Auto, meccanica, fiere, robotica I grandi assenti nel Dl rilancio
Per l’automotive solo mini dote sull’elettrico. Saltate le misure su Impresa 4.0 e bonus per le rassegne. Nel testo le micronorme su videogame, consulenti Mise e Tecnopolo Bologna
Export e industria.
«I ministeri hanno svuotato i cassetti». La battuta di uno dei tecnici del governo che ha lavorato in prima linea alla redazione del decreto Rilancio fotografa bene l’elefantiaco elenco di misure uscito dal consiglio dei ministri di mercoledì.
Ulteriori novità, fino alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non si possono escludere, ma si può già abbozzare un ritratto del prodotto finale: misure di supporto orizzontali, prevalentemente sussidi e riduzioni fiscali in ottica emergenziale, accompagnate da qualche micronorma già pronta e ripescata da vecchi emendamenti o provvedimenti mai approvati. Ma quasi nessun intervento verticale frutto di un ragionamento strategico sulle filiere più colpite dalla crisi. Automotive, meccanica, robotica, fiere: eccoli al momento i grandi assenti del decreto chiamato fin dal titolo a rilanciare l’economia. Le imprese di questi settori, quelle che nel 2020 saranno tra le più colpite in assoluto da un mix perverso di calo degli investimenti (-15,5% nelle previsioni Csc) e riduzioni delle esportazioni (-14%), potranno godere come tutte degli interventi su Irap, cassa integrazione, indennizzi diretti, crediti d’imposta vari ma nonostante le ipotesi pur valutate nelle settimane scorse non compaiono interventi di filiera, qualcosa per intenderci simile al propellente per l’edilizia costituito dal nuovo ecobonus al 110 per cento.
La meccanica, la robotica e le imprese a più alto contenuto innovativo, comprese quelle della moda per la ricerca che effettuano sui campionari, si erano aggrappate alla speranza di una riforma del piano Impresa 4.0, uscito molto ridimensionato dall’ultima legge di bilancio, per ipotizzare di riavviare la macchina degli investimenti nell’ultimo trimestre. Oppure, comunque, per programmare a medio termine spese con maggiori certezze visto che il programma scade a fine anno. L’intervento, pur prospettato nelle prime bozze, si è dissolto per lasciare spazio all'irrobustimento dei sussidi orizzontali. Sono state varate ricapitalizzazioni incentivate o partecipate dallo Stato per le imprese tra 5 e 50 milioni di ricavi - un intervento estremamente utile nell'ottica di contrastare l’atavica sottocapitalizzazione del sistema imprenditoriale italiano - e si è scelto in parte di legarle a percorsi di digitalizzazione e sostenibilità ambientale, senza però agire sulle misure che potrebbero favorire il raggiungimento di questo doppio obiettivo (il programma 4.0, appunto, e il piano Green new deal, ancora tutto da attuare).
Ha solo sfiorato l’ingresso nel decreto, a meno di sorprese in Gazzetta ufficiale, il potenziamento del bonus fiere, previsto dal Dl crescita del 2019 e peraltro mai entrato in vigore in attesa del provvedimento attuativo. Il supporto del sistema che fa da cinghia di trasmissione del nostro export sembra destinato a saltare mentre scatterà un nuovo finanziamento della Simest, la società del polo Cassa depositi e prestiti che, dopo la contesa con il Mef sulla gestione della Sace, è diventata sempre di più lo strumento con il quale gli Esteri vogliono sancire la loro titolarità sui fondi per l'internazionalizzazione.
Si aspetta a questo punto la versione definitiva anche per la conferma dei 100 milioni di rifinanziamento degli incentivi per auto elettriche e ibride «plug in». «Un intervento irrilevante», dice uno dei principali manager del settore: dopo i tavoli al ministero dello Sviluppo con decine di sigle le aspettative erano ben altre, soprattutto perché si iniziasse a favorire lo smobilizzo di quasi 350mila auto ferme nei piazzali dei concessionari e si discutesse anche di come rottamare le vetture più vecchie senza le ortodossie politiche che investono il futuro del diesel Euro 6.
Da questo primo ritratto, i 55 miliardi di deficit non sembrano aver prodotto le basi per ristrutturare o rilanciare alcune delle filiere più strategiche. Anche se piccolo, invece, un contributo lo hanno dato ad alcune di quelle micromisure da tempo nei cassetti: 4 milioni per lo sviluppo dei prototipi di videogiochi; 40 milioni in tre anni per il Tecnopolo di Bologna; 2,4 milioni sempre in tre anni per l’ennesima squadra di consulenti, stavolta al Mise, tra il rafforzamento dell’unità delle crisi aziendali e la ricostituzione del nucleo di esperti di politica industriale, le cui nomine a differenza del passato potranno anche saltare il passaggio delle commissioni parlamentari competenti.
Le imprese a più alto contenuto innovativo si erano aggrappate alla speranza di una riforma del piano Impresa 4.0.