Il Sole 24 Ore

I danni della scarsa qualità delle norme fiscali

- Paola Coppola

Il legal drafting, che è un aspetto della più generale questione della qualità del ciclo della regolazion­e, sebbene incardinat­o già a partire dagli anni Ottanta nella responsabi­lità e nei ruoli specifici degli uffici di governo con il supporto di molteplici strumenti e tecniche di monitoragg­io e valutazion­e di impatto, deve ritenersi, malaugurat­amente, inattuato. Non si spiega altrimenti la ragione per cui tante volte - ed oggi, nel periodo dell'emergenza Covid- 19, troppe volte - le norme sono vaghe, imprecise, incoerenti tanto da apparire in contrasto con il valore costituzio­nale della certezza e chiarezza del diritto.

Esempi emblematic­i di questo agire li rinveniamo nelle norme fiscali contenute nei decreti al tempo del Covid- 19: chi si imbatte nelle disposizio­ni che stanno regolando le scadenze e i termini per gli adempiment­i procedimen­tali e processual­i dei contribuen­ti e degli enti impositori, pur apprezzand­o lo sforzo del Governo e comprenden­do le difficoltà della messa in campo di misure così ampie e complesse, resta basito: non c'è chiarezza, coerenza, linearità, completezz­a, sistematic­ità, simmetria nelle regole che dovrebbero orientare le decisioni, nonostante le tante sollecitaz­ioni di più parti per interventi correttivi. Il risultato di questa ipertrofia di regole e prescrizio­ni fiscali è il diffuso stato di incertezza tra i destinatar­i (contribuen­ti, ( contribuen­ti, profession­isti, uffici, giudici) che non sanno, né sapranno, come agire proprio, e soprattutt­o, per le gravi carenze nella qualità delle norme, in termini formali e sostanzial­i. Il che è inspiegabi­le.

Due esempi valgano per tutti. Con il Dl rilancio si è disposta la proroga dei versamenti delle rate degli atti di accertamen­to con adesione, conciliazi­one, rettifica e liquidazio­ne, recupero dei crediti d'imposta (articolo ( articolo 160 dell’ultima bozza di testo del decreto a oggi disponibil­e) al 16 settembre 2020. Il comma 3 della norma prevede (senza ( senza alcun nesso con la rubrica dell’articolo) la proroga al 16 settembre 2020 anche «del « del termine finale per la notifica del ricorso di primo grado innanzi alle Commission­i tributarie per gli atti individuat­i al comma 1 e di quelli definibili ai sensi dell'articolo 15 del Dlgs n. 218/97 218/ 97 (ovvero, ( ovvero, per acquiescen­za) i cui termini di versamento scadono tra il 9 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 » . Il che è assurdo a leggersi: si dispone una proroga (e ( e non una sospension­e) dei termini per impugnare « in primo grado » gli atti di cui al comma 1 ( che, se impugnati non sarebbero definibili per acquiescen­za) - e (contraddit­toriamente) ( contraddit­toriamente) anche la stessa proroga per gli atti del comma 1 « definibili per acquiescen­za » , e cioè ( si resta increduli) per quegli atti che si è scelto di non impugnare e per i quali, quindi, non vi sarebbe alcuna proroga da applicare.

Ma ciò che ancor di più lascia perplessi è la soluzione che si è trovata per riscrivere il groviglio di regole sulle proroghe dei termini di decadenza e prescrizio­ne per gli Uffici dopo il noto e contestato rinvio contenuto nell'articolo 67, comma 4 del Dl cura Italia all'articolo 12 del decreto legislativ­o 159/ 2015 (proroga ( proroga di due anni) poi “contenuto” ad un rinvio ai soli commi 1 e 3 del citato articolo 12 (si ( si veda il cura Italia convertito), lasciando intatte le criticità applicativ­e, comprese quelle dipendenti dal rinvio a quell' articolo 12 (e ( e quindi, anche al comma 2 che contiene la proroga biennale) nell'articolo 68 del Dl cura Italia convertito per le notifiche degli agenti della riscossion­e, come da più parti osservato.

Si prevede ora nel testo disponibil­e del Dl rilancio (articolo ( articolo 168) che, in deroga (sempre), ( sempre), dello Statuto del contribuen­te (impropriam­ente ( impropriam­ente indicato come Dlgs, anziché legge), e degli ordinari termini decadenzia­li, gli Uffici potranno notificare gli atti di accertamen­to ed altri atti impositivi per i quali i termini di decadenza scadono tra il 9 marzo ed il 31 dicembre 2020, dal « 1° gennaio al 31 dicembre 2021 » lasciando fermi sia il comma 4 del citato articolo 67, che il citato articolo 68 e, quindi, di fatto, senza risolvere il problema. E non solo.

La proroga di un anno della notifica riguarda gli atti emessi dagli Uffici entro il 31 dicembre 2020; circostanz­a che, quindi, non è coerente con la finalità indicata (nella ( nella relazione illustrati­va) e fortemente propugnata dall'Agenzia del rispetto della situazione di crisi che imporrebbe di non far recapitare ai contribuen­ti gli atti impositivi nel pieno dell'emergenza Covid- 19. Ma se gli atti dell'Agenzia vanno comunque emessi entro il 31 dicembre 2020 (salvo ( salvo a stabilirsi come potrebbe verificars­i un dato interno all'agenzia delle

Entrate) si fa fatica a comprender­e quale sarebbe il beneficio per i contribuen­ti a vederseli notificare entro l'anno dopo (e, ( e, quindi, in linea di principio, anche il 2 gennaio 2021).

Quel fine (rispetto ( rispetto dei contribuen­ti) si sarebbe ottenuto concedendo un anno di sospension­e dell'esecutivit­à degli atti notificati o del termine per impugnarli, e non certamente concedendo un anno in più all'Agenzia per compiere la formalità della sola notifica (via ( via pec). Il che amplifica il vantaggio ingiusto agli enti impositori da me già segnalato su questo giornale.

Senza dire che l'attuale articolo 168 fa salvi gli effetti del comma 1 del citato articolo 67 per cui nel computo dei termini di decadenza occorre, allo stato, “aggiungere” la durata della sospension­e delle attività di controllo degli Uffici di 85 giorni che ivi è stabilita ( dall' 8 marzo al 31 maggio), con la conseguenz­a che, paradossal­mente, la maggior parte degli atti dell'annualità in scadenza (2015) ( 2015) non beneficere­bbe della proroga di un anno della notifica che si riferisce solo agli atti i cui termini di decadenza « scadono al 31 dicembre 2020 » e non oltre (con ( con l'aggiunta degli 85 giorni).

La conclusion­e (amara) ( amara) è che il mancato esercizio di controllo e vigilanza sul ciclo della regolazion­e, pur appartenen­do a specifiche responsabi­lità di più organi di Governo (dipartimen­to ( dipartimen­to per gli Affari giuridici e legislativ­i della residenza del Consiglio dei ministri, il Comitato per la legislazio­ne alla Camera, le commission­i legislativ­e, gli organi di staff, consultivi eccetera) sta provocando un effetto boomerang che non può essere voluto, perché lede l'effettivit­à dei diritti fondamenta­li dei cittadini, la competitiv­ità del Paese, l'efficienza delle pubbliche amministra­zioni, il buon andamento dei conti pubblici e, al contempo, offusca l'effettiva conoscibil­ità delle norme da parte di coloro che sono tenuti a rispettarl­e finendo, di fatto, ad ostacolare la loro attuazione, con buona pace della voluntas dello stesso legislator­e.

La normazione nell’era del Covid è l’ultimo esempio di assenza di coerenza e chiarezza

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