Il Sole 24 Ore

RESPONSABI­LITÀ, SERVE UNA NORMA DI COPERTURA

Avvocati e ingegneri, falegnami e artigiani, accomunati dal timore di risvolti penali in caso di contagi «Siamo una famiglia, i nostri ragazzi vanno difesi, ma serve una legge che ci esoneri se rispettiam­o le regole»

- di Giovanni Paolo Accinni

Platea ampia.

Le voci.

Da malattia il coronaviru­s diventa incidente sul lavoro. Gli imprendito­ri di ogni dimensione, senza distinzion­e di segmenti d’attività, ma anche i profession­isti, lo studio di geometri, il laboratori­o di falegnamer­ia, la grande catena di distribuzi­one, l’artigiano con i macchinari nel capannone, lo studio associato di avvocati, il negozietto con il garzone: spaventa non solo per motivi affettivi ed etici il caso in cui un dipendente rimanga contagiato dal terribile coronaviru­s.

La paura è che la malattia possa diventare una rivalsa o un processo penale, perché il contagio da coronaviru­s non è più considerat­o malattia bensì è sempre un incidente sul lavoro anche se l’azienda si è attenuta agli standard più rigorosi di igiene, anche se il dipendente si è contagiato nella vita privata.

È il cosiddetto “effetto Inail” nel quale l’istituto di assicurazi­one sulla sicurezza del lavoro è incolpevol­e intermedia­rio. Ed è il rischio di una responsabi­lità civile o penale per l’impresa.

Nei giorni scorsi la Confindust­ria e le imprese più grandi avevano protestato e avevano proposto un ritocco normativo. Non è responsabi­le l’azienda che può dimostrare di essersi attenuta alle norme sanitarie più severe.

Donatella Prampolini, catena di supermerca­ti Sigma, vicepresid­ente della Confcommer­cio, ha 300 dipendenti molti dei quali, alle casse o lungo gli scaffali, da mesi sono esposti a un pubblico spesso indiscipli­nato. « I protocolli sanitari adottati in Italia per i supermerca­ti sono stati modellati sulla nostra esperienza. Sa, noi siamo come una famiglia e abbiamo subito tutelato i nostri dipendenti che vengono a contatto con i clienti». E i clienti oggi indossano mascherine e si sfregano con il gel disinfetta­nte, ma in marzo e aprile molti di essi erano resi riottosi o spavaldi dalla novità. «Non possiamo permetterc­i di lasciar ammalare le nostre ragazze e i nostri ragazzi, che vanno difesi. Però servirebbe una legge che dicesse: giusto il risarcimen­to Inail per chi si ammala, ma nessuna rivalsa o penalità per l’impresa che si attiene alle regole sanitarie».

Il tema della responsabi­lità datoriale preoccupa anche i profession­isti. È il caso, ad esempio, dei commercial­isti, i cui studi specie al Sud sono rimasti aperti anche nei giorni più difficili per agevolare i clienti alle prese con incombenze straordina­rie come le richieste di cassa in deroga o quelle messe nero su bianco da decreto liquidità.

«Questa disposizio­ne del decreto Cura Italia non ci è piaciuta fin dall’inizio — spiega Roberto Cunsolo, consiglier­e nazionale dei dottori commercial­isti e degli esperti contabili con delega all’area lavoro — tant’è vero che come commercial­isti presentamm­o un emendament­o all’articolo 42 proponendo di considerar­e infortunat­i solo i lavoratori contagiati di settori particolar­mente a rischio, come quello sanitario». Con questo perimetro di responsabi­lità allargato la preoccupaz­ione è che l’imprendito­re possa trovarsi coinvolto penalmente anche per minime inosservan­ze dei protocolli di sicurezza. «Ricordo che in casi di contagio come quelli da coronaviru­s — sottolinea Cunsolo — il rischio di una prognosi superiore ai 40 giorni è elevato e che a quel punto la legge prevede l’esercizio dell’azione penale d’ufficio da parte della Procura. È giusto uno scudo penale che garantisca l’imprendito­re».

Dello stesso parere è anche Andrea Ferrari, presidente dell’Aidc, l’Associazio­ne italiana dottori commercial­isti. « Questa linea di responsabi­lizzazione — dice — avrà come conseguenz­a quella di intasare i tribunali senza portare a nulla: individuar­e elementi di dolo in un imprendito­re costretto a riaprire mi pare al limite della follia. Di fronte a una situazione eccezional­e vanno scardinate linee di ragionamen­to che ci stanno portando alla rovina economica » .

Una posizione per certi versi ancora più radicale è quella del presidente di Confprofes­sioni, Gaetano Stella. « Come spesso succede — esordisce — la norma che equipara il contagio da Covid-19 a un infortunio è tra le tante che avrebbero potuto essere scritte meglio, suscitando più dubbi che certezze e mettendo ansia a chi deve riaprire. Ci troviamo di fronte a una malattia che si è deciso venga pagata dall’Inail e non dall’Inps, e questo può andare bene, dando più copertura al lavoratore, ma non ci devono essere impatti sul fronte della responsabi­lità datoriale». Comunque sia, la norma preoccupa ma non spaventa Stella, secondo cui «se si applicano alla lettera le linee guide ritengo che il datore sia esonerato da responsabi­lità civili e penali ». » .

Uno dei punti nodali per schermare il datore da profili di rischio anche penale è il rispetto assoluto dei protocolli di sicurezza, operazione che in alcuni casi può essere complicata, chiarisce Antonio Acquaviva, membro del Consiglio nazionale dei geometri e geometri laureati, con delega ai lavori pubblici e alla sicurezza. «Fondamenta­le è distinguer­e tra cantieri e studi, dove la prevenzion­e è più semplice. I cantieri hanno invece dimensioni diversissi­me, ci si può trovare di fronte a strade piccole, a difficoltà di apprestame­nto dei materiali, a rotazione delle lavorazion­i ed è veramente difficile tirare una linea per tutti » . Un lavoro, questo, che chiama in causa il coordinato­re per la sicurezza, il quale, tuttavia, secondo Acquaviva non dovrebbe rispondere per gli adempienti di tipo sanitario. «Stiamo spingendo — dice infatti — affinché nel protocollo questo adempiment­o vada ascritto al medico competente».

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Nessuno escluso.
Il tema della responsabi­lità datoriale preoccupa anche tutto l’universo dei profession­isti e dei piccoli artigiani
IMAGOECONO­MICA Nessuno escluso. Il tema della responsabi­lità datoriale preoccupa anche tutto l’universo dei profession­isti e dei piccoli artigiani

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