La crisi Covid-19 unisce il Paese, ma al Sud ripresa più dura
Secondo l’analisi dello Svimez il lockdown ha già generato una zavorra di 47 miliardi al mese
Una «recessione di dimensioni storiche», come l’ha definita la Commissione Ue, con un crollo del Pil del 7,4% nella Ue quest’anno. Per l’Italia, primo Paese europeo contagiato, il tonfo sarà del 9,5%, con la prospettiva di una risalita molto lenta.
Recupero difficile
Uno shock congiunto di domanda e offerta ha colpito al cuore il made in Italy e si è propagato in modo trasversale su settori, territori, imprese e lavoratori. «L’emergenza sanitaria - dice il presidente di Svimez Adriano Giannola - ha inteerssato maggiormente la parte settentrionale del Paese, ma il Mezzogiorno, che non si è mai del tutto risollevato dalla crisi del 2008, rischia di accusare una maggiore debolezza nella fase di ripresa. La situazione è drammatica e per recuperare completamente terreno serviranno almeno dieci anni al Nord e venti al Sud».
Secondo l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno il lockdown ha già generato un conto salato per le imprese - pari al 3,1% del Pil - che agirà da zavorra per un bel po’: 37 miliardi al mese in termini di valore aggiunto “persi” al Centro-Nord e 10 al Sud. In media pro capite significa rispettivamente mille euro nelle regioni settentrionali, 951 in quelle centrali e 473 euro nel Sud.
Restringendo il focus sulle Regioni, l’assegno più consistente è quello della Lombardia (10,7 miliardi). Seguono Veneto (4,9 miliardi) e Lazio (4,5 miliardi). Pesanti anche i contraccolpi per gli autonomi e le partite Iva, che lo Svimez quantifica in 25,5 miliardi di fatturato in meno in due mesi. Per queste categorie sono stati registrati cali significativi dei ricavi non solo in Lombardia (-4,2 miliardi) e Veneto (-2,3 miliardi), ma anche in Campania e Lazio, entrambe a -2,1 miliardi, lo stesso livello dell’Emilia-Romagna.
Impatto economico e sociale
A unire tutto il territorio, da Vetta d’Italia a Lampedusa, sarà l’impatto economico e sociale, effetto collaterale di una crisi senza precedenti,che sta portando a galla vulnerabilità latenti, in particolare al Sud. Come il rischio di default, con le imprese del Mezzogiorno che hanno una probabilità di quattro volte superiore a quelle del Nord. Le nubi sono fitte anche sulle prospettive per l’occupazione. La maggiore fragilità e precarietà del mercato del lavoro meridionale rende più difficile assicurare una tutela a tutti i lavoratori, precari, temporanei, intermittenti o in nero, con impatti rilevanti sulla tenuta sociale dell’area.
«Le misure a sostegno della liquidità rappresentano un importate passo avanti - dice Giannola - ma per uscire dall’impasse bisogna superare il tradizionale dualismo territoriale e ragionare in un’ottica di sistema Paese. A partire dai punti forza, come la riscoperta della centralità del Mediterraneo, attraverso un rilancio delle quattro Zone economiche speciale nei porti di Napoli, Gioia Tauro, Bari e Taranto. E spingendo l’acceleratore sulle reti transeuropee dei trasporti per completare i collegamenti con gli altri Paesi europei».
Le aziende del Mezzogiorno hanno una probabilità di default quattro volte superiore a quelle del Nord
Sei regioni sotto stress
Il Cerved, che ha passato in rassegna circa 230 settori industriali del made in Italy per misurare l’impatto del coronavirus, stima una perdita di fatturato complessivo del 17,8% quest’anno. Un vero e proprio tonfo, se si pensa che in assenza della pandemia la crescita complessiva dei ricavi sarebbe stata dell’1,7%. L’emergenza sanitaria ha modificato completamente lo scenario.
In sei Regioni (Basilicata, Abruzzo, Sardegna, Piemonte, Valle d’Aosta e Lazio), il calo stimato del fatturato è superiore al 20 per cento .«Le prime tre - spiega il responsabile dell’ufficio studi Guido Romano - subiscono gli effetti della crisi che ha colpito pesantemente la filiera dell’auto, mentre le altre aree pagano l’impatto sul turismo e le strutture ricettive, oltre al contraccolpo sui trasporti e l’energia». Nelle altre Regioni va un po’ meglio, ma il calo sarà comunque a doppia cifra.
Nel biennio 2020-2021 la perdita di fatturato più consistente (in valore) si osserverà in Lombardia (-182 miliardi) e nel Lazio (-118 miliardi). «Nessuna regione - sottolinea Romano - sarà in grado di recuperare i livelli di fatturato preCovid nel 2021». L’aggiornamento delle stime sarà disponibile nei prossimi giorni ma potrebbe portare a uno scenario a tinte ancora più fosche. Soprattutto se la fase 2, appena cominciata, non dovesse portare i risultati attesi.