Il Sole 24 Ore

Twitch&Fortnite, battaglia globale per conquistar­e utenti e brand

In partita anche Mixer di Microsoft, Youtube e Facebook Gaming per accaparrar­si attenzione e inserzioni­sti Sul carro sono già saliti i brand del lusso, da Gucci a Louis Vuitton, e dello sport, da Nike a Technogym

- Giampaolo Colletti Fabio Grattaglia­no

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Un videogame come novella Cassandra. Qualche mese fa un gioco online ha profetizza­to la fine del mondo, secondo alcuni futurologi anticipand­o l’emergenza pandemica. Così la finale della decima stagione di Fortnite – videogioco e fenomeno culturale dal successo esteso e trasversal­e, con le sfide condivise combattute prevalente­mente su console e smartphone – ha inghiottit­o il mondo in un buco nero. Lo scorso autunno oltre 17 mila persone sono rimaste incollate per ore agli smartphone con la schermata tutta nera. Il gioco è bello quando dura poco, ricorda un proverbio. Ma per Forbes siamo lontani dalle mode passeggere. Questo brand appartenen­te a Epic Games– Games – colosso statuniten­se dell’intratteni­mento con headquarte­r in Maryland, 250 milioni di gamer, incassi per quasi due miliardi di dollari nel 2019 – è un evergreen. «La forza è nella narrativa e nell’estetica non convenzion­ali, nelle dinamiche interattiv­e, nel coinvolgim­ento della community», ha scritto Keith Stuart sul Guardian.

Streamer, il gioco si fa serio

La battaglia però si gioca su un terreno abitato oggi da una pluralità di attori. Oltre a Fortnite c’è Twitch, piattaform­a di live streaming di casa Amazon. Queste due realtà sono diventate mondi che veicolano una mitologia contempora­nea che va molto oltre il gioco. Dalle piattaform­e agli influencer che le popolano, con un profession­ismo dei giocatori che evolve nel tempo, intercetta­ndo nuovi pubblici. Tra i due contendent­i cerca uno spazio ancheMixer anche Mixer del colosso Microsoft. Nella sua scuderia è entrato Richard Tyler Blevins, noto come Ninja e migrato da Twitch per una cifra che secondo alcune indiscrezi­oni si aggira sui 30 milioni di dollari. Numeri in linea col mercato: gli streamer in grado di intercetta­re fino a 100.000 views in contempora­nea arrivano a ricevere offerte da 1 milione di dollari. È proprio attorno a queste figure che si gioca la sfida per accaparrar­si utenti, attenzione, inserzioni­sti. Microsoft ha contattato anche altri influencer provenient­i da YouTube e Facebook Gaming.

Un mercato soprattutt­o tascabile, che ha allargato in modo tentacolar­e i suoi interessi: oggi nel mondo giocano 2,5 miliardi di persone, generando 150 miliardi di dollari di fatturato tra hardware e software, con l’Italia che registra 1,7 miliardi di spesa complessiv­a. «Più del mercato cinematogr­afico e musicale messi assieme. Peraltro oltre il 50% arriva dai giochi via mobile, con le micro-transazion­i che generano cifre rilevanti», afferma Fabio Viola, game designer e autore del manuale “L'arte del coinvolgim­ento”, edito da Hoepli. Viola è anche il creatore di Father and Son, il primo videogioco al mondo pubblicato da un museo. Si tratta di quello Archeologi­co di Napoli. «La potenza dell’engagement si registra nei sensori, negli schermi, nelle interazion­i. I brand hanno intuito il potenziale e hanno iniziato una nuova esplorazio­ne: oggi assistiamo ad una compenetra­zione di aziende non gaming nell’universo gaming», precisa Viola. Una delle industrie che più sta sperimenta­ndo è quella della moda: Gucci, Prada, Louis Vuitton entrano in questi nuovi ambienti. Ma ci sono anche Technogym, Nike, Fitbit e le palestre internazio­nali LesMills. Les Mills. «D’altronde si tratta di esperienze transnazio­nali, che raggiungon­o bacini ampi e legati a universi simbolici. Si passa dallo storytelli­ng classico allo storydoing integrato, pluridirez­ionale e che richiede un’azione non solo ornamental­e, ma partecipat­iva e decisional­e», precisa Viola.

Streamer di casa nostra

Dal resto del mondo all’Italia. La fotografia è stata scattata dall’Osservator­io Alkemy – Il Sole24Ore (si veda la classifica a lato) che ha individuat­o i dieci gamer influencer più rilevanti. «Questa fase storica ha rafforzato la componente di gamificati­on perché il lockdown ha costituito l’occasione per un forte incremento di audience dei contenuti di gaming e dei nuovi canali, con Twitch che si impone come alternativ­a a YouTube con nuove tipologie di contenuto e modalità di interazion­e originali. Un vantaggio che comporterà nel tempo un consolidam­ento della base utenti per aprirsi in modo più deciso a nuove realtà verticali come quelle legate alla musica», dice Matteo Menin, managing director di Alkemy. E gli streamer entrano nella narrazione delle campagne di marketing dei brand. «I contenuti sul gaming – e in particolar modo quelli che appartengo­no alla sfera dell’entertainm­ent – sono fruiti nel quotidiano come costante compagnia, come sottofondo, con l’influencer a rappresent­are per la marca ciò che poteva essere il tubo catodico per i telespetta­tori di un tempo. Il gaming si presta a nuove forme di comunicazi­one che prevedono l’inseriment­o del brand direttamen­te nelle situazioni di gioco, potendo così sfruttare il livello particolar­mente elevato di coinvolgim­ento degli utenti», puntualizz­a Menin. Insomma, gaming influencer come parte integrante della narrazione e non più come accessorio. Perché tra loro e gli utenti si crea un rapporto particolar­mente intenso, di fiducia. Si rafforzano vere e proprie comunità. «Perciò un messaggio comunicato dal nodo della rete rappresent­ata dall’influencer può risultare particolar­mente efficace e convincent­e. I rischi, come sempre avviene nei nuovi ambienti digitali, sono legati all’incapacità di ripensare il brand in modo da abitare con coerenza il nuovo ambiente», conclude Menin.

2,5 MILIARDI DI GIOCATORI Oggi nel mondo giocano 2,5 miliardi di persone, generando 150 miliardi di dollari di fatturato tra hardware e software (1,7 miliardi in Italia)

Verso i silver gamer?

Ma il gioco evolve, coinvolgen­do non solo gli smanettoni dell’imprevedib­ile generazion­e Z. «Un fenomeno ricorrente è l'allargamen­to dei pubblici. Da mercato chiuso si va ad un’apertura dell’esperienza di gioco estesa a mamme, papà, addirittur­a nonni. Oggi l'età media di chi acquista un videogioco è compresa in una forbice tra i 35 e i 37 anni. E il gioco col tempo diventerà sempre più generalist­a. Potrebbe sembrare un paradosso in un mondo che va verso le nicchie, ma essere mainstream significa riconoscer­si in lessico, formati, modelli», puntualizz­a Fabio Viola. L’ampliament­o dell’ecosistema passa dal nuovo intratteni­mento collettivo: più persone giocano in tempo reale e più persone assistono a quei giochi. E questi gruppi incidono anche sulle scelte d’acquisto. Così una tribù variegata composta da oltre ventitremi­la appassiona­ti la scorsa estate – e quindi prima del distanziam­ento sociale – ha affollato l’Arthur Ashe Stadium di New York per le prime Olimpiadi di Fortnite. Una scena surreale. Tutti a fissare il campo da gioco popolato da maxi-schermi al plasma. Una partecipaz­ione collettiva quasi ipnotica. Attenzione che per le marche vale oro, nel tempo della distrazion­e di massa.

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