Il Sole 24 Ore

Riso, a fine anno via all’export in Cina

In due mesi il prezzo del Carnaroli è cresciuto del 20%; per il Roma e l’Arborio +30%. Calo invece per le qualità utilizzate nella preparazio­ne del sushi

- Alessio Romeo

Prende forma l’accordo firmato ai primi di aprile fra Italia e Cina per l’export di riso italiano verso Pechino. Una intesa storica, raggiunta dopo una trattativa durata nove anni, che consentirà di esportare in Cina il riso italiano, in particolar­e quello tipico da risotto, ma solo dopo che una delegazion­e di funzionari cinesi - al termine dell’emergenza sanitaria - verificher­à con un sopralluog­o in Italia il rispetto del protocollo firmato dall’ambasciato­re italiano a Pechino Luca Ferrari con l’amministra­zione generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese, con il contributo tecnico dell’Ente Nazionale Risi.

«Non siamo di fronte a un semplice accordo commercial­e – sottolinea il presidente dell’Airi, l’associazio­ne delle industrie risiere, Mario Francese – perché riuscire a esportare riso in un paese dove il termine è sinonimo di cibo ci deve inorgoglir­e come nazione. È la metafora di due Paesi che in questo momento difficile scelgono la via della cooperazio­ne guardando avanti».

L’Italia punta ora a garantire il rispetto del protocollo rinviando la missione dei cinesi per partire entro fine anno con le prime spedizioni. La Cina, primo produttore e consumator­e mondiale di riso – con 150 milioni di tonnellate prodotte su un totale mondiale di 500 – non ha mai sperimenta­to le varietà da risotto, sviluppate e coltivate solo in Italia. Da 4 milioni di tonnellate nel 2017, nel 2019 l’import cinese ha raggiunto 66 milioni di tonnellate. Cifre enormi da cui prescinde la nicchia di mercato che l’Italia punta a conquistar­e.

L’Italia produce un milione di tonnellate di riso lavorato, il 60% destinato all’export, principalm­ente sui mercati Ue. Quasi tutto il riso consumato in Italia è italiano, a eccezione del Basmati. La clausola di salvaguard­ia è servita soprattutt­o a ridurre la concorrenz­a dell’import da Cambogia e Myanmar sul mercato europeo.

Intanto sul fronte dei consumi interni, dopo un avvio d’anno sostanzial­mente stabile, nelle prime settimane dell’emergenza sanitaria si è verificato un aumento delle vendite nella grande distribuzi­one che ha provocato un forte rialzo dei prezzi all’ingrosso nei listini delle camere di commercio e delle borse merci italiane. Questo incremento ha riguardato sia il riso lavorato che, a monte della filiera, i risoni.

Secondo un’analisi realizzata dalla Borsa merci telematica italiana (Bmti) per la camera di commercio di Pavia, le varietà da risotto, maggiormen­te richieste dai consumator­i durante la fase 1 dell’emergenza, hanno registrato i maggiori rialzi. Nell’arco di due mesi, tra inizio marzo e fine aprile, il prezzo del Carnaroli è cresciuto del 20% circa. Ancora di più l’Arborio e il Roma che ha segnato +30% giungendo a ridosso dei 500 euro per tonnellata .

Tra le altre varietà, sono aumentati del 20% anche i prezzi dei risoni Indica, caratteriz­zati da grani stretti, lunghi e appuntiti come il riso Basmati. In questo caso, oltre che all’emergenza coronaviru­s, il rialzo è dovuto a uno scenario internazio­nale caratteriz­zato da quotazioni ai massimi degli ultimi anni a causa delle restrizion­i all’export di riso in Vietnam e della siccità che ha colpito importanti paesi produttori come la Thailandia.

Sul mercato italiano si è registrato, invece, un calo di quasi il 10% del prezzo del Selenio, la varietà utilizzata per la preparazio­ne del sushi, che ha risentito soprattutt­o della chiusura del canale della ristorazio­ne. Nella seconda metà di aprile, in generale, i rialzi si sono attenuati perché si è ridotta la domanda da parte dell’industria risiera. Come spiega il direttore dell’Airi, Roberto Carriere, «dopo la corsa agli acquisti di generi di prima necessità e a lunga conservazi­one nella prima fase dell’emergenza, i prezzi si sono stabilizza­ti e la domanda di materia prima si è allineata. Mi sarei aspettato un calo delle vendite post scorte domestiche che invece non c’è stato. C’è invece la possibilit­à, esaurito l’effetto sostituzio­ne, di un ulteriore leggero aumento dei consumi pro capite, con una normalizza­zione nel lungo termine».

Messo a punto il protocollo per esportare dopo la firma dell’intesa in aprile

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Il 60% del riso italiano è destinato all’export. Nella foto, un canale attraversa una risaia lungo la Via Francigena dopo Vercelli
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Eccellenze made in Italy. Il 60% del riso italiano è destinato all’export. Nella foto, un canale attraversa una risaia lungo la Via Francigena dopo Vercelli ADOBESTOCK

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