a non avere la protezione degli ammortizzatori sociali prevista per gli altri lavoratori dipendenti, non beneficia neanche del blocco dei licenziamenti introdotto dal Dl 18 e prorogato dal nuovo Dl. Le associazioni datoriali e i sindacati di categoria, in un avviso comune hanno sollecitato il superamento di una previsione normativa contenuta nel Dl 18 considerata «incomprensibile e discriminante», garantendo «pari diritti e pari dignità ai lavoratori domestici».
Fin qui abbiamo citato le misure di sostegno in costanza di rapporto di lavoro. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, invece, per licenziamento o dimissioni per giusta causa, a colf e badanti viene riconosciuta la Naspi per un massimo di 2 anni, se hanno lavorato per almeno 30 giorni negli ultimi 12 mesi ed hanno maturato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni. Vale la pena ricordare che sono 859mila i lavoratori domestici regolari in Italia (il 53% colf e il 47% badanti) su un totale di 2 milioni di lavoratori, di cui circa 150mila privi di permesso di soggiorno. Il tasso di irregolarità nel settore riguarda il 58% della forza lavoro.
I lavoratori domestici potranno presentare le domande per il sussidio presso i patronati o sul sito dell’Inps
Per avere il sussidio deve esserci una riduzione di almeno il 25% dell’orario complessivo di lavoro