Finanza innovativa e vendemmie verdi per salvare il vino
Le tessere singolarmente ci sono tutte dalla distillazione alla vendemmia verde, dalla promozione all’e-commerce ai tagli Iva fino alla finanza innovativa, ma si fa fatica a intravedere il mosaico. È questa la situazione del vino italiano, primo settore per fatturato e per export dell’agroalimentare made in Italy, in grave crisi di liquidità soprattutto a causa della serrata della ristorazione italiana e internazionale (che sta frenando le esportazioni).
In questi difficili mesi di lockdown se i consumi delle famiglie sono stati garantiti dalla grande distribuzione e da un positivo incremento delle vendite online e del delivery, d’altro canto lo stop a bar, ristoranti ma anche all’enoturismo ha azzerato le vendite per molte cantine che producono etichette di fascia medio alta con conseguenti stock di invenduto in cantina.
Ma andiamo con ordine. Nel decreto Rilancio appena varato ci sono 100 milioni di euro per la vendemmia verde, ovvero per la riduzione volontaria delle rese. In sostanza sarà sostenuto il taglio dei grappoli in campo prima della loro maturazione in modo da produrre di meno. Sempre nell’ottica di contenimento dell’offerta, va ricordato che al decreto Liquidità (in via di conversione) è stato presentato un emendamento “segnalato” che prevede la riduzione delle rese produttive per i vini generici, quindi per i vini da tavola.
Contemporaneamente Bruxelles ha autorizzato nelle scorse settimane interventi di distillazione o di stoccaggio privato, ma con risorse che vanno individuate nel Piano nazionale di sostegno. Si tratta del budget che Bruxelles destina al vino dei diversi Paesi e che per l’Italia vale oltre 300 milioni di euro l’anno (per sostenere interventi che vanno dalla promozione all’estero alla ristrutturazione dei vigneti e agli investimenti in cantina). In Italia si sta cercando di rimediare nelle pieghe del piano 50 milioni di euro (la Francia ne ha stanziati 140) per distillare e quindi ritirare dal mercato tra i 2 e i 3 milioni di ettolitri. Ma in questo modo la distillazione finirebbe per ipotecare risorse indebolendo altre misure decisive per rilanciare i consumi e sostenere il mercato come la promozione. «Promozione che a nostro avviso dovrebbe essere rafforzata – ha spiegato il segretario dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti -. Abbiamo proposto che l’attuale budget di 100 milioni l’anno venga portato a 150 l’anno per il prossimo triennio. E andrebbero estese le azioni finanziabili a degustazioni web e promozioni in store nella grande distribuzione estera». «Tutte le misure sono importanti – aggiunge il direttore di Federvini, Ottavio Cagiano – ma ancora di più lo è sedersi a un tavolo e definire una regìa complessiva evitando sovrapposizioni tra misure per l’equilibrio di mercato con quelle per rilanciare la domanda, per sostenere i vini generici e quelli di maggiore qualità».
Distillazione e vendemmia verde ad esempio sono misure importanti per i vini da tavola, ma qualcosa si muove anche per le etichette premium. Va ad esempio in questa direzione l’innovativo strumento di inventory monetisation messo a punto da Supply@me società recentemente quotata al London Stock Exchange. «Noi proponiamo di rilevare gli stock di singole cantine – spiega il Ceo di Supply@me, Alessandro Zamboni –. Dietro l’acquisto l’azienda ottiene liquidità immediata che dopo questa difficile fase di stop può dare alle imprese l’opportunità di ripartire. Il vino resta nella disponibilità del produttore che può provvedere a venderlo o altrimenti ci pensiamo noi a cartolarizzare gli stock con la nostra rete di partner. Con il ricavato il produttore può anche ricomprare il vino oppure decidere di permutarlo con nuovi volumi di prodotto nell’ambito di un accordo che è minimo triennale. Si tratta di una proposta che ben si adatta ai vini di qualità anche se non escludiamo l’aquisto anche di stock di vino da tavola. Tra i nostri clienti c’è già Tasca d’Almerita e e abbiamo una riflessione in corso con aziende del Brunello, del Barolo e della Franciacorta».