Cina, la produzione industriale già oltre i livelli del 2019
Le statistiche ufficiali segnalano che in aprile la produzione industriale, dopo la sua prima contrazione (-8,4%)su base trimestrale, risulta in aumento del 3,9% sullo stesso periodo del 2019 (dopo -1,1% in marzo), guidata da un +5% nel comparto manifatturiero (-1,8% a marzo). Le vendite al dettaglio restano invece in calo del 7,5% rispetto a un anno prima, sia pure in miglioramento sul -15,8% di marzo.
Scenario a doppia velocità per una economia cinese che mostra di essersi avviata sulla via della ripresa con largo anticipo rispetto agli altri principali Paesi: mentre la produzione industriale è già tornata in aprile a livelli superiori a quelli di un anno fa - oltre le attese degli analisti -, il settore dei consumi, penalizzato dalla più lenta normalizzazione dei servizi, sente ancora gli effetti di una epidemia da coronavirus che è stata contenuta con successo ma non ancora debellata.
Sulle prospettive dell’economia cinese si stagliano non solo le incognite della domanda esterna, ma i rischi legati a un aggravamento delle tensioni con gli Stati Uniti, tra nuove dichiarazioni allarmanti di Donald Trump e un nuovo e più incisivo giro di vite dell’Amministrazione contro Huawei Technologies.
Le statistiche ufficiali segnalano in aprile che la produzione industriale - dopo la sua prima contrazione (-8,4%)su base trimestrale da decenni - risulta in aumento del 3,9% sullo stesso periodo del 2019 (dopo -1,1% in marzo), guidata da un +5% nel comparto manifatturiero (-1,8% a marzo). Le vendite al dettaglio restano invece in calo del 7,5% rispetto a un anno prima, sia pure in miglioramento sul -15,8% di marzo (- 19% nel primo trimestre). Quanto agli investimenti in asset fissi, nel primo quadrimestre la diminuzione è stata del 10,3%, trainata al ribasso dal -18,8% degli investimenti nel comparto manifatturiero a fronte del -11,8% di quelli in infrastrutture e del -3,3% nel ramo immobiliare. «Nel recupero dell’economia cinese, l’anello debole restano i consumi delle famiglie, sia pure in miglioramento», osserva una nota di Oxford Economics.
Un report della società specializzata Trivium China sottolinea che il 98% delle grandi aziende hanno ripreso l’attività: un riavvio totale in 29 province che contano per oltre il 95% del Pil nazionale. Tuttavia il tasso di utilizzazione della capacità resta nella maggioranza dei casi intorno all’85% dei livelli normali, in relazione anche al calo della domanda esterna. Le prospettive dell’export costituiscono un grande punto interrogativo, dato che molte economie che assorbono prodotti cinesi appaiono in forte caduta.
A ciò si aggiungono le incognite di tipo politico. Trump, in una “sparata” a Fox News, è arrivato a evocare la possibilità di una interruzione dei rapporti commerciali con la Cina per punirla come «responsabile» del cedimento dell’economia americana provocato da una epidemia che porta la «fine della globalizzazione»: un taglio di relazioni che potrebbe, a suo parere, addirittura generare un vantaggio di 500 miliardi di dollari per gli States. Più in concreto, l’Amministrazione - oltre a rinnovare alcune restrizioni in scadenza - si sta muovendo per tagliare fuori Huawei dalle supply chain internazionali, impedendole il rifornimento di semiconduttori realizzati con tecnologie e software americani, anche se prodotti da imprese estere(per le quali sarà necessaria una licenza Usa).
Secondo indiscrezioni, Pechino in ritorsione potrebbe piazzare le imprese statunitensi in una lista nera di aziende inaffidabili - penalizzando il business di imprese come Apple, Cisco e Qualcomm - e sospendere l’acquisto di aeromobili della Boeing. Uno dei principali fornitori del gruppo Huawei, la taiwanese Tsmc, ha detto che studierà attentamente le nuove regole. E ha annunciato che costruirà una fabbrica di chip da 12 miliardi di dollari in Arizona.
Ma sul futuro gravano le incognite della politica: dagli Usa nuovo giro di vite contro Huawei