Borsa, voto multiplo per frenare la fuga dei big
Il decreto Rilancio allarga alle quotate la possibilità di emettere azioni speciali La bozza prevede l’assenso delle minoranze anche in caso di trasloco oltreconfine
Azioni a voto plurimo anche per le società quotate a Piazza Affari? La previsione è contenuta all’articolo 45 di una bozza del Decreto “Rilancio”. Di fatto si tratta di un giro di vite per cercare di evitare gli spostamenti delle sedi legali delle società all’estero.
Azioni a voto plurimo anche per le società quotate? La previsione è contenuta all’articolo 45 di una bozza del Decreto “Rilancio”, che ieri ha tenuto banco nelle discussioni di notai e avvocati. Quale è lo scopo?, è l’interrogativo che era sulla bocca di tutti. Di fatto si tratta di un giro di vite contro gli spostamenti delle sedi legali delle società all’estero, anche se lo strumento potrebbe prestarsi al caso di conversione dei crediti delle banche in equity o all’intervento di un fondo statale/di Cdp a sostegno di aziende che la pandemia ha messo in difficoltà. Tuttavia le misure ipotizzate nella bozza del decreto non individuano corsie preferenziali - come è stato fatto in Germania per agevolare l’intervento del fondo di sostegno della Cdp tedesca - né pongono limiti temporali alle innovazioni previste, che diventerebbero definitive con la conversione in legge del provvedimento.
Le azioni a voto plurimo sono azioni speciali, che attribuiscono al possessore fino al triplo dei diritti di voto, sono emesse a favore di un particolare azionista o di una particolare categoria di azionisti e sono trasferibili. Finora la facoltà di emettere queste azioni speciali era riservata alle società quotande, ma non era prevista per le società già presenti in listino, dal momento che le azioni a voto plurimo alterano i rapporti di forza nell'azionariato a favore di chi le detiene.
La relazione di accompagnamento però ne motiva la proposta con l’esigenza di allineare il nostro ordinamento a quello di altri Paesi che hanno attratto società italiane anche grazie alla «possibilità di avvalersi di un regime giuridico favorevole alla previsione, diretta o indiretta, di azioni a voto plurimo». Sinora per le quotate,a differenza delle non quotate per le quali l’ammissibilità è risalente e disciplinata dall’articolo 2351 del Codice civile, era possibile “solo” l’emissione di azioni ordinarie con possibile maggiorazione del diritto di voto (doppio in questo caso), ma solo nel caso di possesso continuativo da parte del medesimo soggetto per almeno 24 mesi, con contestuale iscrizione all’elenco dedicato. Azioni che però perdevano il diritto alla maggiorazione al momento della loro eventuale cessione. Al di fuori di questo caso, nessuna deroga alla regola base «one share one vote».
La strada scelta quanto alla procedura di approvazione, nell’ipotesi delineata nella bozza di decreto, è stata quella di ammettere la massima libertà statutaria - precisando che «gli statuti non possono tuttavia disporre la maggiorazione del voto in dipendenza del possesso delle azioni in capo al medesimo soggetto o di altre condizioni non meramente potestative concernenti il titolare delle azioni» (in sostanza, il principio è che non si possono sommare i privilegi) - bilanciandola però con l’applicazione del «whitewash» per la tutela delle minoranze. Così, per fare passare la delibera istitutiva della categoria speciale delle azioni a voto plurimo, secondo le previsioni dell’articolo in bozza, sarebbe necessario l’ok della maggioranza delle minoranze, purchè presenti in assemblea con almeno il 10% del capitale.
Ma in più il comma 3 dell’articolo in bozza prevede che il whitewash si applichi «anche alle deliberazioni in forza delle quali il medesimo effetto consegua direttamente o indirettamente, anche mediante fusione o scissione, a un’operazione in esito alla quale la società trasferisca la sede sociale all’estero». Cioè, se il trasloco all’estero è motivato dall'interesse alle azioni a voto plurimo, occorre l’ok degli azionisti di minoranza.
Considerato che comunque l’emissione di azioni a voto plurimo fa scattare il diritto di recesso, il meccanismo di whitewash potrebbe rivelarsi un ostacolo difficile da saltare non solo per chi sta già facendole valige, ma anche per chi volesse approfittare del nuovo strumento. Da considerare anche il profilo dell’Opa: superare la soglia grazie alle maggiorazioni di voto farebbe scattare l'offerta obbligatoria. Tutti aspetti che forse meriterebbero di essere chiariti per non rischiare di intralciare anche eventuali iniziative a sostegno delle aziende.
Il trasloco di Mediaset ad Amsterdam non sarebbe mai stato approvato se le disposizioni ipotizzate oggi fossero state in vigore, perchè Vivendi - con la quale è in atto una contesa che risale ancora al mancato acquisto di Premium da parte dei francesi, storia del 2016 - avrebbe avuto il coltello dalla parte del manico per bloccare il Biscione. In mezzo al guado adesso c’è Campari, alle prese con la risposta degli azionisti al recesso (risultato non ancora comunicato) che potrebbe provocare la convocazione di un’altra assemblea per annullare la delibera di spostamento della sede in Olanda.