Il governo: non c’è responsabilità se l’impresa attua i protocolli
Rischio Covid. Catalfo: chiarimenti dati, poi i dettagli Patuanelli a Radio 24 rilancia: non va chiesto di più alle imprese, ci pensi il Parlamento. Inail, circolare-bis
Il riconoscimento dei casi di contagio Covid-19 come infortunio da parte dell’Inail «non assume alcun rilievo per sostenere un’accusa di responsabilità penale o civile del datore di lavoro». E l’imprenditore risponde delle infezioni di origine professionale «solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa».
In una nota diffusa a poche ore dalla riapertura delle attività produttive l’Istituto per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni ha voluto sgombrare il campo da ogni equivoco e rispondere alle preoccupazioni che si sono levate dall’intero mondo delle imprese. Nei prossimi giorni Inail aggiornerà la circolare dello scorso 3 aprile, adottata in piena emergenza, per precisare il quadro normativo legato al nuovo profilo di rischio. Ieri la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha incontrato i vertici dell’Istituto per affrontare la questione e ha condiviso l’orientamento che è stato dato: «Fondamentale per le aziende - ha affermato - sarà il rispetto dei principi stabiliti dai protocolli di sicurezza stipulati da parti sociali e Governo. Proprio per fugare tutti i dubbi emersi in questi giorni, i tecnici del mio ministero e dell’Inail sono impegnati nell’elaborazione di un nuovo documento che fornisca più specifici chiarimenti su questo tema». In mattinata il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, intervistato a Radio24, aveva usato toni ancora più rassicuranti, a conferma che il tema è aperto: «Le imprese che rispettano i protocolli non possono rispondere di contagi». Aggiungendo poi che della questione, regolata dall’articolo 42 del decreto legge Cura Italia, «dovranno occuparsi governo e Parlamento». Le imprese che rispettano i protocolli e che consentono ai lavoratori di operare in sicurezza - ha detto Patuanelli - «non possono rispondere di contagi che non possono essere dimostrati. È giusto che le imprese mettano in sicurezza i propri dipendenti, ma questo è il massimo che possiamo chiedere». Anche il Pd, con il senatore Tommaso Nannicini, ha chiarito ieri che non è pensabile scaricare sui datori di lavoro la responsabilità del contagio “servono - ha scritto in un post - norme giuslavoristiche per permettere a tutti di lavorare in tranquillità”.
La nota Inail precisa che «sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate». Insomma l’imprenditore può essere perseguito solo se viene dimostrato un nesso di causalità tra attività professionale e malattia. E va esentato chi applica i protocolli di sicurezza concordati con governo e parti sociali. I chiarimenti Inail sono stati giudicati utili anche dalla segretaria nazionale della Cgil, Rossana Dettori, che ha tuttavia sottolineato come molte questioni rimangano aperte. «Siamo ancora di fronte a rilievi problematici e molto preoccupanti» ha spiegato la sindacalista facendo riferimento alla circolare 13 «che assegnava il meccanismo di presunzione semplice (cioè un riconoscimento pressoché automatico) a lavoratori e lavoratrici dei settori cosiddetti “essenziali” che hanno continuato a fare il loro dovere, e che nulla diceva però poi in merito a tutti i contagi nelle aziende derogate dai prefetti e nei settori non esplicitamente citati in quel documento». Come detto la circolare sarà a breve aggiornata. Nella nota diffusa ieri, Inail conclude con una rassicurazione più che eloquente: «La molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità, rendono estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro».
Tommaso Nannicini (Pd): servono norme giuslavoristiche per permettere a tutti di lavorare in tranquillità