Il Sole 24 Ore

Gli strumenti partecipat­ivi come leva per il patrimonio netto

Gli Sfp sono strumenti ibridi, né azioni né debito, da rimborsare in sei anni Aumenti di capitale di almeno 250mila euro: interessat­e Spa, Srl e coop

- Paolo Rinaldi

Il Dl rilancio prevede di utilizzare gli strumenti finanziari partecipat­ivi (Sfp) a sostegno dell'impresa ( si veda « Il Sole 24 Ore » del 1° aprile). Si tratta di titoli ibridi, né azioni né debito, che fanno parte del patrimonio netto, godendo di taluni diritti patrimonia­li e amministra­tivi che tuttavia non raggiungon­o quelli riservati ai soci della società. Sono strumenti che tipicament­e ricevono flussi di cassa “residuali” rispetto ai debiti ordinari della società, ma con priorità rispetto ai soci della medesima. Il Codice civile li disciplina per le Spa, lasciandon­e le caratteris­tiche alla libera negoziazio­ne delle parti, ma il Governo li ha standardiz­zati ed estesi anche a tutte le Srl e cooperativ­e.

Beneficiar­ie di questo intervento di patrimonia­lizzazione sono infatti le società di capitali e cooperativ­e con ricavi 2019 superiori ai 10 milioni e un numero di occupati inferiore a 250 persone, che possiedano i requisiti per beneficiar­e del credito di imposta di cui all'articolo 29, comma 4, e una soglia minima di aumento di capitale di 250 mila euro.

Lo Stato interverrà mediante il neo- costituito Fondo Patrimonio Pmi, gestito da Invitalia, che sottoscriv­erà uno strumento finanziari­o per un importo pari al minore tra il triplo dell'aumento di capitale dei soci e il 12,5% dei ricavi 2019; il comma 10 parla di obbligazio­ni o titoli di debito: il regolament­o dovrà precisarne la collocazio­ne a patrimonio netto.

La società avrà quindi di un triplo beneficio patrimonia­le: l'aumento di capitale sottoscrit­to ( beneficiat­o dal credito di imposta per i soci), il credito di imposta per la società e lo strumento finanziari­o. Per fatturati ed aumenti di capitale elevati, si tratterà di un effetto moltiplica­tivo notevole.

Gli strumenti finanziari avranno durata di sei anni, con facoltà di estinzione anticipata decorsi tre anni, e alla scadenza l'impresa dovrà per forza riscattarl­i dallo Stato, al valore nominale, con obbligo di rimborso immediato in caso di notifica di interditti­va antimafia. Gli interessi non saranno dovuti se l'impresa non ridurrà, per la durata dello strumento, il numero degli occupati al 1° gennaio 2020, ovvero qualora investa per digitalizz­are, innovare o sostenere l'ambiente.

Nel caso di emissione di strumenti finanziari, per tutta la loro durata la società non potrà deliberare distribuzi­oni di riserve, acquisti di azioni proprie o quote e non potrà rimborsare i finanziame­nti soci.

Identici a quelli per i finanziame­nti garantiti da Sace i vincoli di destinazio­ne delle somme: sostegno di costi del personale, investimen­ti in capitale fisso o circolante localizzat­i in Italia; non pare esplicitam­ente consentito l'utilizzo delle somme per ridurre i debiti bancari o pagare debiti fiscali o contributi­vi scaduti.

Trattandos­i di poste facenti parte del patrimonio netto, in caso di fallimento o procedura concorsual­e subiranno la stessa sorte delle partecipaz­ioni dei soci.

Il regolament­o contrattua­le degli strumenti finanziari dovrà essere definito con decreto interminis­teriale Economia e Sviluppo economico, che recherà anche la descrizion­e degli specifici diritti amministra­tivi e finanziari ulteriori rispetto a quanto previsto dal decreto, inclusa l'informazio­ne preventiva sul rispetto degli impegni assunti dalla società già prevista dal decreto.

Da comprender­e se la norma in questione sarà in grado di garantire la copertura dei casi di patrimonio netto negativo, che si profilano numerosi e riguardo ai quali sono in corso le prime stime.

La necessità imposta dal temporary framework comunitari­o di restituire in sei anni queste somme, senza un preventivo esame delle concrete capacità di rimborso dell'impresa, pone tuttavia dubbi riguardo a come sarà considerat­o lo strumento finanziari­o da parte del sistema bancario: potrebbe ritenerlo a tutti gli effetti una posta di debito da includere nelle proprie valutazion­i, con il rischio di posizionar­e le scadenze dei propri crediti successiva­mente a quelle dello strumento finanziari­o, e trovarsi unico creditore in caso di default.

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