Forti tensioni nel governo, slitta il varo del decreto
Il malumore filtra secco in serata da un big del M5S al Governo: «C’è caos ovunque, non si può fare un decreto così». È l’ennesima giornata di tensioni nella maggioranza, con il provvedimento per il rilancio lievitato a 258 articoli, un pre-Consiglio dei ministri che doveva tenersi alle 17 e che invece slitta a oggi alle 11, con l’intento di convocare il Cdm alle 19. Sempre se saranno superate le fibrillazioni residue dopo la schiarita giunta con l’annuncio del ministro dem dell’Economia, Roberto Gualtieri, ospite in Tv da Fabio Fazio, di un intervento sull’Irap richiesto a gran voce da Italia Viva ma anche da M5S e Pd: «Abboneremo il saldo e l’acconto dell’Irap di giugno alle imprese che hanno avuto un danno evidente». E sul Mes, che continua ad agitare il sonno Cinque Stelle, Gualtieri rilancia: «Le uniche condizioni sono che i fondi si usino per la spesa sanitaria diretta e indiretta: controllo e monitoraggio saranno solo a questo scopo».
Consapevole che dalla manovra monstre dipenderà il destino della fase 2 e il giudizio sulla capacità del Governo di fornire risposte a un sistema produttivo in ginocchio, il premier Giuseppe Conte tenta un’accelerazione sin dal mattino di ieri, di sponda con Gualtieri. La bozza del decreto Rilancio si diffonde dopo essere stata recapitata ai ministri e ai tecnici alle 9.30 del mattino e da Palazzo Chigi si prova a far saltare la riunione con i capidelegazione per velocizzare i tempi. Ma ai partiti della maggioranza è subito evidente la difficoltà di analizzare l’enorme mole di norme. I renziani stoppano la fretta: «In un Paese serio un testo di 258 articoli ha bisogno di più di poche ore per essere messo a punto e approvato». Anche nel M5S ci sono mal di pancia. Risultato: la riunione tra Conte e i capidelegazione non solo si svolge, ma si trasforma in un vertice fiume.
Attorno a un tavolo il premier, Gualtieri e i ministri Alfonso Bonafede (M5S), Dario Franceschini (Pd), Teresa Bellanova (Iv) e Roberto Speranza (Leu) cercano di trovare la quadra. Molte richieste riguardano ancora gli aiuti alle imprese. Troppo lasca, sostengono i pentastellati, la norma sul soccorso Cdp alle aziende con fatturato superiore a 50 milioni: «Non si può rinviare tutto ai decreti attuativi». Pure gli altri articoli sono bollati come «confusi, arzigogolati». Nel mirino finisce il rafforzamento patrimoniale delle imprese tra 5 e 50 milioni di fatturato, nella formula del “pari passu”, che il M5s ritiene complessa e poco efficace per un’applicazione immediata e che per Iv è indigeribile, ma che Gualtieri difende: «Non rinunciamo all’idea di dare un indirizzo su dove vuole andare il Paese, più digitale e più sostenibile».
Per il M5S parte di quelle risorse può essere dirottata invece proprio verso la sospensione temporanea dell’Irap. Misura, questa, che va nella direzione auspicata dal presidente designato di Confindustria, Caro Bonomi. Un alleato certo sul taglio dell’Irap, anche parziale, e sulla cancellazione di qualsiasi intervento dello Stato nel capitale delle imprese, è il partito di Matteo Renzi, che incalza anche sull’aumento dei ristori a fondo perduto e dei fondi per turismo e famiglie.
Dove renziani e Cinque Stelle tornano a dividersi è sul reddito d’emergenza, inviso a Iv, che chiede anche di includere le scuole paritarie tra le destinatarie dei fondi per attuare le misure anti-contagio. E il M5S parte lancia in resta contro le garanzie e le agevolazioni fiscali previste per gli acquirenti di piccoli istituti sotto i 5 miliardi di attività che dovessero essere sottoposti a liquidazione coatta amministrativa. «Sono soldi che bisogna stanziare adesso?», domandano i pentastellati. Tutto mentre l’opposizione di centrodestra protesta: «Bozze confuse, basta con questo balletto in spregio al Parlamento».