Il Sole 24 Ore

La Lombardia spinge il documento unico ma teme l’isolamento

I governator­i firmano un testo con regole condivise per la riapertura

- Sara Monaci

Le Regioni per una volta sono riuscite a mettersi tutte d’accordo: le riaperture avverranno tutte allo stesso modo, con le stesse regole, da Milano a Palermo. Lo ha deciso la Conferenza delle Regioni, il cui documento è stato riversato al Consiglio dei ministri che si è riunito ieri sera per fissare le date con un decreto legge. Peraltro le attese “pagelle” del ministero della Salute hanno promosso tutte le aree, mettendo in evidenza un netto calo del coronaviru­s insieme alla sopraggiun­ta capacità dei sistemi sanitari regionali di monitorare l’andamento del contagio e intervenir­e rapidament­e.

Questo non significa che non ci potranno essere aggiustame­nti nei singoli territori, ma, come siamo stati abituati nelle ultime settimane, le Regioni potranno introdurre qualche restrizion­e in più, imporre qualche accortezza aggiuntiva, ma la cornice dei comportame­nti da tenere sarà la stessa ovunque.

Un esempio pratico: la distanza tra tavoli nei ristoranti sarà di almeno un metro. Tuttavia se nel documento congiunto delle Regioni si parla di un “invito” a rilevare le temperatur­e a dipendenti e clienti, in Lombardia dovrebbe rimanere l’obbligo imposto da un’ordinanza di pochi giorni fa. Stessa cosa per i parrucchie­ri: ovunque si lavorerà solo su appuntamen­to, con distanziam­ento di un metro tra postazioni di lavoro e « potrà essere rilevata la temperatur­a», solo che in Lombardia si dovrà misurare per forza.

L’impianto di regole e comportame­nti definiti per ristorazio­ne, attività turistiche, strutture ricettive, servizi alla persona, commercio, uffici, servizi per l’infanzia, piscine, palestre, manutenzio­ne del verde e musei sono state scritte ieri soprattutt­o per volontà della Regione Lombardia, che ha spinto affinché ci fosse un quadro generale. Molte Regioni erano infatti pronte ad andare da sole, forti del proprio trend positivo dei contagi.

La Lombardia non è però voluta rimanere indietro, col rischio di restare sola e isolata in un momento così delicato, in cui la diffusione del coronaviru­s potrebbe ancora generare nuovi focolai. La condivisio­ne delle scelte e delle responsabi­lità serve non solo - e non è poco - a rendere meno confusiona­ria la fase di riapertura, ma anche a “proteggere” la Lombardia con un ombrello di scelte condivise da tutti. Anche politicame­nte la situazione è delicata: la Lega in Lombardia rischia più che altrove di pagare il conto del Covid.

Il problema dell’isolamento lombardo tuttavia potrebbe ripresenta­rsi quando, tra due settimane, i governator­i dovranno esprimersi sulle aperture dei confini interni. Al momento il via libera è fissato per il 3 giugno, ma alcune Regioni potrebbero ipotizzare uno stop all’ingresso per i lombardi.

Nella bozza del Dl si parlava di possibili limiti agli spostament­i con provvedime­nti ad hoc e «in relazione a specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezz­a e proporzion­alità al rischio epidemiolo­gico effettivam­ente presente in dette aree » . Questo può far pensare alla possibilit­à di introdurre restrizion­i nei confronti di alcune aree. Un tema che potrebbe preoccupar­e la Lombardia, sia per i cittadini che per le attività produttive.

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