LE COLONNE D’ERCOLE DEI TASSI NEGATIVI
Per la politica monetaria i tassi negativi sono come il superamento delle Colonne d’Ercole, che finora ha però prodotto nei banchieri centrali due reazioni opposte: la Fed sembra non avere alcuna voglia di superarle; la Bce, che le ha da tempo superate, sembra non riuscire a tornare indietro. Un dilemma che per entrambe si accentuerà nei prossimi mesi, se la recessione pandemica continuerà. Nei giorni scorsi nel mercato dei titoli legato all’andamento futuro dei tassi di riferimento della banca centrale americana è emersa l’aspettativa di avere per la prima volta anche negli Stati Uniti tassi di interesse negativi. È quest’ultimo un limite che finora la Fed non ha mai voluto sorpassare, e il Presidente Powell lo ha ribadito lo scorso mercoledì. Il fatto che ora in alcuni mercati finanziari sia stata considerata la possibilità che la banca centrale americana superi le Colonne d’Ercole ha accesso l’attenzione. Anche perché dalla parte opposta dell’Atlantico la Bce sta invece navigando da sei anni nei mari dei tassi negativi. Lo stesso sta facendo la Banca centrale giapponese, nonché quelle svizzera e danese; la Banca centrale svedese ha invece terminato a dicembre la sua esperienza nei mari del tasso negativo, e sembrerebbe che, nonostante la necessità di affrontare la pandemia, non sia intenzionata a tornarci. Ma perché le Colonne d’Ercole sono così importanti?
Il modo più semplice per rispondere è concentrarsi sul ruolo che le riserve bancarie in moneta – sia essa l’euro o il dollaro – hanno sulla trasmissione della politica monetaria. Per le banche centrali è vitale essere efficaci nell’influenzare il mercato delle riserve bancarie, perché esse rappresentano l’anello di congiunzione tra l’obiettivo che la banca centrale persegue di volta in volta, l’effetto intermedio su risparmio e credito, quindi il risultato finale sulla domanda aggregata e sulla crescita economica. Ecco perché sia la Lagarde che Powell fanno molta attenzione a ciò che accade nei rispettivi mercati delle riserve bancarie.
Oltre che con le operazione dirette sui mercati finanziari, le riserve bancarie si possono influenzare definendo le condizioni a cui le banche possono variare le loro disponibilità di moneta presso la banca centrale, cioè rispettivamente la remunerazione delle riserve bancarie e il costo del credito della banca centrale, date le caratteristiche delle relative garanzie. In tempi normali, le riserve delle banche non dovrebbero essere remunerate, come non sono remunerati i contanti che ciascuno di noi ha nel suo portafoglio, mentre le banche dovrebbero pagare un costo per avere credito dalla banca centrale; questo implica che i tassi di interesse sono sempre positivi. Ma dal 2008 sono iniziati i tempi straordinari. Sia la Fed che la Bce hanno progressivamente realizzato che occorreva mettere in campo politiche monetarie eccezionalmente espansive. Ma le scelte strategiche delle due banche centrali sono state diverse. La Fed ha deciso che le Colonne d’Ercole non andavano varcate: quindi le riserve bancarie andavano remunerate, mentre il costo del credito della Fed alle banche americane andava abbassato il più possibile. Un strategia che per la Fed ha avuto il vantaggio di non correre mai il rischio di vedere le riserve bancarie flettere; il costo è che non vi è alcun incentivo per le banche di impiegare le riserve per finanziare il credito a famiglie e imprese.
La strategia della Bce è stata diversa: anche in Europa il costo del credito della Bce alle banche si è schiacciato verso il basso; ma la remunerazione dei depositi ha invece superato le Colonne d’Ercole, entrando in territorio negativo, per incentivare le banche a sostenere la liquidità di famiglie e imprese. Non solo: nella più recente evoluzione della politica dei tassi della Bce, anche il costo del credito per le banche è entrato in territorio negativo. Il problema è che superare le Colonne d’Ercole significa navigare in mari ignoti. La politica dei tassi negativi è una politica non convenzionale. In quanto tale, accentua gli effetti redistributivi dell’azione della banca centrale, compresi quelli non desiderati. Per inciso, sono quegli effetti redistributivi che hanno fatto alzare le sopracciglia – per usare un eufemismo – ai giudici della Corte costituzionale tedesca con la sua recente sentenza che mette in dubbio la legittimità della azione della Bce. La Bce ha difeso con i suoi lavori empirici l’efficacia macroeconomica complessiva dei tassi negativi, riconoscendo però allo stesso tempo che è un’efficacia che va di volta in volta verificata. Quindi le domanda diviene: per quanto tempo si può navigare in acque ignote? Le politiche non convenzionali devono essere temporalmente limitate. L’improvvisa recessione pandemica ne sta allungando l’utilizzo. Quindi la Bce non sa come e quando tornerà verso le Colonne d’Ercole; ma è convinta di non avere altra rotta, per essere fedele al mandato di tutelare la stabilità monetaria, la sua Itaca. L’Odissea continua.
BUSSOLA & TIMONE