Mafiosi scarcerati, posizione rivista ogni mese
Il Dl Bonafede ieri al Cdm: decideranno i magistrati di sorveglianza
Ogni mese i magistrati di sorveglianza rivaluteranno la posizione di chi, condannato definitivamente per reati di mafia, è stato scarcerato e destinato alla detenzione domiciliare per l’emergenza sanitaria. Ogni mese altrettanto farà il pubblico ministero per chi ha visto sostituire la misura cautelare della detenzione con quella degli arresti domiciliari, sempre per effetto del’epidemia da Covid-19. E poi colloqui fino al 30 giugno via video o telefono, fatto salvo il diritto ad almeno un colloquio al mese in presenza. Questi i contenuti principali dei 7 articoli del decreto legge esaminato ieri sera dal Consiglio dei ministri per affrontare il nodo scarcerazioni provocato dall’emergenza sanitaria.
Il provvedimento, frutto delle mediazione tra le forze di maggioranza e un confronto con il Quirinale, interviene per consentire un nuovo esame della posizione degli aderenti alla criminalità organizzata o organizzazioni terroristiche che, già condannati definitivamente oppure ancora imputati ma in detenzione preventiva, sono stati scarcerati sulla base delle condizioni sanitarie determinate anche dal coronavirus.
La situazione, cavalcata dalle opposizioni che hanno presentato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, è precipitata quando il 21 marzo scorso il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (il cui direttore è stato poi sostituito), ha inviato una circolare ai direttori delle carceri invitandoli a segnalare all’autorità giudiziaria i detenuti a rischio Covid. I giudici hanno iniziato a disporre i domiciliari anche per detenuti per mafia, con problemi di salute, verificata l’assneza di posti idonei nei centri sanitari penitenziari.
Alla fine, ad avere beneficiato della scarcerazione sono stati 376 detenuti per reati gravi (155 condannati, 196 imputati; 21 in affidamento ai servizi sociali e 4 con esecuzione presso il domicilio di pene inferiori all’anno), solo 3 di questi erano al 41 bis.
Il decreto ovviamente distingue la posizione dei condannati a titolo definitivo da quella di chi è ancora in attesa del giudizio finale. Identico però l’obiettivo: mettere nelle mani dell’autorità giudiziaria, sia essa rappresentata dal magistrato di sorveglianza piuttosto che dal pm, la riconsiderazione delle ragioni sanitarie che hanno determinato la momentanea cessazione della detenzione a fare data dal 1°febbraio. E questo sulla base di almeno 2 elementi: da una parte la permanenza delle ragioni legate al Covid-19, in una fase di attenuazione dell’emergenza, dall’altra la verifica sulla disponibilità di posti disponibili nei reparti di medicina protetta presso le carceri. In quest’ultimo caso, tra l’altro, è anche possibile un anticipazione dei termini di effettuazione della verifica rispetto al primo, che sarà di 15 giorni, e a quelle successive, mensili. Nel caso dei condannati al 41 bis sarà necessaria anche l’acquisizione del parere della procura distrettuale antimafia e di quella nazionale.
Il decreto interviene poi su un altro tema sensibile nelle carceri, i colloqui, che, dal 19 maggio al 30 giugno, potranno essere svolti a distanza. Il direttore del carcere, dopo avere sentito le autorità sanitarie locali, determinerà il numero massimo di colloqui da svolgere in presenza, restando fermo il diritto del detenuto a potere usufruirne di almeno uno al mese.