L’industria del credito alza la diga anti Covid
Le principali banche hanno annunciato accantonamenti per oltre 2,7 miliardi
La cattiva notizia è che all’orizzonte sta arrivando una tempesta che si profila a dir poco violenta. Quella buona, se si guarda il fronte bancario, è che le banche, pur con le dovute sfumature, sembrano attrezzate a resistere all’impatto più violento, a meno di ulteriori peggioramenti che non sono peraltro da escludere.
Questo, almeno, è ciò che emerge dalla fotografia scattata dalla prima trimestrale rilasciata dalle banche italiane questa settimana. Il quadro, va sottolineato, è parziale, perché risente solo in parte – per il mese di marzo - del prolungato lockdown protrattosi sin dalla fine di febbraio. Ma tanto basta per permettere agli istituti di accantonare fondi sulla base delle stime del cosiddetto costo del rischio di credito, ovvero il rapporto tra il fondo rischi sugli impieghi e gli attivi ponderati in base al rischio di credito.
In questi giorni le principali banche quotate hanno annunciato di aver messo da parte o programmato accantonamenti per oltre 2,7 miliardi di euro: una cifra che andrà ad erodere specularmente gli utili dell’anno. A partire è stata UniCredit che ha varato extra coperture per 900 milioni di euro proprio per proteggersi dagli effetti del Covid-19. Intesa, da parte sua, ha contabilizzato coperture supplementari nel trimestre per 300 milioni ma ha già avvertito il mercato di avere a disposizione un buffer complessivo di 1,5 miliardi per i futuri impatti generati dalla pandemia. Più contenuti (in termini assoluti) ma comunque significativi (in termini relativi) anche gli accantonamenti delle altre banche: si va da 50 milioni extra di Bper ai 193 di Mps, dai 70 di Banco Bpm ai 50 di Ubi fino agli 8 del Creval.
I conteggi sulle perdite attese, va detto, sono ancora in divenire. E si faranno più precisi nei prossimi trimestri, in particolare nel secondo e terzo, quando i contorni della crisi sanno più definiti. Di certo c’è che per ora le previsioni sul costo del rischio atteso variano, e non poco, tra banca e banca. Basta guardare al differente approccio di Intesa e UniCredit. Entrambi, va detto, si sono messi subito pancia a terra per tutelari i bilanci dall’inevitabile ondata di default che arriverà. Ma lo hanno fatto sulla base di stime molto divergenti sulla rischiosità del proprio portafoglio e di visioni diverse sul calo del Pil italiano.
Intesa ad esempio ipotizza un costo del credito fino a 90 punti base, sulla prospettiva del delta di Pil perso tra il 2020 (con stime comprese tra -8 e -10,5%) e il 2021 (+4,5% e +7%). UniCredit, da parte sua, mette in conto una rischiosità del portafoglio attorno a 100-120 punti base a livello di gruppo. Se però si guarda allo spaccato delle varie divisioni nazionali, si vede come per piazza Gae Aulenti il costo del credito in Italia schizzi a quota 200-240 punti base: più del doppio di Intesa. Una differenza che emerge chiara anche nelle stime del Pil: la banca di Jean Pierre Mustier ipotizza che il nostro paese possa perdere ben il 15% del proprio Pil nel 2020.
Si capirà solo nei prossimi trimestri quale tra i due gruppi avrà avuto più cura nel calibrare le stime. Di certo anche le altre banche si muovono in ordine sparso, sebbene in una fascia compresa tra i 70 e i 90 punti base. Si va dai 73 punti base di Ubi ai 79 di Banco Bpm, dai 77 del Creval agli 83 di Mps fino a 110 di Bper.
Se si guarda agli anni della crisi più recente, si vede come il costo del rischio del credito in Italiano, secondo i calcoli di Mediobanca Securities, sia oscillato in media attorno i 160 punti base tra il 2011 e il 2013. Va detto che rispetto ad allora le banche hanno fatto progressi sulle maggiori coperture e il maggior livello di pulizia dei portafogli: un dettaglio non da poco, che potrebbe aiutare a contenere i danni. Inoltre, le moratorie in atto e i provvedimenti della Vigilanza Bce sul fronte prudenziale e dell’Ue sull’allentamento dei principi contabili Ifrs9, potrebbero depotenziare l’incremento dei flussi dei crediti da performing a non performing. Di quanto, e fino a quando, però, lo dirà solo il tempo.